Mi chiamo Thomas De Santis

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*spazio autrice.
Come si legge dalla trama questa non è una storia come le altre.
In questa storia Niccolò non si chiamerà in tal modo ma Thomas, ovviamente capirete tutto con l'andare della storia e per adesso non posso dirvi niente.
Inoltre voglio dirvi che non sono una scrittrice, lo faccio solo per hobby e perché mi diverte quindi probabilmente troverete alcuni errori.
Vi lascio alla storia*

Ciao mi chiamo Thomas De Santis e non sono un ragazzo come gli altri.

Frequento la terza superiore ed ho 17 anni.
A scuola nessuno mi rivolge mai la parola se non costretti, hanno tutti paura di me, anzi non proprio di me.
Io non sono un tipo scontroso che vuole fare a botte con tutti, anzi, preferisco starmene in disparte ad aspettare che arrivi qualcuno come me a non farmi sentire diverso.
Quando giro per i corridoi di scuola la mattina, vedo gli altri ragazzi lanciarmi delle occhiate, alcune spaventate, altre di sfida; non mi sono mai aperto tanto con i miei compagni di classe perché non sarebbero miei amici, semplicemente sarebbero costretti.

Nonostante quasi tutti abbiano paura di me, sono riuscito a formare un gruppo "I Miserabili" composto da alcuni miei veri amici: Adriano, Gabriele detto Cocco, Alessandro, Stefano e Tiziano.
Ci troviamo sempre al nostro parchetto, un parcheggio che ormai è diventata una seconda casa.
Mio padre, nonostante sia un boss mafioso, ha un piccolo spazio nel suo cuore che non è crudele, e dopo 17 anni ancora non ho capito se è protettività o dolcezza nei miei confronti.
Mio padre farebbe di tutto pur di darmi quello che gli chiedo, farebbe di tutto per darmi anche quello che non gli chiedo ma che gli dico che mi piace.
Fin da quando ero piccolo mio padre ha provato a coinvolgermi nelle attività mafiose, spaccio di droga principalmente, per non parlare poi degli scontri tra cani, dove due cani dovevano scontrarsi e il perdente, veniva ucciso per essere poi lanciato da un palazzo abbandonato; ma io fin dall'inizio ho mostrato molto ribrezzo per quelle attività, così mio padre si rassegnò e mi iscrisse a pianoforte, così che quando ci sarebbero state le riunioni tra i boss più importanti di mafia io avrei potuto intrattenerli.
Fu così che iniziò la mia passione per la musica, inizialmente odiavo pianoforte, saltavo le lezioni e non lo studiavo, poi d'un tratto ho sentito la necessità di cominciare a suonare e da lì non ho mai più smesso.
Da obbligo si è trasformato in necessità.
Una volta capito che la musica era la mia strada, ho cominciato a scrivere canzoni di nascosto, nessuno della mia famiglia doveva saperlo altrimenti sarei stato nei guai.
Mi chiamo Thomas De Santis e questa è la mia storia.

-

La sveglia suona da mezz'ora e io mi rassegno ad alzarmi dal letto.
Oggi è uno dei tanti giorni di scuola, sempre così monotoni e noiosi, dove stai seduto ad un banco per 5/6 ore di fila ad ascoltare dei poveri professori che hanno a che fare con dei ragazzi che di studiare non ne vogliono sapere.
Metto i primi vestiti a portata di mano e scendo in cucina, dove mi aspetta Stefano, il nostro maggiordomo, con diversi tipi di colazione preparati apposta per me.
Mi siedo a tavola e comincio a sgranocchiare qualcosina.

"mio padre?"

dico rivolto a Stefano, sapevo che stava parlando con mafiosi dei suoi piani contro i politici, ma io non potevo sapere quest'informazioni quindi glielo chiesi per sviare i sospetti.

"Il signore è in riunione con persone di un certo livello e non vuole essere disturbato perciò oggi sarò io a portarla a scuola"

Come previsto, sapevo che sarebbe finita così, e nonostante una parte di me odi mio padre, l'altra spera sempre che potrebbe cambiare, ma d'altronde un boss mafioso non può lasciare così facilmente tutto ciò che gli porta valigie di soldi in tasca.
Così vengo accompagnato da Stefano a scuola.
Una volta arrivato scendo dall'auto e gli altri studenti cercano di andare più lontano possibile da me.
Odio queste situazioni perché tutti mi guardano ed io sono al centro dell'attenzione, sempre.
Dopo aver attraversato un corridoio di occhiatacce da tutti arrivo in classe e mi siedo al mio posto, pronto a altre 5 ore di noia mortale.

"chi vuole venire alla lavagna a risolvere quest'esercizio?"

chiede la professoressa di matematica, proviamo odio reciproco l'un l'altra eppure lei non mi chiamava mai alle interrogazioni, o se mi beccava durante la verifica a copiare non mi diceva niente.
Forse non è così male avere un padre così importante nella mafia a scuola, ma per tutto il resto si, fa proprio schifo.
La professoressa chiama il solito malcapitato di turno mentre tutti guardano il proprio banco indifferenti per non essere chiamati.
Passate tre ore di scuola ci vengono concessi i 10 minuti di intervallo al giorno.
Stavo per addentare il mio panino quando un bullo di forse 16 anni si avvicina a me.

"chi ti credi di essere eh?! non ho paura di te, sfigato"

Sono abituato a quelle scenate di superiorità da parte di alcuni ingenui, perciò rispondo con un tono molto calmo.

"senti amico, non devi avere paura di me perché io non alzerei neanche un dito per picchiarti, ma c'è qualcun'altro che lo farebbe"

"ah sì? e chi sarebbe?"

"non lo sai? non mi piace dirlo, non vorrei sembrare fiero di esserlo ma se così posso evitare di farti finire nei guai, volentieri, sono figlio di un boss mafioso"

Il ragazzo rimane impietrito di fronte a me, c'è stato qualcuno che ha avuto il coraggio di denunciare mio padre, ma dopo qualche giorno non sono più venuti a scuola e non si vedevano in giro.
Porto addosso un sacco di morti anche se non sono io ad ucciderli.

"ti do un consiglio, non andare dalla polizia, finirebbe male"

Il ragazzo annuì e si andò a sedere di nuovo al suo posto senza spiccicare parola con nessuno.

Convinto di avere lei a fianco, lei che puntualmente non c'eraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora