Capitolo 23 - "Rose rosse per te"

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"Rose rosse per te"

Avevo ragione a dire che mio fratello mi conosce meglio di me, quando eravamo piccoli e andavamo in pizzeria, sceglieva lui la pizza per me, e io mi fidavo perché sapeva quali erano i miei gusti più di chiunque altro.
Andai a prendere la rosa rimasta a terra, mentre Charlie mi raggiungeva.

"È il segno." Dissi
Lui annuì.
"Quindi? Che dobbiamo fare?" chiesi.
"Manca poco." Affermò.
"A cosa?" domandai.
Prima che potesse dire altro, si fermarono davanti alla cella due uomini, diversi dai soliti due che portarono me e Charlie nella stanza.
"Megan Edwards" disse uno dei due.
"Sono io." Affermai sicura alzandomi in piedi.
"Devi venire con noi." Concluse l'altro.
Questa loro azione mi fece pensare, dato che gli uomini in nero non si sarebbero mai degnati di parlare con noi in modo, possiamo dire, così gentile. Loro varcavano la porta della cella, e anche se un ragazzo stava dormendo lo prendevano per le braccia e lo portavano via, trascinandolo.
Charlie mi venne incontro mentre stavo per raggiungere gli altri due.
"Meg!" esclamò non troppo forte. Ormai ce lo avevo davanti.
Mi prese per un braccio delicatamente e mi guardò negli occhi.
"Sta' attenta. Per favore." Mi disse.
Annuii, e uscii.

Non sapevo dove mi stessero portando, o chi fossero. La loro divisa grigia portava il logo dell'organizzazione, formato da un semplice trofeo e la sigla 'M's I O' che a quanto pare indicava 'Mason's Industry Organization '. La loro però aveva un dettaglio diverso che notai subito: appoggiata sul trofeo si trovava una piccola rosa rossa, quasi nascosta.

Iniziai a pensare al fiore lasciatomi in cella, e al segno di cui mi aveva parlato James, ed ero sempre più sicura che quello lo fosse. Un flash mi fece pensare anche a Clare e alle sue capacità sartoriali, non capii il perché o per cosa.
Guardai verso uno di loro, quello alla mia destra, vidi che non si girò verso di me, ma con la coda dell'occhio mi vide e sorrise leggermente. Capii che loro sicuramente non facevano parte di quel losco giro di delinquenti, ma chi erano? Dovevo solo aspettare ancora per poco, e tutte le mie domande avrebbero ricevuto una risposta.

Si fermarono davanti a un'entrata. Si scambiarono un'occhiata e poi uno dei due raggiunse la maniglia, aprendo l'enorme porta grigia a due ante. Vidi ciò che c'era oltre; una stanza infinita apparse dal nulla, non credo neanche si possa definire stanza, piuttosto sembrò un hangar, come quelli che si trovano negli aeroporti, dove vengono depositati gli aerei.

C'erano imponenti casse nere colme di non sapevo cosa, notai delle macchie bianche sparse in tutto l'ambiente, erano persone con dei camici del medesimo colore che parlavano tra di loro di formule chimiche e altre cose scientifiche. Inoltre, c'erano varie postazioni simili a quella della mia prima rêverie, con un lettino bianco, l'aggeggio del gas, il misuratore del battito cardiaco, e altre cose varie che non sapevo a cosa servissero.

Continuammo ad avanzare andando avanti verso una di queste postazioni, dove si trovavano alcune di quelle persone in camice. Sembravano quasi dei dottori, ma non lo erano, i dottori aiutano le persone a guarire, queste persone invece facevano tutt'altro.

Da una prospettiva diversa vidi anche che c'erano diverse entrate per l'hangar, una centrale, e due laterali. Scorsi da lontano che altri ragazzi erano stati portati lì; cominciai a pensare di averli già visti da qualche parte, ma non nella mia stessa cella no, loro erano altri. Realizzai dopo che erano i ragazzi e le ragazze del mulino. Una sfumatura di gioia mi raggiunse facendomi sorridere: erano vivi! Stavano bene! Da lontano vidi anche un ragazzino, che somigliava tantissimo a Charlie e pensai fosse suo fratello, mentre di lui non c'era traccia. Da una delle entrate grigie uscì Clare e anche James, che notai subito mi stesse cercando con lo sguardo, perciò con uno strattone mi liberai dalla stretta presa delle mani di uno di quei tipi strani, e agitai la mano libera per attirare l'attenzione. Ci riuscii dato che mi guardò e sorrise. Ancora non capivo cosa stesse succedendo di preciso, ma non sembrava niente di buono. Charlie non c'era, non lo vedevo da nessuna parte e da un lato mi sentii sollevata perché non sapevo a cosa stessimo andando incontro.

