iii/viii ━━ 𝘈 𝘨𝘪𝘳𝘭 𝘮𝘢𝘥𝘦 𝘰𝘧 𝘤𝘪𝘯𝘯𝘢𝘮𝘰𝘯 𝘳𝘰𝘭𝘭𝘴

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TERZO PROMPT:Beauty is like a summer fruit & Love is unconditional

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TERZO PROMPT:
Beauty is like a summer fruit & Love is unconditional

Chi e cosa: Manami chiede a Levi di intrecciarle i capelli.
Dove e quando: tra la seconda e la terza stagione, sempre al rifugio tra i boschi.
Avvertenze: nessuna in particolare.
Words count: 2800.


Un lago dalla superficie immacolata. La patina traslucida che separava il mondo acquoso da quello reale era stabile, immobile, cristallina. Tutto intorno a questo lago, in quel momento, era avvolto dalla foschia. Ma non si trattava di una nebbia densa, soffocante, bensì di una sfumatura di celeste, quella che si innalza dalla terra durante le mattine di primavera e che colma i polmoni d'aria fresca. Tale era l'animo di Levi, mentre con smodata cura e dedizione passava quel panno sulla pelle consunta dello stivale. Le sue pupille, ristrette a fessure per via della veemente luce che proveniva trasversalmente da ovest, erano incantate nell'osservare i movimenti circolari compiuti dalla sua mano. E allorché la sporcizia accumulata sulla calzatura svaniva, e lasciava spazio a un'area lucida e incontaminata, lui tirava un sospiro di sollievo, sentendo un peso sollevarsi dalle sue spalle. E le correnti del lago rimanevano placide. Nonostante fosse leggermente infastidito dalla rigidità della seduta che aveva scelto per svolgere quell'attività all'aperto - ciò che rimaneva di un vecchio albero tagliato, la parte inferiore del tronco, alta a sufficienza per sedervi comodamente - nulla poteva distoglierlo dall'attività sacra che stava portando a termine. Né gli schiamazzi dei ragazzi che si stavano allenando in lontananza, chi puliva le stalle, chi sistemava i rifornimenti, né i suoni della natura come il melodioso cinguettare degli uccelli; o ancora, neppure il fruscio del vento tra le foglie ingiallite delle querce che lo circondavano, dalle chiome rotondeggianti come batuffoli di cotone. E invece, il cielo era affatto terso, tinto di un color pesca dove il sole stava man mano calando, là oltre la corona di montagne.

Nulla avrebbe potuto distrarlo dalla sua attività vitale di pulizia, se non Manami.
Quando lei giunse saltellando alle sue spalle, le mani unite dietro la schiena e i boccoli ondeggianti a ritmo dei passi, portò con sé un'aria profumata della polpa delle pesche in piena estate, il calore degli ultimi raggi di sole che gli batté impetuosamente le gote e il petto. Levi arrossì, senza un motivo particolare, senza rendersene conto, come reazione naturale e ineluttabile del suo corpo vivo, in cui scorreva sangue bollente e viscoso.

