Undici

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Ci sono tanti posti a Milano, insomma è una grande città, una metropoli, la più europea dell'Italia. Eppure quando non vuoi vedere qualcuno anche Milano sembra il paesello di campagna di duemila anime abitato solo da vecchi contadini e becchini.

"Dio c-" mi bloccai quando la cameriera si voltò verso di me con faccia scioccata.
Era una bestemmia insomma, potevo capire che desse fastidio ma aveva tatuato addosso qualcosa che assomigliava vagamente alla bandiera della lega nord. Stava messa peggio lei di me, non mi sembrava il caso di giudicarmi.
Nicolò si voltò verso di me fra i tavoli in legno e le sedie arancioni, la luce era piuttosto calda e la sua espressione confusa sembrava più intelligente in quell'atmosfera rilassata.
"C'è il tuo amico fatto" mimai con le labbra puntando con la testa un angolo lontano da tutti gli altri tavoli e circondato da pannelli beige.
C'erano probabilmente migliaia di ristoranti giapponesi a Milano ma lui e la morosa avevano deciso che il lunedì della prima settimana di agosto dovevano andare a pranzare al Nobu e non da qualsiasi altra parte.
Bastardi.
Nicolò si voltò in quella direzione, con una serenità allarmante e senza aver paura di farsi vedere e annuì. "Andiamo a salutarlo."
Lo guardai con sguardo vitreo, stava scherzando? E "stai scherzando?" dissi. La cameriera con i capelli neri ci guardava confusa e continuava ad oscillare la sua testolina fra me e lui.
Stava per chiedere il perché ma lo bloccai sul nascere indicandoci.
Non è che per forza lui doveva dirglielo alla moglie anche perché non sapevo nemmeno se si conoscessero per bene e se avevano qualche genere di confidenza ma c'era un alta possibilità che la bellissima morosa del calciatore juventino conoscesse la bellissima moglie del coglione con cui stavo uscendo a pranzo e questo avrebbe portato a Gossip prima ancora che Nicolò potesse aprire l'argomento.
Dall'altro canto però stavamo solo uscendo a pranzo, io e un amico che conoscevo da un paio di anni ormai. Succedeva alle persone di uscire insieme, senza per forza finire a letto.
Il nostro caso era diverso ok, ma loro non lo sapevano.
Presi un respiro, si poteva fare.
O almeno era quello che avevo pensato per un nano secondo prima di finire inginocchiata per terra quando la ragazza di lui, di cui non ricordavo il nome, si voltò verso di noi.
Nicolò scoppiò a ridere e abbassò il viso verso di me mentre la cameriera, si notava palesemente, mi stesse giudicando silenziosamente.
"Se ti dico cattiva mi pisci sulla gamba?"
Gli colpì lo stinco con il pugno prima di gattonare verso l'angolo della cucina.
Mi dimenticai del fatto che stavo indossando un vestitino e rivolgendo il mio sedere coperto da una brasiliana rosa verso tutti i clienti.
"Sta diventando molto difficile" sospirò Barella prima di piazzarsi dietro di me per coprire la vista che stavo donando gratis a tutti. Almeno potevo farmi pagare.
Continuai a sgattaiolare fino a una rientranza sicura dietro una colonna quadrata beige con sfumature marroni.
Mi sedetti con le gambe sotto al sedere per coprire ogni cosa che si era vista e alzai il viso verso Nicolò.
Stavo per avere un altro attacco nervoso ma inspirai ed espirai guardando il viso del ragazzo divertito eretto di fronte a me.
"Credo che tra qualche secondo inizierò ad iper-ventilare" ammisi.
Sentendo il battito accelerato e la tremarella ero abbastanza convinta che fossi vicina ad un crollo o magari un infarto.
Nicolò si inginocchiò davanti a me. "Che succede?"
La cosa strana era che lui fosse così calmo. Non ero nemmeno io quella sposata ma lui eppure sembrava essere sereno come quando ti alzi alla mattina e sai che non dovrai lavorare per tutto il giorno.
"Non sono tranquilla ad uscire con te" ammisi.
Lui assottigliò gli occhi, confuso. "Siamo sempre usciti insieme, solo io e te. Non è strano."
Aveva ragione. Ma poi c'eravamo quasi baciati, si era sposato e per mesi non ci eravamo visti e poi di nuovo visti e baciati.
Quello sì, era strano.
"Io provavo qualcosa per te anche quando uscivamo a giocare a bocce nel centro anziani, e lì erano forse passate due settimane dalla nostra conoscenza. Se lo facevo prima, se potevo uscire con te prima, perché ora no?"
Non lo sapevo perché no. Forse io ai tempi non provavo niente e per me era davvero solo un amico ma ora c'ero anche io presente in quella situazione e non riuscivo ad essere così tranquilla come lui. Non lo guardavo più come facevo prima, più passava il tempo più penso che dai miei occhi si notassero più cose che facevo fatica a nascondere e non volevo si vedessero fino a che tutto non fosse stato sistemato.
"Non voglio passare come una rovina famiglie. Anche se fondamentalmente lo sono, non voglio. Non voglio dovermi cucire una A rossa sulle mie camice da lavoro. Starebbe malissimo. Il rosso non si riesce a portare con molti altri colori."
"Ho perso il filo."
"Sono un adultera" commentai con la morte nel cuore.
Nicolò sospirò tirò fuori il cellulare e iniziò a digitare qualcosa. Qualche secondo dopo lo girò verso di me per mostrarmi il display, c'era un messaggio appena inviato a sua moglie.

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