Mi fecero sedere sul lettino, appiccicandomi addosso tutti quegli aggeggi che servono per la misurazione dei valori vitali, ma tutto sembrava diverso in confronto alla rêverie che avevo già fatto. Cercai risposte in qualunque angolo della struttura, ma non vidi niente che potesse aiutarmi a comprendere. Ricercai con lo sguardo James, che però non mi rivolse l'occhiata. Mi sdraiai e sentii una signorina in bianco dire che il mio battito cardiaco era aumentato, non aveva tutti i torti, avevo paura... paura che questa cosa fosse più grande di tutto quello che avevo già affrontato.

"Miei cari!" disse una voce femminile che all'inizio non capii da dove provenisse. "Grazie per essere tutti qui." Continuò. Mi guardai intorno per cercare la fonte di quel suono. Chiunque fosse, stava parlando come se ci fosse un pubblico a osservare, e infatti era così. Le grandissime porte a scorrimento dell'hangar si aprirono, dando spazio a un vasto pubblico di persone, e fu in quel momento che capii che la situazione era davvero più grande di me.
"Oggi siamo qui, per inaugurare un nuovo gas."
Eccola, la vidi, era su una tribuna posta qualche metro sopra di noi, stava parlando con un microfono che amplificava moltissimo la sua voce stridula, era la signora Mason, la mamma di Sofia, con la sua famiglia e Matt accanto.
"Questo nuovo gas permetterà a noi di produrre più sieri e a voi di ricevere più profitto! È basato infatti sulle paure più profonde di coloro che lo provano." Esclamò soddisfatta, e subito dopo seguirono gli applausi delle persone sedute, che già pensavano ai colpi che avrebbero potuto fare senza problemi.
"L'unica falla nel progetto è che è ancora da testare, ed è per questo che oggi vi abbiamo invitato; per partecipare a questo esperimento!" la sua così vivace voce mi fece ribrezzo. Percepii il timore dei ragazzi distanti solo qualche metro da me. "Questi sono tra i ragazzi migliori che abbiamo, e per voi siamo disposti a sacrificarli, infatti solo coloro che riusciranno a superare i test sopravvivranno."

"No, aspetta, cosa?" sussurrai. C'era panico nelle postazioni, vidi un ragazzo che si strappò tutti i fili di dosso, cercando di scappare, ma non ce la fece: lo placcarono subito.
"Non vi preoccupate, è del tutto normale, ancora i ragazzi non sapevano che avrebbero rischiato la vita. Perciò... sorpresa!" ridacchiò, insieme a quelli dietro di lei. Mi alzai di scatto.

"Sei solo un orrendo verme." Urlai. Non mi interessava più niente di quello che mi avrebbero fatto, non mi interessava se mi avrebbero rovinato la vita o se vi avrebbero messo fine.
"Ragazzina, ci si rivolge in questo modo a una signora? Dato che a quanto pare devi imparare le buone maniere, io direi di iniziare proprio da te. Voi cosa dite?" si sentirono urla di approvazione dal pubblico e applausi.

James non sembrava più sicuro del piano. Ebbi timore di aver rovinato tutto.
Mi strattonarono per farmi sdraiare nuovamente, cercai di opporre resistenza. Uno dei due uomini mi prese da dietro e mi bloccò le braccia. Ma gli pestai il piede riuscendo a liberarmi temporaneamente e provando a correre verso l'uscita. "Ragazzina." Urlò la Mason "Non sono sicura che tu voglia davvero farlo."
Mi fermai. Dietro di lei comparvero i miei genitori, con le mani legate sotto la custodia dei due uomini che mi avevano portato alla rêverie.
"Mamma, papà!" sussurrai.
"Prova solo ad andartene, e non li rivedrai mai più." Ringhiò la donna.
Non avevo scelta, non potevo fargli questo. Li guardai, avevano i volti stanchi, erano sofferenti, ed era solo colpa mia. Mille pensieri mi riempirono la mente, ma solo una era la cosa giusta da fare.
Mi girai verso James che mi stava guardando. Gli sorrisi, e le lacrime raggiunsero le mie labbra. Volevo fargli capire che andava bene così, che andava tutto bene, era giusto che lo facessi, per la mia famiglia, per i miei genitori che mi avevano dato la vita.
Scuoteva la testa.
"No, no Meg che stai facendo." Sussurrò.
Una calma inaspettata mi raggiunse, anche se i miei occhi continuavano a mostrare la mia paura. Gli sorrisi un'ultima volta.
"Prenditi cura di loro James." Dissi, senza che mi sentisse e poi mi presero una volta per tutte.

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