Manami si sporse in avanti, osservando la sua attività da sopra il capo corvino. La sua voce, alterata da un tono birbante, lo richiamò lamentosamente.
«Leeevi?»
L'uomo rispose secco: «No.»
E continuò a lucidare la punta dello stivale. L'altro, l'aveva già perfezionato. Le labbra di Manami si incurvarono all'ingiù, gli occhi si strizzarono di poco e in quelle iridi di gemme si riflesse la figura dell'uomo.
«Ma non ho ancora detto niente!» Esclamò, dondolandosi tra i talloni e le punte dei piedi. Egli non la calcolò minimamente. Così lei storse il capo di lato, arricciò le labbra e il naso, chinandosi su di lui. Gli sussurrò all'orecchio il suo desiderio infantile, con un tono bambinesco e leggero.
«Levi...? Siccome prima mi hai sciolto i capelli, come ogni volta, ora potresti intrecciarmeli di nuovo? Almeno ti rendi conto di quanto tempo io ci metta...»
Finalmente il Capitano alzò la testa, ritrovandosi naso contro naso con Manami. Appiattì lo sguardo, fulminandola con fare impassibile.
«Cosa? No.»
La ragazza piagnucolò «Ma-»
«Non puoi chiedere, che ne so, a Eren?» Tornò a osservare la calzatura, smerigliandone le parti laterali.
Lo scrutò incuriosita, corrucciando le sopracciglia. Se l'aveva chiesto a lui, era perché voleva che fosse lui a intrecciarle i capelli, e nessun altro. E finché quel suo capriccio puerile non fosse stato accontentato, Levi sapeva che non si sarebbe sentito libero di proseguire con le pulizie.
«Eh? E lui che c'entra adesso?»
«Era sempre stato lui a legarteli, quand'eravate cadetti, no?»
«Già... ma non credo che Mikasa ne sarebbe molto contenta. Ora gli sta appiccicata tutto il giorno, per sorvegliarlo.» Fece spallucce, drizzando le spalle. L'uomo si girò per guardarla, dal basso in alto, con un baffo di vento che gli liberò la fronte dai ciuffi corvini. Manami immaginò come dovesse essere posare le labbra su quel tenero lembo di pelle.
«Non dirmi che hai paura di lei...» insinuò Levi, per nulla interessato alla faccenda.
«No.» Scosse il capo «Ma... credo di aver capito cosa si prova a vedere qualcuno che ronza sempre intorno alla persona... che si ama. Non voglio... darle fastidio. Tutto qui.»
Levi socchiuse le labbra. Ah, e aveva osato rivelarglielo con così poco pudore! A lui, che non era altro che il suo Capitano, perché mai avrebbe dovuto andare a confidargli un segreto tale? Cosa mai poteva importargli della sua stupida infatuazione per Eren, della rivalità con Mikasa? Amore, che uso inappropriato! E inutile! Che rilevanza aveva? L'indomani sarebbero potuti essere tutti in polvere e fumo, l'anima alla terra. Cos'era l'amore, in fin dei conti, se non un semplice aspetto della vita umana, così precaria come le foglie sugli alberi in autunno?
«Sei troppo piccola per fare discorsi del genere, mocciosa.»
La liquidò in questo modo, voltandole le spalle. Ma ella non se ne andò, e rimase lì, a osservarlo mentre con mani tutto d'un tratto tremanti tentava di eliminare quell'ultima macchia sulla pelle dello stivale. Lo udì imprecare sottovoce, perché quella sporcizia proprio non voleva accennare a svanire nel candore del panno. Si chinò di nuovo su di lui, facendogli percepire un manto di tepore alla schiena, una coperta posata lì, delicatamente, da parte di mani linde e leggiadre come piume, carezzevoli. Sulla nuca, le punte dei boccoli di lei gli sfiorarono la pelle, e il suo intero corpo rabbrividì. Cazzo. Si maledisse, in mente. Perché provava quella sensazione? Paralizzato.
Emise un pesante sospiro, quasi un lamento disturbato, quando la voce di Manami gli sfiorò il lobo dell'orecchio, e così tenera come un acino d'uva, supplichevole, che si dovette sforzare di non accasciarsi a terra, lì e ora. Ah, sembrava che lo travolgesse un'ondata di calore, come quando d'inverno si metteva innanzi al fuoco, e le fiamme divampavano, scottandogli le gote.
«Eddai...»
«No.»
«Per favore...»
«No.»
«Uffa.» sbuffò lei, un poco indispettita, ma non veramente offesa.
«Se ti devi lamentare, vattene. Devo finire qui e poi allenarmi.»
«Ho capito...»

komeroshi • waitingforaotDove le storie prendono vita. Scoprilo ora