Teresa
Non era la prima volta che vedevo Thomas in quelle condizioni.
Eppure mi spaventai ugualmente.
Indietreggiai e andai a sbattere contro il letto.
Rimasi impietrita a guardarlo, mentre ripeteva la stessa frase all'infinito stringendosi la testa come se la volesse spaccare intanto che si dondolava piano su se stesso.
Non seppi cosa fare, rimasi solo ferma.
Ad un certo punto smise di fare qualsiasi cosa, appoggiò la testa alla porta, le braccia caddero lungo i fianchi, le gambe si distesero e gli occhi viaggiarono pur restando fissi.
Non guardava me, stava vivendo qualcos'altro, qualcosa di cui io mi ero totalmente dimenticata.
Mi sentii una stupida.
A cena, qualche giorno prima, mi aveva raccontato che aveva degli attacchi, attacchi in cui riviveva il suo trauma: l'incidente. E io non ho mai sospettato che quegli attacchi potessero essere così aggressivi. Mi sentii terribilmente in colpa.
Mi avvicinai a lui, non sapevo se era una cosa buona o sbagliata da fare, ma volevo far capire a Thomas che non l'avrei lasciato solo, che io non avevo paura e che gli sarei stato accanto.
<<Ehi>> Sussurrai con dolcezza sedendomi di fronte a lui.
<<Sono qui>> Continuai.
Vidi delle lacrime colare sulle guance eppure sul suo viso non si creò nessuna espressione, rimase così, impersonale, con la testa altrove.
Gli accarezzai la mascella, con i pollici gli pulii il viso dalla tristezza, lo guardai e gli sorrisi.
<<Sono qui>> Gli ripetei. Iniziai a piangere anch'io; sentivo il petto che doleva e la mente che urlava di fare qualcosa per svegliarlo, ma sapevo che in fondo potevo solo aspettare che tutto passasse, e accoglierlo tra le mie braccia una volta sveglio.
D'improvviso sbattè le ciglia e i suoi occhi, da vuoti, tornarono ad essere ricolmi di vita.
<<Ciao>> Lo accolsi ridendo, una risata piena d'amore e di gratitudine.
Lui si accigliò, ansimava ancora, stremato dal ricordo, ma era lì con me.
Ci guardammo ancora e poi, lo abbracciai.Tutto apparve più chiaro.
Ecco perché lui la prese così male quando io gli chiesi di raccontarmi cos'era successo: io lo sapevo già, me l'aveva già raccontato.
Era tutta colpa mia se ora Thomas non si fidava più, si era aperto, si era fidato e io avevo dimenticato un'informazione di tale importanza... Che stupida!
Avevo commesso un errore? Si ma non avrei permesso a Thomas di allontanarsi da me, dovevo fare qualcosa per far si che lui si fidasse nuovamente di me.
Era seduto sul divano, in silenzio, con le mani si sorreggeva la testa china.
Io invece ero ancora sull'ultimo gradino delle scale a guardarlo, alla fine presi coraggio.
<<Mi dispiace>> Balbettai. Feci l'ultimo scalino e feci per andargli vicino ma lui alzò una mano per intimarmi a fermarmi.
<<Resta lì>> Mi ordinò. Aveva la voce roca, bassa, ostile. Decisi di dargli ascolto e mi sedetti sul pavimento.
<<E' stata colpa mia, lo so>> Ripresi a parlare e non mi sarei data per vinta molto facilmente, avrei dovuto fargli capire quanto mi sentissi male per quello che avevo dimenticato. <<Tu mi hai confessato il tuo segreto più oscuro e io l'ho sottovalutato, l'ho dimenticato... Non mi perdonerò mai per questo, ma ti prego, concedimi un'altra possibilità.>>
Lui si alzò dal divano e senza guardarmi salì le scale, quando si trovò in cima si voltò, puntò i suoi occhi nei miei e disse <<Preparati, stasera usciamo a cena.>>
Non mi perdonò ma mi diede una possibilità."Cosa metto?" Era la domanda che mi stava ossessionando da ormai 30 minuti.
Avevo fatto la doccia, raccolto qualche ciocca di capelli in due piccole trecce disperse insieme agli altri capelli sciolti, truccato gli occhi con un po' di mascara, reso più rosa le guance con del blush e illuminato le labbra con un gloss.
Rimaneva solo il vestito.
Non ero un'amante dei tubini attillati che portavano le ragazze della mia età, preferivo qualcosa di stretto in vita che cadeva sui fianchi morbido.
Alla fine optai per un semplice vestito verde smeraldo che si intonava ai miei occhi e dei sandali da schiava neri.(Non metterò tante foto in futuro ma questo vestito era troppo bello per non farvelo vedere)
Non sapevo a che ora avrei dovuto trovare Thomas.
