Capitolo 3 - Déjà vu

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Déjà vu

Il canto di un uccellino mi svegliò, mi ritrovai sul mio letto. Non mi ricordavo più niente di quello che era successo la sera prima, avevo solo un'immagine fissa in mente: il pavimento della camera dei miei genitori. Comunque non mi soffermai troppo sull'accaduto, dato che pensai fosse solo il ricordo di un brutto sogno. Perciò mi vestii e mi diressi verso la cucina, mi sembrò di vivere un déjà vu, anche se non sapevo il perchè. Ai fornelli c'era mia madre che cucinava e sul tavolo la mia colazione con accanto mio fratello che mangiava la sua. Dissi: "Buongiorno" senza ricevere alcuna risposta e mi accomodai. Tra un boccone e l'altro chiesi dove fosse il papà, e mia madre rispose che stava ancora dormendo, quel giorno a lavoro avrebbe fatto il turno serale. Finii la colazione e misi i piatti in lavastoviglie. Accesi il telefono ma non mi era arrivato nessun messaggio, odio quando è così. Andai verso la mia camera e passai davanti a quella dei miei genitori. Non ne capivo il motivo, ma quella porta e quelle mura mi ricordavano qualcosa. Entrai nella stanza dei miei; mio padre era disteso sul letto che dormiva, e in quel momento tutto mi tornò in mente. Chiamai mio padre ma stavolta lui si svegliò. Quello che ricordai della sera prima sembrava non essere mai successo, allora il pensiero che fosse stato solo un incubo mi rasserenò, anche se mi era sembrato davvero reale.

Sofia venne a casa mia quella mattina per studiare insieme, e con questa scusa la aggiornai su ciò che era accaduto, e rimase sconvolta quanto me di quel che le raccontai.
"Sei sicura di quello che dici?" mi chiese.

"Sì Sofia." Risposi mentre giravo e giravo su me stessa sulla sedia della mia scrivania. "Hai più ritrovato la chiave inglese di tuo padre?"
Mi fermai.
"Sai, ora che ci penso non ho più controllato." Affermai.

Senza dire nient'altro ci alzammo entrambe e andammo verso il giardino per dare un'occhiata alla casetta di legno. La porticina era ancora rimasta semichiusa dall'ultima volta quindi non ebbi difficoltà a togliere il lucchetto e ad aprirla. Guardai verso il tavolo dove mio padre lasciava sempre appoggiati gli oggetti piccoli come la chiave inglese, ma non ce n'era traccia. Mi guardai intorno per un ultimo sguardo, ma era tutto sistemato come al solito. Uscimmo da quella casetta alquanto terrificante e chiudemmo la porta al meglio che potevamo.

Durante il resto della mattinata non ci pensammo più di tanto, i libri e le mille materie da studiare avevano preso il posto di quel problema, ma quando Sofia se ne andò ricominciai a farmi delle domande.
Pranzai silenziosamente e mi ricordai dell'impegno preso con mia mamma; ne fui felice perché era da tanto tempo che non andavamo in un centro commerciale insieme. Scelsi i vestiti da indossare e iniziai a prepararmi. Feci una doccia veloce, cercai di sistemare al meglio i capelli spettinati e mi truccai.


La mamma era già pronta ad aspettarmi davanti alla porta, anche lei ben vestita, con i suoi ricci ben definiti e un trucco leggero ma che accentuava i delicati lineamenti del suo viso.
"Pronta?" mi chiese.

"Prontissima!" esclamai, e così uscimmo di casa chiudendo la porta a chiave.
Dalla sua macchina sempre profumata vedevo le case passare una dopo l'altra mentre ci dirigevamo in centro.
"Allora, hai pensato a qualcosa che potrebbe servirti?" domandò dopo un po' non distaccando lo sguardo dalla strada.
"Sì, stavo pensando di prendere un altro paio di jeans e se trovo quella giusta, anche una felpa nuova." Risposi prendendo tra le mani il portafogli per controllare di non aver dimenticato i soldi a casa. In quel momento pensai a una cosa che desideravo da molto tempo, ma che costava un bel po', perciò non ne feci parola con la mamma. Annuì.
"E tu?" chiesi.
"Io? Non saprei, credo di non avere bisogno di niente, al momento." Rispose. "Sicura?"
"Sì, certo." Concluse.
Posteggiammo tra i posti sotterranei del centro commerciale, feci la foto al numero del parcheggio che avevamo occupato, così da non perdere di vista la macchina al nostro ritorno. Andammo verso l'entrata.
"Wow! Ma è enorme." Affermai appena raggiungemmo con le scale mobili una visuale completa dell'interno. I negozi, posti su due piani, erano colorati da grandi scritte in led, che pubblicizzavano offerte, saldi e nuovi prodotti. Potevi perderti là dentro.
"Da dove vuoi cominciare?" mi chiese.
"Che domanda complicata, vorrei entrare in tutti!" dissi entusiasta.
Da lontano però, vidi un negozio che attirò subito la mia attenzione, quindi senza esitare mi diressi da quella parte, e mia madre mi seguì sorridendo leggermente, come se già sapesse dove stessi andando.
Tanto per cambiare, era proprio dove avrei trovato quella cosa 'costosa' che sognavo; comparse davanti a me uno Skate shop. C'erano skateboard ovunque; appesi alle pareti, appoggiati per terra, anche penzolanti dal soffitto.
"Posso entrare? Giuro non compro niente." Dissi a mamma quasi pregandola. "Certo, vai." Non attesi ulteriori conferme, mi catapultai all'interno di quel mondo skateboard; c'erano longboard, cruiser, classici skateboard, penny...e tanti altri. Pensai di star sognando.
"Posso aiutarti?" mi chiese il ragazzo che lavorava lì, vedendomi entrare.
"No no grazie, sto solo dando un'occhiata." risposi con una nota di tristezza.
"Sei sicura?" mi chiese mia mamma alle mie spalle. Mi girai e la guardai un attimo stupita.
"Co..cosa?" chiesi balbettando.
"Perché non vedi se ce n'è uno che più si adatta a te?" continuò. Stava scherzando? Non capivo.
"Mamma, sei seria? O sto sognando?"
"Muoviti dai, sennò non ci arriviamo a vedere anche gli altri negozi." Disse ridendo. "Oddio, oddio grazie, grazie, grazie." Urlai, per fortuna non troppo. Corsi ad abbracciarla.
"Beh allora sì..." mi rivolsi al ragazzo con i capelli rossi e le lentiggini, che aveva seguito tutta la scena: "può aiutarmi a trovare il mio skate?" gli chiesi, e lui mi fece vedere le diverse tipologie.

Rose RosseDove le storie prendono vita. Scoprilo ora