Ormai mancava meno di una settimana alla loro separazione definitiva e Dante e Virgilio cercavano di sfruttare al meglio le ultime ore che rimanevano: ormai il grosso della missione era stato fatto e il sommo poeta aveva più o meno capito quale fosse la causa della mancanza di fede nel Boss, perciò i due si sentivano liberi di consacrare il resto del loro prezioso tempo a loro stessi. Restavano a lungo accoccolati sotto alle coperte, assaporando la piacevole sensazione della presenza dell'altro, imprimendo ogni piccolo dettaglio nella loro mente affinché il ricordo restasse in eterno. Si tenevano per mano continuamente, non perdevano l'occasione di baciarsi e abbracciarsi, di vivere il loro amore finché potevano. Passavano i pomeriggi assolati a gustarsi una grattachecca sul Lungotevere o a passeggiare all'ombra del Gianicolo, osservando i volti di quegli uomini che erano riusciti ad unificare l'Italia, verso i quali il fiorentino non poteva che nutrire un profondo senso di rispetto e di obbligazione.
Una sera, girando come al solito tra le vie della città, finirono per ritrovarsi in un bar karaoke. L'atmosfera allegra che regnava in quel piccolo locale con le luci soffuse e un piacevole odore di malve nell'aria li inebriò subito, convincendoli a prendere un tavolo e a ordinare qualcosa. Su un palchetto leggermente rialzato si davano il cambio cantanti improvvisati che, chi stonando qua e là e chi perdendo il ritmo ogni tanto, impugnavano il microfono e cantavano seguendo le parole sullo schermo. Al mantovano vennero in mente alcune serate passate in Sabina alla villa di Orazio, intonando canzonacce sottovoce per non farsi beccare da Mecenate e rischiare di essere cacciati dal suo circolo. Anche il suo compagno trovava familiare quell'ambiente, ben memore delle giornate passate con Casella e Lapo a mettere in musica i loro versi.
Finita l'ennesima performance, Virgilio si fece coraggio e si alzò improvvisamente per dirigersi in direzione del palco, lasciando Dante al loro tavolo con un'espressione più sorpresa che confusa. Sapeva che la sua guida era amante del dolce canto, ma non si sarebbe mai immaginato che fosse capace di cantare davanti a tutti, soprattutto conoscendo la sua timidezza di fondo e il suo disagio nel parlare di fronte ad un vasto pubblico. Il maestro salì sul palco dopo aver scambiato qualche parola con la ragazza in regia, si guardava intorno e iniziò a pentirsi di quella decisione impulsiva presa nell'entusiasmo del momento.
"'sto coso funziona?" domandò avvicinandosi troppo al microfono e facendolo fischiare.
Il mantovano si tirò indietro istintivamente e per un momento fu tentato di lasciare tutto e andare via, ma tra tutta quella folla riuscì a vedere nitidamente l'espressione del suo amato, che continuava a guardarlo con occhi pieni d'amore nonostante tutto: lo stava facendo per lui, non si sarebbe tirato indietro. Fece un paio di respiri profondi, si avvicinò al microfono e fece cenno all'addetta per far partire la musica.
"A te che sei l'unico al mondo, l'unica ragione per arrivare fino in fondo ad ogni mio respiro. Quando ti guardo dopo un giorno pieno di parole, senza che tu mi dica niente tutto si fa chiaro".
La voce limpida e melodiosa di Virgilio riempì la stanza, mettendo subito a tacere qualsiasi vocio: tutti erano come incantati nel sentire quell'uomo dall'apparenza seriosa e dal timbro grave intonare una canzone d'amore con una dolcezza mai vista prima.
"A te che sei il mio grande amore ed il mio amore grande, a te che hai preso la mia vita e ne hai fatto molto di più, a te che hai dato senso al tempo senza misurarlo, a te che sei il mio amore grande ed il mio grande amore".
Gli sguardi dei due amanti non riuscivano a staccarsi l'uno dall'altro, si attraevano come calamite anche nella penombra del locale. Gli occhi di Dante divennero lucidi: quello, quello era l'amore che aveva tanto cercato, quel suo duce che, nonostante le sue paure e la sua riservatezza, gli stava dichiarando quello che provava per lui.
"A te che mi hai insegnato i sogni e l'arte dell'avventura, a te che credi nel coraggio e anche nella paura, a te che la miglior cosa che mi sia successa".
Non appena il mantovano ebbe finito fu sommerso da una valanga di applausi e da qualche fischio d'approvazione. Imbarazzato, arrossì leggermente e, facendosi strada a capo chino, ritornò dal suo compagno, che lo attendeva con le lacrime agli occhi.
"Non sai quanto ti amo!" esclamò prima di prendergli il volto tra le mani e baciarlo con foga.
"Te amo pure io" sorrise l'altro stringendolo a sé, felice che i suoi sforzi non fossero stati vani.
"Non eri obbligato a farlo".
"Ma 'o volevo fa', pe' te. Nun so' tipo romantico e volevo fa' qualcosa de caruccio".
"A quanto mi risulta sei tu quello romantico qui", lo contraddì il fiorentino, "Sei sempre tu che fai cose di questo genere!".
"Perché so che te piacciono e voglio che tu sia felice. Sei 'a cosa migliore che me potesse capita' e sei importante pe' me, quinni...".
Il mantovano non riuscì a finire la frase che il suo amato aveva ripreso a baciarlo, sentendosi delle calde lacrime di gioia scorrergli lungo le guance.
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Il mio Paradiso sei tu - Dantilio
Fiksi PenggemarVirgilio e Dante non si vedono ormai da quasi ottocento anni e il loro umore decisamente poco allegro sta creando problemi sia all'Inferno sia in Paradiso. Il Boss è consapevole di tutto ciò, ma ha un problema più grande da risolvere: sulla Terra se...