Immaginavo sarebbe venuto a chiamarmi lui, ma alle 20:30 ancora non si era fatto vivo.
Decisi di uscire da quella che ormai era la mia stanza, andai in bagno per recuperare la mia pochette, ma quando arrivai, vidi che la porta era già aperta per metà.
Appoggiai una mano al muro e mi sporsi appena per sbirciare, vidi Thomas intento a sistemarsi il colletto della camicia bianca che aveva indossato.
Mi presi un momento per ammirarlo.
Aveva i capelli più disordinati del solito, gli occhi erano più rilassati e le labbra carnose riportavano alla luce sensazioni che mi mancavano.
La camicia gli dava un tocco d'eleganza che lo rendeva tremendamente bello, al polso aveva un orologio per niente sfarzoso e i jeans neri creavano un perfetto contrasto.
Lui ormai si era arreso e aveva appoggiato le mani al ripiano di marmo per guardarsi allo specchio.
<<Aspetta, te lo sistemo io>> Entrai in bagno, lui mi guardò in silenzio mentre io mi avvicinavo e procedevo a sistemargli il colletto.
Sentivo il suo sguardo puntato addosso, mi stava analizzando e avrei tanto voluto sapere se il mio vestito era di suo gradimento.
<<Finito>> Dissi sorridendo. A quel punto notai una catenina intorno al collo, era una collana, la tirai fuori dalla camicia lentamente, lui mi lasciò fare e infine vidi che attaccata c'era una chiave, la fissai confusa.
<<Apre la camera dove dormivano i miei genitori prima dell'incidente>> Disse guardando l'oggetto che tenevo tra le mani.
Alzammo gli occhi contemporaneamente, io lasciai andare la catenina e feci un sorriso malinconico.
Ci guardammo a lungo, poi d'improvviso lui mi prese il viso tra le mani, mi guardò attentamente, pensai che stesse per darmi un bacio invece mi abbracciò.
Non fu un abbraccio d'affetto, non capii perchè l'avesse fatto, forse per costringersi a non baciarmi, ormai avevo capito che Thomas aveva un carattere molto impulsivo e in situazione d'ansia o stress lo diventava ancora di più.
Alla fine uscimmo da quel bagno.
Prendemmo una delle tante macchine di Ettore, era tutta nera all'esterno mentre l'interno era decorato con qualche dettaglio rosso e i finestrini erano oscurati. Sembrava la macchina di Dracula.
Arrivati al ristorante ci diedero il nostro tavolo e dopo circa 5 minuti ordinammo.
Fu una serata molto, molto lenta, nessuno dei due parlava ed eravamo entrambi concentrati a bere e mangiare, alla fine decisi di rompere il muro che si era creato.
<<So che forse non è la domanda più adatta in questo momento, ma di solito quando capitano i tuoi flashback?>> Era una domanda molto rischiosa, ma ero decisa a saperne di più anche per poterlo aiutare meglio.
Lui mi guardò e non sembrò molto contento di dover rispondere.
<<Di solito quando vivo periodi di stress molto elevati>> Poi prese il bicchiere di vino in mano e prima di bere continuò <<Oppure quando bevo troppo.>>
Rimasi spiazzata, avrei voluto strappargli dalle mani il bicchiere ma cercai di contenermi.
Provai a convincermi del fatto che lui sapesse quando fermarsi.Il resto della serata la passammo in silenzio.
Ormai mi ero rassegnata: lui non voleva parlare.
Mentre aspettavamo fermi ad un semaforo, si accostò di fianco a noi un'altra macchina, una Maserati Nera con dei dettagli verdi.
Quella fece rombare il motore un paio di volte, poi si abbassò il finestrino e la persona al suo interno urlò: <<Dai Ettore cosa stai aspettando?! Facciamo uno dei nostri giri!>>
A quel punto Thomas abbassò il finestrino a sua volta.
<<Non sono Ettore>> Replicò.
<<Oh guarda chi abbiamo qui, Thomas, che piacere>>
Non riuscivo a vedere il viso ma dalla voce si capiva fosse un maschio.
<<Quando mio padre tornerà a casa lo avviserò di averti incontrato>> A quel punto rialzò il finestrino e partì senza dare il tempo all'altro di replicare.
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Convinto di avere lei a fianco, lei che puntualmente non c'era
FanfictionQuesta storia non è come le altre, non è un amore ricambiato, non è un amore perfetto e non è tutto rosa e fiori. Thomas è figlio di un boss mafioso e quest'ultimo farebbe di tutto pur di rendere suo figlio indipendente, rude e crudele, al contrari...