THE UNSPOKEN WORDS

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I knew you'd miss me once the thrill expired

OTTOBRE, 2010

Parlagli. Parlagli. Parlagli e basta, idiota, non essere così dannatamente stupido, per una volta nella tua vita.

Harry sbuffa al suo stesso pensiero, continuando a torcersi le mani con gesti ansiosi, guardando la schiena del ragazzo, che sta prendendo una bottiglietta d'acqua dal tavolino del catering. Non ha tutto il tempo che vuole, deve parlargli in fretta.

Sa molto poco, di lui. Sa che è gentile, hanno parlato nel bagno, quindi può dirlo con una certezza più o meno solida. Sa che si chiama Louis, pronunciato alla francese, l'ha sentito dalla sua esibizione. Sa anche che è più grande di lui di due anni e che è di Doncaster, a due ore da casa sua, più o meno. Ha cantato Hey There Delilah, quindi sa anche che ha ottimi gusti musicali perché, insomma, quella canzone.

Quando l'aveva incontrato in bagno (più precisamente gli era andato addosso, ma Harry non ha davvero voglia di parlarne, dato che non era uno dei suoi migliori momenti) aveva pensato solo a come non sembrare più stupido di quanto già doveva aver dato un'idea, dato che si era rintanato nella cabina solo per calmare il suo attacco di panico. Non fraintendetelo, Harry sa come gestirli. Ha solo bisogno di un po' di silenzio e di un momento per tenere i suoi pensieri tutti insieme, senza che si mischino o si accavallano. Di solito funziona, lui è una persona molto tranquilla che, personalmente, ha una buona gestione delle emozioni, ma quello è un momento diverso. Parliamo sempre di una competizione famosissima che se ne sbatterà le palle, se Harry non riuscirà a tenerle testa. Questa non è la sua vita a Holmes Chapel, non può ritardare quello che non vuole fare, nessuno lo aspetterà più. E' la prima cosa da adulto che fa, questa. Il fatto è che Harry non è molto convinto di poter reggere il palco di X-Factor, e forse dovrebbe tornare in pasticceria a sfornare dolci per tutto il resto della sua vita, è vero, ma non se n'è ancora totalmente convinto. Fortunatamente.

Fatto sta che la sua ansia da prestazione che per la prima volta si era rivelata indomabile, mista alla soggezione di un paio di occhi blu e di un piccolo naso, gli aveva fatto dimenticare la parte fondamentale: il suo nome. Tra tutte le cose, il suo nome. Più o meno il primo costrutto sociale che sua madre aveva provato ad insegnargli, ma Harry era nervoso, quindi. Ufficialmente giustificabile. Perché avrebbe dovuto chiedere a uno sconosciuto il suo nome, comunque? Al ragazzo certamente non interessava quello di Harry, quindi.

Fatto sta che Harry, meno di un minuto dopo averlo lasciato, corre a guardare le esibizioni da uno degli schermi dietro le quinte e aspetta, le mani strette tra le ginocchia, gli occhi così incollati alla scena davanti a lui che quasi gli bruciano. Quando sua mamma gli chiede cosa gli prende, alza appena una mano per dirle che non è assolutamente il momento e continua ad ascoltare l'esibizione come se ne andasse della sua vita. Insomma, quel ragazzo gli ha dato un consiglio, gli ha assicurato che quello che prova è normale e che andranno molto più lontano di quella sala piena di riflettori, alla fine. E' stata la prima vera rete dopo il salto nel vuoto che ha fatto iscrivendosi a quel contest.

Quindi, Louis. Aveva una scusa per parlargli, dato che i suoi incoraggiamenti erano serviti, ma doveva farlo in fretta. Con uno scatto del corpo di cui si pente nell'esatto momento in cui lo fa, scivola alla sua sinistra e dice con tono casuale:

''Ehi.''

Louis volta piano la testa e sì, sono decisamente gli stessi occhi. Fa un piccolo sorriso. ''Ehi.''

''Volevo farti i complimenti per l'esibizione- Nel senso, sai che ci sono gli schermi, quindi-'' Harry prende un profondo respiro mentre dondola sui talloni, le braccia strette attorno al corpo, Louis che lo guarda attentamente ''E poi, il tuo consiglio per calmarsi ha funzionato. Ho messo il pollice sull'interno polso, uno per volta.''

Please, Fall In Love With Me ||L.S.||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora