CAPITOLO QUATTRO

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È buio, non vedo nulla. Mi sto rendendo conto di aver sparato a mia sorella, ho ucciso mia sorella; non posso crederci. Urlo per la disperazione, ma poi una voce mi riporta alla realtà «Svegliati Caleb. La simulazione è terminata». Capisco subito che è Daniel a parlarmi, così inizio leggermente a rilassarmi. Apro gli occhi e l'intenso bagliore della stanza a specchi mi acceca. Noto che ho le mani sudate e sto tremando. Allora non era reale, non ho veramente mentito ad i miei genitori, ma soprattutto non ho ucciso Beatrice. Adesso che ho scoperto la verità sono molto più sollevato, ma non per questo smetto di tremare. «Sembrava tutto così reale!» esclamo ansimando. Daniel sta armeggiando con il computer e, quando alza il suo sguardo su di me, sorride dicendomi «I miei complimenti rigido». Non riesco a capire cosa intenda dire e, non riesco nemmeno a capire se è serio o mi sta semplicemente prendendo in giro. Non credo di avere una bella cera, e l'espressione di perplessità che si dipinge sul mio volto, mi permette di ricevere una risponda alla domanda che, silenziosamente, ho fatto. «Hai tutti i requisiti richiesti per entrare a far parte della mia fazione» dice Daniel stupendomi. Credo di aver frainteso, quindi chiedo «Quindi sono risultato aderente alla fazione degli Eruditi?». Quel ragazzo, che fin dal primo momento mi ha trasmesso simpatia e sicurezza, mi stupisce per la seconda volta nell'arco di due minuti «Aderente è troppo diminutivo, sei stato perfetto: un perfetto Erudito». Sorrido come uno stupido, sono al settimo cielo «Presto saremo quindi compagni» dico. Daniel sembra felice quasi quanto me «Non vedo l'ora».
Esco dalla stanza della simulazione e ritorno alla mensa. Sono molto soddisfatto, perché la prima metà del mio piano è andata a buon fine. Però, quando incontro lo sguardo di Beatrice, il panico che ho provato al termine della simulazione ritorna. Mi siedo accanto a lei strofinandomi le mani sui miei pantaloni grigi per asciugare il sudore e, ricomincio a tremare. Quello che ho fatto a mia sorella all'interno della simulazione è orribile, e la cosa ancora più orribile è che, se fosse necessario, lo farei anche nella vita reale. Non riesco a reggere il suo sguardo. Subito, per il turno successivo, vengono chiamati due Intrepidi, due Eruditi, due Pacifici, due Candidi ed infine due Abneganti: Beatrice e Susan. Non riesco a guardare nemmeno lei dopo quello che mi ha costretto a fare suo fratello all'interno della simulazione, anche se soltanto in una simulazione. Fisso le mie mani e aspetto che le ragazze entrino nelle loro stanze per alzare lo sguardo.
Non so nemmeno quanto tempo aspetto e, molti pensieri mi passano per la testa. Ad esempio, da un po' di tempo penso a Susan, a quanto mi piaccia, e anche a come questo sentimento che nutro non potrà essere coltivato a causa della distanza che si verrà a creare dopo la scelta di domani. È proprio lei che torna per prima. Sembra un po' tesa, ma mai come me, quindi mente aspettiamo Beatrice, parliamo del più e del meno, accennando qualche ingenuo sorriso: gli Abneganti hanno uno strano modo di flirtare. Parlando, non ci accorgiamo che è già passata più di un'ora da quando mia sorella è entrata e che sono ormai rimasti solo pochi ragazzi in mensa. Decidiamo quindi di tornare a casa, magari Beatrice è già lì. Quando infatti arrivo con Susan e Robert, dice noi che si è sentita male a causa del liquido che ci hanno fatto ingerire e l'hanno quindi mandata a casa in anticipo. I nostri vicini potranno anche bersi questa storia, ma io no. Infatti, quando rientriamo in casa, le chiedo di dirmi la verità. Ho bisogno di sapere cosa le è successo sia perché le voglio un bene dell'anima, sia perché voglio essere certo che quando io me ne andrò, i miei genitori non rimarranno soli. Lei però capovolge la faccenda, chiedendo invece a me, dell' esito del mio test. Non rispondo, ed alla fine le prometto che non racconterò a mamma e papà ciò che è successo oggi. La aiuto poi a preparare la cena, durante la quale la riprendo più volte per il suo comportamento insistente; non posso proprio farci nulla, se qualcuno infrange le regole, mi sento in dovere di correggerlo o di punirlo. Dopo aver cenato, i nostri genitori ci mandano in camera più presto del solito, per permetterci di riflettere sulla scelta di domani. Arrivati in cima alle scale, fermo Beatrice e le dico la cosa più sincera che mi venga «Dobbiamo pensare alla nostra famiglia... Ma anche a noi». Le dico questo, perché desidero che domani faccia la scelta giusta e che, non si faccia condizionare dall'amore che prova, bensì dai suoi istinti. Voglio che possa scegliere senza sentirsi in colpa, libera di essere sè stessa, libera. Questo, è ciò che sarò io dopo aver cambiato fazione: una persona migliore, una persona libera.

The Divergent series: CalebDove le storie prendono vita. Scoprilo ora