Cargo

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Le tremavano le mani e non riusciva a fermarle. Liv si guardava intorno persa. Il dolore al petto e alla schiena lentamente stava diminuendo di intensità e lei era lì, seduta in un angolo, con la schiena appoggiata sul metallo freddo del cargo in cui li avevano caricati in tutta fretta, diretti chissà dove. Josephine era come bloccata, fissava il vuoto in stato catatonico, a pochi passi da lei. Era così da quando l'avevano portata nella sala degli armadietti al piano R1 dove li avevano tenuti rinchiusi man mano che venivano trovati. Non faceva che sussurrare il nome del fratello, tra sé e sé, come un disco rotto. Liv non riusciva nemmeno a immaginare il suo dolore. Dentro di lei quelle morti ingiuste, tutto quel sangue versato inutilmente, aveva un unico colpevole: Michael Lorenz.

Vedeva la sua sagoma piegata in due, seduta su una cassa nel fondo dell'aereo. Guardava il finestrino perso nei suoi pensieri. Liv non aveva visto il cadavere di Simon, ma se non l'avevano portato con loro, come tutti gli altri blu e rossi ci poteva essere un solo motivo: era stata colpito più di tre volte e senza l'antisiero era spacciato. Quella donna di sicuro non si era fermata lì per salvarlo. Chi non era lì o era bianco o era morto. Questa incontrovertibile verità non lasciava molto spazio a repliche nella testa razionale di Liv. Michael era lì da solo, quindi Kathy era morta. Da come era messo, probabilmente Roxy aveva provato a difenderla, ma Michael era lì, quindi forse anche Roxy era morta. Non poteva saperlo. Ricacciò le lacrime in gola e strinse i pugni fino a sentirli dolore.

Ripensò a Tom, a quando aveva visto il suo potere. Aveva cercato di spiegarle quanto fosse dolorosa la mutazione, ma in fondo dentro di lei aveva pensato: "adesso lui sta bene, forse non è stata così drammatica". Non si era nemmeno lontanamente avvicinata alla verità. Nessun essere umano sano di mente farebbe consciamente una cosa del genere, non sapendo a che cosa va incontro. Nessuno di loro aveva avuto una scelta e ora erano lì, bloccati, in una situazione senza uscita, e chissà cosa aveva in mente per loro quell'agghiacciante dottoressa. Solo la sera prima avevano esultato e ballato e festeggiato la libertà e ora l'avevano persa, prima ancora di poterla anche solo immaginare. Solo la sera prima aveva trovato finalmente il coraggio di affrontare Kathy. Adesso le sembrava tutto così privo di significato. Kathy era morta, forse anche Tom e Roxy... Chi sarebbe venuto ora a salvarli? Non riuscì più a trattenere le lacrime e scoppiò a piangere. Quelle guardie li squadravano indifferenti con un odio negli occhi che Liv non aveva mai visto. Si sentiva in trappola.

La "lista" sarebbe finalmente caduta: il senatore aveva detto a Roxy che avevano i numeri per farla cadere, ma per loro era troppo tardi. Non sarebbe tornata a casa, mai più. Non avrebbe più rivisto Ian. Forse sarebbe morta come Jacob Finnegan, impigliata nel filo spinato, con una pallottola in testa? Doveva essere proprio disperato quel povero ragazzo per essere arrivato a tanto. Il sapere di andare incontro allo stesso destino la terrorizzava. Non aveva nemmeno detto addio a Ian, se solo non avesse cancellato quel maledetto forum! Se solo avesse detto la verità subito! Non poteva tornare indietro, non poteva salvare nessuno di loro. Non si pentiva di essersi messa tra quelle siringhe e Roxy, senza di lei sarebbe andata anche peggio.

Non era nemmeno pentita di averla spinta a cercare di salvare Kathy: ogni graffio che aveva fatto a quel bastardo di Lorenz era il minimo che si meritasse e nessuno di loro poteva farlo, ma Roxy sì. L'aveva aiutata così tanto in quel periodo orribile. Aveva sistemato la questione del forum. L'aveva fatta sentire meno sola. Fece sparire la testa tra le gambe e cercò di respirare profondamente. All'improvviso Josephine si attaccò al suo braccio come scossa da un fremito di terrore. Liv alzò gli occhi e allora la vide: la temibile Dottoressa Wolfe. Si sarebbe strappata quel gene a morsi pur di non avere addosso, stampato nel DNA, il marchio di quella traditrice. Era in fondo all'aereo e stava parlando con un uomo pelato sulla cinquantina. Liv si asciugò gli occhi e pensò di avere le traveggole.

Forse il siero le faceva venire le allucinazioni, ma come poteva essere? Di fronte a lei in fondo a quell'aereo c'era George Feltman. Perché mai si era finto morto per tutto quel tempo? Se erano sempre stati d'accordo loro due contro Lorenz, che speranza potevano avere? Feltman poteva fare qualsiasi cosa con loro. Stavano procedendo con la loro ricerca, imperterriti e le nuove cavie erano loro. Guardava attentamente verso di loro cercando di capire chi dei due fosse il capo, ma era complicato. Una guardia si avvicinò e passò loro una scatola. La dottoressa Wolfe estrasse una maschera e se la calò sul viso. Michael Lorenz era sparito. Liv si guardò attorno cercandolo, ma non c'era più traccia alcuna di lui. Un paio di altri secondi e una spessa polvere scese su di loro dalla porta della cabina. Liv cercò di nascondersi il viso nella maglietta.

Molti ragazzi atterriti si erano alzati e avevano cercato di allontanarsi dal getto, ma le guardie li avevano circondati con un cordone molto stretto, spingevano su di loro con gli scudi antisommossa e le maschere calate sul viso. Cominciarono tutti a tossire. La testa le girava come una trottola e sentiva di dover vomitare. Non sapeva più se fosse l'aereo a spostarsi o lei stessa che non riusciva più a stare dritta. Josephine l'abbracciò tremante. Forse stavano per morire anche loro dopo tutto. Ma che senso aveva portarli fino a lì? Liv sollevò un attimo la testa verso il soffitto. La polvere le entrò dritto in gola chiudendole le vie respiratorie. Il suo campo visivo si spense quasi all'istante.

Josephine urlava, ma a fatica sentiva la sua voce. Liv si accasciò di fianco a lei, cercò di tirarla su, ma senza successo. Poi alzò gli occhi e lo vide: Simon era lì davanti a lei, immobile. La guardava. Josephine fece per fare un passo verso di lui, ma inciampò nel corpo inerme di Liv e cadde a terra. Un ragazzo le cadde addosso, si sentiva soffocare, come schiacciata e intrappolata da quei corpi sempre più incoscienti. Riuscì a spingerlo via e allora lo vide di nuovo. Era seduto davanti a lei e sorrideva, come se fosse tutto uno scherzo, con quel sorriso sornione disegnato in faccia e gli occhi profondamente azzurri. Josephine gli sorrise con le lacrime agli occhi, senza sapere più se fosse lì o meno. Tese la mano verso di lui e allora il suo campo visivo si strinse e il silenzio e l'oscurità caddero su di lei come una scure. Forse la stava accompagnando nell'altro mondo.


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