Capitolo VI. Se non fosse chiaro, questo è un assedio

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Se prima c'era stata roccia, ora sotto i piedi di Hannah non ci fu più nulla e non poté far altro che urlare e precipitare, e rotolare. Perché fu quello che fece, rotolò giù da una frana – la testa tra le braccia, le gambe strette al petto – insieme a pietruzze e detriti. Hannah si sentì più simile a una valanga che a una persona.

La discesa si fermò contro la pietra e Hannah si impedì di rotolare oltre piantando le mani per terra. Ahia. Non si toccò i palmi per controllare eventuali sbucciature, il bruciore bastava come conferma.

Hannah sollevò la testa e, dall'apertura in alto, vide la torcia di Thranduil puntata verso di lei. Thorin stava girando intorno alla buca, a giudicare da come le arrivava il suo abbaiare. Stupido cane, avrebbe potuto avvisarli del pericolo! O forse avrebbe dovuto stare più attenta lei e non dare colpa agli altri.

«Niente di rotto?»

Hannah trattenne una risata. Meglio di chiedere "tutto bene", in fin dei conti.

«Qualche sbucciatura e livido. Credo».

«Controlla che non ci siano altre uscite» le disse Thranduil, «altrimenti bisogna trovare un modo per farti risalire».

La torcia era rotolata poco più avanti, ancora accesa. Hannah la prese e percorse un arco con il fascio di luce, e studiò cosa la circondava.

«Non vedo nessuna uscita». Solo roccia, roccia, roccia e ugh. Nelle pareti, tra i massi rotolati giù, c'erano ossa animali e umane. Ugh.

La luce le rivelò anche degli strani scarponi di ferro – tre paia almeno, se non ne erano finite altre sotto la frana. Cosa ci facevano in quel posto? Come potevano non essersi arrugginiti con gli anni? Hannah si avvicinò per studiarli, ma dentro un paio di scarponi, vide delle ossa che non avevano niente a che fare con quelle nelle pareti. Poco oltre, c'era il resto dello scheletro. Sembrava tozzo di corpo, con braccia che se fosse stato in piedi sarebbero state lunghe alle caviglie, e aveva una testa minuta, soprattutto in confronto alla mascella grossa e munita di denti piccoli, appuntiti e ingialliti.

Qualsiasi creatura avesse lasciato quelle ossa, non era umana. Non si sarebbe neanche illusa che fosse qualche anello mancante tra l'uomo e la scimmia. A giudicare dalle ossa della camera, ci erano passate persone e non avevano mai prestato attenzione a questi resti. A parte che non avrebbero potuto conservarsi così a lungo, perché quella camera era stata aperta, a un certo punto della sua esistenza.

Erano resti recenti e non erano umani.

E, vicino la testa, c'era un berretto afflosciato.

«Lo ammetto: avevi ragione a portare tu lo zaino» disse Hannah a Thranduil.

Hannah percorse il soffitto della camera con la luce della torcia, era basso e non nascondeva nulla. Non era stata una caduta lunga, una quarantina di piedi a occhio, ma era stata ripida.

«Non vedo altro modo per risalire, mi dispiace. Dov'è la fune?»

Non aveva intenzione di perdere tempo in chiacchiere, il signorino Re degli Elfi.

«Dentro lo zaino, nella tasca davanti».

La luce dall'alto sparì, Hannah si addossò alla frana da cui era scivolata. Non voleva passare un minuto di più un quel posto. C'erano scheletri e, anche se non le avrebbero fatto nulla di male – erano più morti dei morti, no? –, non aveva voglia di stare in loro compagnia. Soprattutto, non in compagnia di quello strano scheletro. Se era arrivato un Re degli Elfi da un altro mondo, chissà che altro avrebbe potuto succedere.

«Fune in arrivo».

Hannah indietreggiò e sentì il tonfo della corda che colpiva la roccia. Slegò il nodo alla punta e tirò abbastanza fune da legare un'imbracatura d'emergenza. Quel nodo era stata una mossa furba, chissà come faceva il signorino Re degli Elfi a sapere cosa fare in quella situazione. Non poteva immaginare come potesse aver mai affrontato una scalata, se non magari su un albero?

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