CAPITOLO DUE

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Oggi è il giorno del test attitudinale,test al quale tutti noi ragazzi di sedici anni siamo costretti a sottoporci. Esso dovrebbe indirizzarci verso la scelta giusta, dovrebbe aiutarci a scegliere la giusta fazione per noi. Di solito quella che viene indicata è anche quella che si sceglie, ma non sempre. Infatti, se io non risultassi adatto per gli Eruditi li sceglierei comunque. Dopo questa piccola riflessione mattutina, mi dirigo insieme a Beatrice verso l'autobus che ci porterà alla sede dei Livelli Superiori, la più vecchia fra le tre scuole della città, nella quale si terrà il test. Mia sorella sembra molto nervosa, ed io lo sono altrettanto, anche se tento in tutti i modi di non darlo a vedere. Infatti quando lei mi chiede «Non sei per niente preoccupato di quello che ti diranno?» io rispondo in maniera,mi auguro, disinvolta «Tu si?». Spero che non abbia capito che in realtà sono terrorizzato.Giunti lì, dopo le lezioni, ci dirigono verso la mensa, nella quale dobbiamo aspettare finché non arriverà il nostro turno. Ci sediamo ad un tavolo con la nostra vicina Susan, ed aspettiamo. Non parliamo, perché gli Abneganti sono tipi di poche parole, e parlano quindi, solo quando è estremamente necessario. Conto i minuti ed i secondi, e finalmente, dopo appena dieci minuti, vengo chiamato. Con un cenno della testa saluto Beatrice e mi dirigo verso la stanza nella quale si svolgerà il mio test. Entro: davanti a me una poltrona con lo schienale reclinabile con alle spalle una scrivania munita di computer, inoltre noto che tutte le pareti sono ricoperte da specchi. Guardare il mio riflesso mi mette a disagio, perché noi Abneganti ci concediamo solo una volta al mese per specchiarci: la vanità è una grave colpa. Adesso riesco ad osservarmi meglio dato che a casa abbiamo solo un piccolo specchio in bagno. Mi rendo conto di essere molto alto per avere solo sedici anni, ho i capelli spettinati e neri, gli occhi verdi e le fossette; assomiglio molto sia a mio padre che a mia madre, ma per nulla a mia sorella. Indosso gli abiti larghi e grigi degli Abneganti che non mi donano per niente; quanto desidererei avere dei vestiti più adatti a me, e magari di un altro colore... Comunque sia, ad accogliermi nella stanza è un ragazzo non molto più grande di me. Indossa un abito azzurro e degli occhiali, tratti caratteristici degli Eruditi...che coincidenza.
«Ciao, mi chiamo Daniel e mi occuperò di supervisionare la tua prova» mi saluta. Ha un tono amichevole e questo fa sì che la mia agitazione diminuisca leggermente.
«Ciao, il mio nome è Caleb e sono un Abnegante» rispondo.«So già chi sei, e comunque sarebbe evidente, anche se qualcuno non lo sapesse, che sei un Abnegante» dice squadrandomi da capo a piedi. Non mi dà per nulla fastidio essere osservato,anzi.
«Siediti e rilassati, non c'è di che preoccuparsi» continua. Vado a sedermi,la pelle della poltrona è fredda, cosa che non contribuisce affatto a farmi sentire meglio. Nessuno può prepararsi al test, quindi non so cosa aspettarmi, così azzardo una domanda « Come funziona la simulazione?». Non posso proprio farci nulla, adoro venire a conoscenza di nuove cose. «Oh, un rigido curioso» odio quando ci chiamano così,a noi Abneganti, ma faccio l'indifferente «Comunque» continua lui «attraverso l'ingerimento di un liquido, si trasmettono al cervello alcune situazioni, nelle quali dovete agire come meglio credete. Tutto quello che fate, viene trasmesso nello schermo del computer, il quale a sua volta elabora una soluzione, che in questo caso è la fazione più adatta alla personalità della persona». È un processo abbastanza complesso, e mi piacerebbe molto approfondirne lo studio.Teoricamente, non dovrebbe dirmi queste cose, perché è contro le regole, ma non glielo faccio notare.«Oh, sembra complicato, ma allo stesso tempo è affascinante» dico. Un'espressione d'incredulità si disegna sul volto di Daniel «Mi stai stupendo sempre di più, e sarebbe un vero piacere continuare a conversare con te, tuttavia altri ragazzi stanno aspettando in questo momento, quindi è ora» dice porgendomi una fiala contenente un liquido trasparente. Mi accorgo solo adesso che, mentre parlava, attraverso dei fili, mi ha collegato al computer.
So già cosa fare, quindi ingerisco il liquido e poggio le spalle allo schienale della poltrona. Mi rilasso e chiudo gli occhi. Daniel non parla più , e, dopo qualche secondo, capisco che la simulazione è iniziata. Non mi trovo più nella stanza. Sono nella mia camera.

The Divergent series: CalebDove le storie prendono vita. Scoprilo ora