I suoi lividi si stavano riassorbendo in fretta, quando la mamma la vide salire in macchina le disse
«Sei sicura che non sia una disciplina troppo dura? Cosa è successo?» le chiese, anche se si ricordò che con Elisa nulla era troppo forte.
«Niente» rispose lei sommessa.
La sua mente crollò a pezzi, un collasso fracassoso senza suono, senza rumore, senza che qualcuno se ne accorgesse.
Gaia la osservò non la riconosceva, ma per lei era un bene che si fosse calmata, ma non lo era a fatto.
Quella notte ebbe gl'incubi. Si agitava sotto le lenzuola che si avvinghiavano intorno a lei da farla sentire bloccata dalle catene. Sudava freddo e parlava nel sonno. E fu così anche nei giorni seguenti, ogni notte. Alcune volte si svegliava urlando, ma nessuno la udiva.
Povera bimba, non la sentivano quando gridava aiuto con la voce e non la sanitavano nemmeno quando gridava aiuto con gli occhi.
Tutte le notte in camera con lei c'era una presenza amica, c'era una mano sconosciuta che le metteva due dita sulla fronte e la piccola cessava di dimenarsi dalla possessione degl'incubi.
Le percosse le riceveva a ogni lezione, ma tutti erano estranei ai fatti, era come se succedeva nella sua testa o in un'altra dimensione; dei lividi trovava spesso scusa, aveva imparato a fingere, e nessuno sospettava di nulla.
***
«Mamma è finito in quaderno, mi serve uno con la copertina rossa» disse gentile alla mamma.
«Per matematica?» le chiese la mamma di spalle mentre lavava qualcosa al lavello della cucina.
«Sì» rispose lei.
«Tieni» le disse dandole degli spiccioli «Vai a prenderlo. Antonio accompagnata tua sorella in cartoleria»
«Ok» disse scendendo velocemente le scale.
***
«Un quaderno e la copertina rossa» disse la bambina mentre Antonio era rimasto fuori a parlare con qualche amico incrociato per caso.
«Grazie» rispose sommessa nel usciere dalla cartoleria incrociò Cristina con la sua ciurma al seguito, sembravano che la scortassero.
«Non vieni più a scuola? Bè meglio, una perdente come te non dove stare in una classe dove vado io. Perché tu sei diversa capito? Tu sei diversa».
Diversa
Diversa
Diversa
Quella parola continuò a risuonarle in testa come il suono possente di una campana fastidiosa che suonava quando non doveva.
Tornata a casa, si lasciò cadere sul verde del suo prato e iniziò a piangere.
Un naso bagnato le sfiorò la guancia.
«Che ci fai qui? Come hai fatto ad entrare?» disse al lupo bianco lì con lei.
«Come facevi a sapere che ero qui? Vabbè non importa, tanto non puoi rispondermi. Anche tu pensi che io sia diversa? Continuo a sentirmi quella parola in testa, Diversa, Diversa, Diversa» spiegò a lupo che la guardava attraverso i suoi occhi color ambra.
La piccola si prese la testa fra le mani, il lupo appoggiò la sua di testa sopra le gambe incrociate di Elisa suscitandole serenità.
***
«Robert, non ti sembra diversa Elisa?» chiese Robert un po' turbata.
«E' più docile?» chiese Robert osservando lisa fare i compiti composta e ubbidente, quando solitamente sembrata soffrire delle sindrome di iperattività che tra una compito e l'altro si alava spesso per fare altro.
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Mîkhā'ēla
Fantasi«Mîkhā'ēla? Chi è?» «Una creatura divina, già nata, o ancora da venire al mondo, questo dovrai scoprirlo tu piccola Elisa, e magari scoprirai che Mîkhā'ēla, è più vicina a te di quanto tu creda». Sarà il dialogo che renderà la vita della nostra pro...