Dodici

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Otto mesi.

Quello era il tempo che Adeen aveva passato ad Azkaban.

Otto mesi, non capì se si aspettava che fosse passato più o meno tempo.

In quel momento era sull'Hogwarts Express inseme a una decina di Auror.

Avevano deciso di mandarla subito nel castello dandole in tempo solo di farsi un doccia e cambiarsi.

Tamburellava nervosamente le dita sul tavolo e il piede si muoveva facendo tremare tutta la gamba in segno di stress.

Non aveva chiuso occhio da quando era uscita da Azkaban.

Aveva paura, anzi, era terrorizzata dalla possibiltà che quello fosse tutto un sogno e che in realtà era ancora in quella cella.

Perciò cercava di non dormire, non che le risultasse complicato.

Un'infermiera l'aveva visitata, sia fisicamente che psicologicamente.

Le aveva medicato tutte le ferite e per poco non le aveva fatte cicatrizzare, ma Adeen la fermò prima.

Il dolore le faceva capire che era tutto reale, cicatrizzando le ferite non avrebbe più saputo distinguere il sogno dalla realtà.

Le avevano fatto una miriade di domande.

"«La situazione che hai vissuto è stata un'esperienza possibilmente traumatica. Vorrei sapere come ti senti.»

Non lo voleva sapere davvero, erano solo domande che era costretta a ponere e a cui Adeen era obbligata a rispondere.

«E io vorrei sapere come mai questo cibo fa schifo, ma non sempre quello che vogliamo corrisponde a quello che riceviamo.»

Adeen non aveva ancora mostrato il suo classico sorrisetto provocante, aveva solo fatto qualcuna delle sue immancabili battute.

Di fatto il suo viso era rimasto per la maggior parte del tempo spento e neutro, anche i suoi occhi non trasmettevano nulla.

Poteva dire tutte le battute che voleva ma per ritornare se stessa aveva bisogno di tempo.
Forse non sarebbe mai tornata come prima.

«Adeen, sai che dovrai parlarne con qualcuno.»

Alzò leggermente le sopracciglia osservando la psicologa.

«E quella persona sarebbe lei? Mi faccia il piacere. Questa -indicò l'ambiente circostante- è solo una prova per testare la mia sanità mentale.
E sorpresa, sto bene. Non mi metterò ad arrostire il primo primino che mi chiederà dov'è il cesso.»

La donna prese un sospiro, le era capitato di avere pazienti riluttanti a raccontare i propri sentimenti. Ma nessuno era come la ragazza davanti a lei.

Si era costruita un muro a base di sarcasmo e scontrosità.

Non sarebbe stato facile abbatterlo.

«Va bene, per ora sorvoliamo l'argomento. Dimmi, cosa ti ha detto l'infermiera prima?»

Adeen si mise comoda, con la schiena contro uno dei braccioli e le gambe poggiate sull'altro.

Buttò la testa all'indietro e chiuse gli occhi.

«A quante pare sono, che parole aveva usato? Ah ecco, un pericolo per me stessa e per gli altri. Enfatizzando particolarmente per gli altri. Bah, quanta diffidenza.»

«Da quello che vedo c'è scritto che non dormi da tre giorni.»

Adeen la fermò aprendo gli occhi e alzando l'indice come per correggere la donna.

Cenere nel vento //Sirius BlackDove le storie prendono vita. Scoprilo ora