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Per arrivare al circuito d'America, ci ho impiegato almeno un'ora in più. Non so quante strade ho sbagliato a causa della mia poca attenzione al navigatore. Ero intenta a sfogare la mia agitazione cantando l'intero album Formation di Beyoncé.

Perdo un altro quarto d'ora per trovare un parcheggio largo e semplice per le grandi dimensioni del pick up del nonno. Dopo varie imprecazioni, riesco nell'impresa e finalmente scendo. Guardo da lontano il grande circuito, il mio cuore batte sempre più forte. Carlos sarà felice di vedermi o penserà che sono una stalker squilibrata? Al diavolo, anche lui mi ha raggiunta in Svizzera all'improvviso. Si Dafne, la sua sorpresa però non comprendeva dieci ore di aereo.

Cerco di zittire la vocina nella mia testa e mi incammino con passo deciso verso gli ingressi. Un po' come un cerotto, più strappi in fretta meno farà male.

Mi imbatto in controlli più serrati rispetto al solito, soprattutto perché questa volta non c'è il mio nome nella lista degli ospiti. Per fortuna uno dei meccanici Ferrari che passava di lì mi ha riconosciuta e mi hanno fatto entrare.

Già stavo immaginando la telefonata con Carlos se avessi avuto difficoltà "hey Carlos, passavo per Austin e ti sono venuta a salutare!'' Sarebbe stato comico e imbarazzante.

Una volta incamminata verso la zona Ferrari, mi rendo conto di stare respirando a malapena. Il numero 55 del suo box è sempre più vicino, ho bisogno di un attimo per prendere coraggio.

Faccio gli ultimi passi quasi correndo facendo girare tutto lo staff intorno alla monoposto di Carlos, alcuni mi fanno un cenno di saluto e io ricambio con un sorriso nervoso.

«Dafne! Ma che sorpresa! Non sapevo saresti venuta fin qui!» Charles mi fa trasalire, si è affacciato dal suo box accanto, sorrido anche a lui nervosamente e inizio ad intrecciarmi le mani. Siamo alle solite.

Mi porto i capelli da un lato e mi scorgo per salutarlo schioccandogli un bacio sulla guancia

«Ciao Charles! Devo dire che anche io sono ancora incredula ad essere qui... sono venuta a trovare i miei nonni a Houston» fare la finta disinteressata non è una mia virtù, mi si legge in faccia che è una scusa grande quanto il circuito alle nostre spalle. Charles sembra percepire il mio timore di chiedere di Carlos e mi precede

«Vai di sopra e gira a destra. Sono sicuro che sarà felice di vederti» mi da una pacca sul braccio e mi sorride complice. È in grado di calmare in qualche modo anche me tanto che sento i muscoli del viso rilassarsi.

Ad ogni passo che mi avvicina a Carlos, sento le mie gambe sempre più molli. Sono emozionata e nervosa al tempo stesso. Mi ero ripromessa di essere forte, di essere una dura, al diavolo gli uomini dicevo. Certo come no. Carlos mi ha mandato in pappa il cervello e ha fatto impazzire il mio cuore. Maledetto spagnolo dagli occhi profondi.

Busso con poca convinzione alla porta

«Charles, ho detto di lasciarmi stare!»

Non avevo mai sentito Carlos così scorbutico prima d'ora, mi fa trasalire e reprimo la voglia di fare marcia indietro e tornarmene da dove sono venuta. Mi faccio coraggio e apro piano la porta

«Carlos...»

Carlos scatta in piedi, è ovviamente incredulo ma non mi sembra infastidito a vedermi.

«Dafne, ma...»

«Sorpresa!» Dico con una voce stridula e nervosa, indicandomi con le mani

«Come... Cosa ci fai qui? Come ci sei arrivata da sola?»

Lo guardo indispettita «Partiamo dal presupposto che prendo aerei da sola da quando avevo tredici anni e poi me la so cavare da sola in ogni caso...»

I need you to stay || Carlos SainzDove le storie prendono vita. Scoprilo ora