«Mamma vado fuori a giocare» disse Elisa una mattina d'estate appena finita la colazione.
«Ehi, ferma lì, a giocare come?» chiese Gaia, voleva essere sicura che non attuasse i suoi giochi estremi pericolosi.
«A giocare» rispose lei girandosi e correndo verso la porta.
«Vieni qui!» cercò di afferrarla per un braccio urtò la tazza del latte sul latte; questa barcollò e cadde.
Elisa si pose in avanti come per prenderla, la tazza non toccò terra: ma lei non lo aveva afferrata, almeno non fisicamente con le mani. La tazza lievitava mentre lei poneva le mani davanti a lei.
«Cristo» quasi urlò Gaia con un principio di sudore freddo.
«Elisa, tesoro» le disse «Fermai così» le disse mentre prese la tazza e lasciandola nel lavello, si appoggiò al mobile come se avesse un mancamento e si portò la mano alla fronte come se stesse avendo un esaurimento.
«Visto mamma che ho fatto?» Elisa entusiasta cercò di raccattare la tazza dal lavello in punta di piedi «Lo facciamo di nuovo?»
«No!» ordinò la mamma «Ascolta» si piegò immediatamente davanti a lei per evitare che quel "no" inneschi una sua reazione aggressiva, visto la situazione poteva far lievitare i coltelli.
«Facciamo che è un nostro segreto e nessuno lo deve sapere. Lo facciamo più tardi. Ma nessuno deve saperlo» le disse la mamma.
«E perché no?» le chiese Elisa.
«Perché i segreti sono belli. I segreti ti rendono, più... più..» cercava una parola che le facesse sembrare un segreto appetitoso «più forte!»
Gli occhi blu di Elisa di allargarono stupefatti «Oh. Va bene. Sarà il nostro segreto».
«Brava» disse Gaia baciandole la frante «Vaia giocare ora» e la lasciò andare, non avrebbe detto nulla a nessuno, non l'avrebbero creduta.
...
Elisa aveva energia e attività da vendere. Era super iperattiva. L'unico momento che riusciva a stare ferma, era la notte durante il sonno. C'era qualcosa in lei che la spingeva in un costante movimento, sempre attiva, sempre sull'attenti.
Poco tempo dopo arrivò Robert, aveva promesso ai bambini una passeggiata nella foresta umbra.
«Dai ragazzi, andiamo» annunciò il mister.
«Un attimo, devo chiedere il permesso ad Antonio per Destriero» disse Gabriele.
«Hum. Antonio? Prestare Destriero? Con cui gareggia? A cui tiene più di se stesso? No. Antonio non ti presterà mai Destriero. Ho portato uno dei miei cavalli» disse Robert con un sorriso da padre.
«Infatti no» esordì Antonio scendendo dalle scale «Non faccio toccare il mio cavallo a nessuno. Tanto nemmeno prestarlo. A maggior ragione per andare nella foresta. Destriero è un cavallo delicato da dressage. Un qualsiasi passo falso potrebbe stroncargli la carriera. Anche a voi è vietato avvicinarvi. Se non per accarezzarlo o dargli da mangiare, state lontani da lui» ordinò Antonio scandendo ogni singola parola.
«Papà vieni con noi?» chiese Jade.
«No ragazzi, sono arrugginito» rispose il madre sulla soglia di casa.
I bambini avevano già montato la prima volta. Avevano appreso tutte le tecniche di base, e tutti i finimenti da stalla e cavalcata per il cavallo.
Per dei cavalli adulti loro erano ancora bassi, così li aiutò lui a salire in sella. Gabriele con Jade sul palomino di Gaia, Robert sul suo cavallo pezzato di marrone e bianco ed Elisa sull'altro cavallo di Robert, un appaloosa con la parte anteriore marrone e quella posteriore bianca con macchie marroni.
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Mîkhā'ēla
Fantasy«Mîkhā'ēla? Chi è?» «Una creatura divina, già nata, o ancora da venire al mondo, questo dovrai scoprirlo tu piccola Elisa, e magari scoprirai che Mîkhā'ēla, è più vicina a te di quanto tu creda». Sarà il dialogo che renderà la vita della nostra pro...