Capitolo ventisette

1.2K 62 13
                                    

La voce familiare proviene da una donna. È sotto l'ombrello e ha una busta della spesa in mano. È decisamente troppo buio per vedere perfettamente la faccia, ma la voce è inconfondibile.
Non potrebbe mai dimenticarla.

E non sa che fare o dire. Si è bloccato, non staccandosi minimamente da Harry. I suoi amici guardano la scena sorpresi.

-Louis...- ripete. Cazzo, assolutamente no. Come può resistere a quello? È sconvolto, troppo. Vuole scappare ma allo stesso tempo vorrebbe urlargli contro. -Sei davvero tu?-

-Lou?- interviene Harry. Certo, lui non ha idea di chi sia.
E non è decisamente il momento per chiamarlo Lou perché quel nomignolo detto così lentamente dal riccio lo sta facendo impazzire ma è davvero tanto sorpreso per pensarci.

Tre anni di nulla. Mai sentita o vista, e ora è lì davanti a lui e lo chiama come se nulla fosse.
Come se non l'avesse cacciato di casa solo per la sua sessualità. Come se ne fosse solo sorpresa e non disgustata come lo era quella volta.

Il battito del suo cuore è accelerato e potrebbe avere un attacco di panico a momenti, se solo non ci fosse Harry stretto a sé. Gli da un senso di sicurezza, anche se sta uno schifo.

-Andiamo a casa.- ripete, spostando gli occhi dalla donna davanti a sé e rivolgendosi ai quattro.
Vuole urlare.
E piangere, decisamente piangere.

-Louis, che cazzo dici?- Niall lo guarda. Sono tutti così seri e odia tutta quella tensione. Vuole andare via e dimenticarsi di averla rivista.

Come dovrebbe chiamarla?
Mamma? Johannah? O evitare semplicemente di dirlo?
Preferisce di gran lunga la terza opzione.

-Niall, Liam, Zayn... Sempre con i soliti amici.- sta sorridendo. Cosa cazzo si sorride? Lo ha abbandonato. Poi guarda Harry. Lo squadra per bene, pronta a giudicare. -E hai persino un ragazzo.-

Certo. Ragazzo. Ma ora non gli importa di come definisce il più piccolo.
Deve dire qualcosa.

-Non hai il permesso di commentare o altro. I miei amici non mi hanno abbandonato, certo che sono gli stessi.- ci mette tutto l'odio possibile nel suo tono. -Non posso dire lo stesso dei miei genitori.-

Sente Harry irrigidirsi, ma non si allontana.

-Sta piovendo, vi va di entrare in casa e aspettare che finisca prima di andare?- ma che cazzo? Sul serio? Ospitarli a casa? La casa dove è cresciuto e la sua camera che non vede da anni? Quasi tutta la sua vecchia vita è a dieci minuti da lì.
Ma non capisce perché lo chieda.
Si rende conto che ha abbandonato suo figlio? No?

-Con che coraggio inviti tutti questi froci in casa?- non lo intende per disprezzo verso i suoi amici, ovviamente. Ma lei dovrebbe disprezzarli, dato che non ha retto a tenerne uno come figlio ora ne ospita anche quattro in casa? Fantastico.

-Lottie sarebbe la persona più felice del mondo, fallo per lei.-

Lottie. Certo che per lei farebbe tutto, ma se gli da il permesso ora di vederla perché prima no? È così confuso.

-Dovresti sentire cosa ha da dire.- gli sussurra Harry, così che solo lui possa sentire. -E se non ti va bene ciò che dice poi andiamo via.-

Non può credere che lo stia aiutando proprio in una giornata del genere. Dovrebbe essere Louis ad aiutare Harry.

La pioggia continua a scendere e ormai è certo che i due - che non si sono per niente riparati al contrario del resto - si prenderanno sicuramente la febbre.
Però aspettare che finisca e vedere sua sorella sarebbe perfetto.
Poter rivedere la sua stanza e magari cambiare indumenti.

Dusk till Dawn; Larry StylinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora