extra/vii ━━ 𝘓𝘪𝘵𝘵𝘭𝘦 𝘒𝘶𝘤𝘩𝘦𝘭

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N/A: non io che mi rifaccio viva dopo quasi un anno così. comunque sia, altro extra, altro what if. sperando che qualcuno si caghi/ricordi ancora di Sunlight Puff. mi mancava davvero tanto scrivere di questa Manami.

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Da ormai vari minuti una pioggia di proiettili lasciava solchi nella pavimentazione del distretto di Liberio. Cadevano frammenti di vetro e deflagravano bombe in nubi di fuoco e polvere nera. Nubi dissolte dalle urla della gente e dall'impetuoso correre delle masse sotto il velo oscuro della notte - della morte.
Le strade tra l'area distrutta del porto e il centro, ove si era tenuto lo spettacolo di Willy Tybur appena prima della tempesta, erano desertiche. Si vedeva giusto qualche soldato scorrazzare qua e là in direzione dello scontro, l'arrivo saltuario di un carro armato carico di rifornimenti o truppe.
Dietro l'angolo di un palazzo, nell'oscurità, si celavano due figure femminee. Portavano ognuna un bagaglio a mano di pelle conciata. La bambina aveva il braccino in alto per farsi stringere la mano dalla donna, la quale la stritolava quasi, tenendola con fermezza dietro la protezione delle proprie gambe. Dalla gonna del cappotto blu che indossava spuntava la punta di una spada sottile, probabilmente appesa in vita.

Entrambe scrutavano l'orizzonte in fiamme; una con curiosità mista a timore per l'ignoto; l'altra con lo sguardo gelido e indifferente di chi ha assistito a scenari simili più di una volta nella vita. Sostava solo in attesa dell'arrivo di quel dirigibile, il respiro regolare, il battito del cuore sotto stretto controllo. Non avrebbe permesso a nulla di scuoterla - una promessa che si era fatta tempo addietro, quando aveva scoperto di covare in grembo il frutto di un amore perduto, e aveva comunque deciso di metterlo al mondo. Le immagini di quell'ultima notte di quattro anni addietro le scorrevano nella mente in attesa dell'arrivo del medesimo uomo.

Egli comparve fra i tetti degli edifici abbandonati quando il tumulto in lontananza si stava già placando. Arrivò accompagnato dal tuonare di un motore di forza spropositata; e fu seguito dall'origine di esso, ovvero la prua di un dirigibile metallico, attrezzato da guerra. I rampini in metallo frusciarono, la bambina sussultò nel vedersi comparire davanti quell'uomo, una figura di cui lei era l'esatta copia, seppur al femminile. Levi aveva i ciuffi corvini disordinati dalla battaglia e dal volo frenetico e grondava sudore sotto la divisa in latex nero come la notte; il mantello verde dell'Armata gli ondeggiava alle spalle come un'ombra; tra le mani incallite stringeva le fondine delle spade sguarnite. Dinnanzi alla giovane donna, eppure, il soldato più forte dell'umanità appariva un mero essere umano. Lei gli rivolse un cenno del capo, intercettando le iridi d'argento con le proprie, vedendo in esse il proprio riflesso luccicante, specchio e unica trapelazione di tenerezza di lui nei confronti del mondo. Subito, però, Levi si chinò a prendere tra le braccia la bimba e la sollevò, saldamente, tenendola stretta attorno il proprio busto, un braccio che le passava sotto il sedere e la gonnellina rosa. Manami gli passò la valigetta e diede una carezza sulla schiena alla bimba, tra i fluenti capelli corvini disciolti in boccoli.

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