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*NOTE AUTRICE* Ancora venticinque minuti e avrei mandato all'aria la promessa di aggiornare ogni Venerdì... può essere che mi capiterà di tardare di un giorno o due... ma quel giorno NON È OGGI!
Buona lettura ragazzi, spero che vi piacerà!

<< Vi aiuterò. >> disse Tony con l'entusiasmo di un condannato a morte, rivolgendosi al capo dei rapitori che lo stava guardando a sua volta con aria annoiata... era chiaro che non gli avesse detto nulla di nuovo, avevano già data per scontata la sua collaborazione dopo aver tenuto la testa di Peter sott'acqua per cinque minuti. Ed era un bene – per Peter – che continuassero a sopravvalutare il legame che aveva con Tony. << ecco la lista delle cose che mi servono. >> il foglio che gli porse suscitò molto più interesse, soprattutto quando Yin Sen tradusse le ultime parole di Tony. Peter avrebbe di gran lunga preferito essere tagliato fuori da quel discorso, ma Tony – quando si era affacciato alla telecamera della loro prigione per richiamare l'attenzione del rapitore – gli aveva mollato fra le mani la batteria, intimandogli di stargli vicino e di non combinare guai. Erano bastati cinque minuti per capire perché Tony avesse affidato a lui quella batteria anziché tenersela stretta: quell'affare doveva pesare almeno sessanta chili. Erano più di quindici minuti che aveva i sudori freddi alla sola idea che gli scivolasse o che le mani cedessero.

<< Hanno tutto. Ha detto che comincerai immediatamente... ora ti portano fuori dove organizzerai ogni cosa per poter lavorare senza interruzioni. >> tradusse Yin Sen proprio mentre un soldato afferrava bruscamente il braccio di Tony, trascinandolo fuori con Peter appresso. Solo in quel momento entrambi si resero conto di star sostanzialmente vivendo in una stanza remota scavata all'interno di una montagna... per vedere la luce del sole ci vollero quasi dieci minuti di cammino attraverso varie gallerie: erano rallentati dall'instabilità di Tony e dalla batteria che Peter portava con attenzione e sforzo fra le braccia, ma era comunque abbastanza tempo per mandare Peter in un silenzioso panico che cresceva a dismisura dentro di sé e che si impose di non esternare per nessun motivo al mondo. Non era claustrofobico, ma nulla gl'impediva di diventarlo dopo un esperienza simile.

Quando svoltarono l'ultimo angolo della galleria, la luce solare infastidì gli occhi deboli di tutti e tre i prigionieri, spingendo Peter a stringersi al fianco di Tony spalla contro spalla quando si rese conto di non riuscire a seguirlo con lo sguardo e rischiare così di allontanarsi, staccando la batteria dall'elettromagnete. Questo permise a Tony di aggrapparsi alle sue spalle quando qualcuno lo spinse da dietro per spronarlo ad avanzare più velocemente...

<< Va... va tutto bene? >> chiese timidamente Peter, sentendo un brivido lungo la schiena quando il respiro affannato di Tony gli sfiorò il collo scoperto...

<< Pensa a camminare. >> ribatté, senza però staccarsi dalla spalla di Peter che – per quanto si sentisse lusingato di venire sfruttato per qualcosa di vagamente più utile di un rifiuto umano – iniziava a cedere un pochino per la fatica... dopotutto cosa si poteva pretendere da uno che aveva saltato due pasti ed era quasi morto annegato... che portava fra le braccia una batteria da sessanta chili mentre Tony Stark lo usava come bastone da passeggio?

Ma quando finalmente gli occhi si abituarono alla luce, fu Tony stesso a bloccarsi sul posto osservando ciò che lo circondava con aria frastornata e sconvolta: dopo pochi secondi di shock Peter si costrinse a continuare a camminare, contando sulla presa che Tony teneva sulla sua spalla nella speranza che lo seguisse a sua volta, anziché rimanere impalato con i piedi puntati a terra, rischiando di beccarsi un'altra spinta fatale per la sua vita: i cavi che univano la batteria e l'elettromagnete non erano certo in grado di ricevere troppi scossoni bruschi.

Lo scenario – che tanto aveva scosso Tony – era peggiore di quanto avrebbero potuto immaginare: si trattava di un vero e proprio accampamento, non tanto diverso da quello che ci si sarebbe aspettati da un gruppo di terroristi... ma il problema era un altro. C'erano decine e decine di gazebi malridotti che servivano a riparare una vasta quantità di armi militari – da chissà cosa poi, visto che l'Afghanistan era una delle zone più aride del mondo – ma il vero problema stava nel fatto che ogni singolo fucile; ogni cassa piena di missili; ogni singolo razzo depositato con cura... portava il nome delle Stark Industries.

Avrò cura di teDove le storie prendono vita. Scoprilo ora