Capitolo IV. Domande, domande e colate di pece

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Finito il pranzo, si rimisero in cammino. Di nuovo, la donna marciò davanti a lui, del tutto calata nella parte della guida, il che aveva finito per riempirle i capelli e il cappuccio della giacca di foglie e rametti.

Da quando le aveva chiesto di quella che lei aveva chiamato la Guerra dell'Anello, la donna aveva tenuto il discorso lontano da quel che lei sapeva su Arda e Thranduil non aveva intenzione di farsi ingannare a lungo. Appena avesse avuto il nome dell'autore, avrebbe cercato i libri di cui lei gli aveva parlato. Doveva scoprire cosa era stato scritto e doveva tornare indietro con quelle informazioni al più presto.

Thranduil tagliò i rami di un cespuglio dalla forma inguardabile.

«Ti occupi delle pecore, mi sembra di aver capito».

La donna grugnì in assenso.

«I tuoi genitori sono fuori per pascolare il resto del gregge?»

Ancora una volta, alla menzione dei suoi familiari, la donna ignorò la domanda e affrettò il passo.

«Tutto il gregge che abbiamo è quello nella stalla».

Un lieve miglioramento. Ma Thranduil detestava essere ignorato, era una tale mancanza di rispetto. Inoltre, non solo lei lo stava privando di informazioni vitali sul futuro del suo mondo, ma non gli dava nemmeno la soddisfazione di sapere qualcosa di quello di lei. Se non si fosse già accertato che lei non rappresentasse un pericolo, sarebbe stato molto sospettoso nei suoi confronti.

«Non dovresti portare il gregge al pascolo, invece di tenerlo al chiuso?»

La donna trattenne una risata. «E cosa ne sa il grande Re degli Elfi di pastorizia? A giudicare da certe tue scelte, non ne sai molto neppure di essere re».

Thranduil strinse gli occhi. C'erano momenti in cui la donna era sopportabile – quando stava zitta o gli dava da mangiare, in genere – e altri in cui aveva solo voglia di gettarla in una cella. Purtroppo, non aveva neppure a disposizione le sue prigioni: passare giorni al buio in uno spazio ridotto aveva la tendenza a rimettere le cose in prospettiva, per i testardi.

No, nemmeno gettarla in una cella sarebbe servito: quel che aveva davanti non erano altro che mura. Erano ricoperte di spuntoni, che avrebbero potuto anche aiutare la salita, se non fosse stato per la pece che lei rovesciava ogni volta che lui provava a scalare le mura. Ma Thranduil aveva passato sette anni ad assediare Barad-dûr, con una donna mortale scontrosa sarebbe stato molto più semplice.

«Ne so abbastanza da sapere che le pecore per nutrirsi hanno bisogno di pascolare» disse Thranduil. Forse, se avesse dimostrato di conoscere qualcosa del suo mestiere, qualche colata di pece in meno ci sarebbe stata. Forse, evitando di rispondere al suo commento sull'essere re, avrebbe evitato una pioggia di frecce.

Anche se moriva dalla voglia di chiarirle le idee sulle responsabilità e doveri di un re. Era probabile che la donna credesse Thorin Scudodiquercia un buon sovrano, per quei pochi giorni in cui lui aveva regnato.

«Si usava fare così anche da noi» proseguì la donna, «ma le usanze cambiano, compaiono nuove tecniche e noi portiamo le pecore al pascolo solo per sette mesi – in primavera, estate e inizio dell'autunno. Ora la stagione del pascolo è finita e le pecore restano nella stalla, al caldo e all'asciutto».

Il cane abbaiò, la donna si affrettò nella sua direzione e Thranduil la seguì.

L'ingresso di questa grotta era nascosto tra i cespugli di brugo e i massi. Non era una fessura in una parete di roccia, ma un'apertura nel terreno, segnata da una linea di sassi che facevano da recinto – di sicuro opera di qualche Uomo, che aveva pensato bene di segnalare la grotta prima che qualcuno ci finisse dentro. Il cane era di fianco all'ingresso e scodinzolava. Appena la donna lo raggiunse, girò su se stesso e sedette.

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