extra/i ━━ 𝘕𝘰𝘴𝘵𝘢𝘭𝘨𝘪𝘢

118 7 23
                                    

━━

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

━━

Anno 837,
distretto di Shiganshina

I raggi del sole penetravano i vetri lindi delle finestre e si depositavano, con le loro particelle dorate, sulla schiena dell'uomo. Egli sedeva alla propria scrivania, indossando la divisa ricamata di stemmi a doppie ali, e compilava vari fogli di pergamena. Sotto gli occhi, oltre la piuma, la boccetta d'inchiostro e vari bozzetti preparatori, stava realizzando anche il disegno definitivo della sua invenzione. Probabilmente ci sarebbero voluti ancora anni prima che venisse approvata dalle alte sfere, e che l'intero esercito fosse disposto a dovere, ma l'idea era lì nella sua testa. Ora stava lavorando nel metterla per iscritta. La punta della piuma scorreva sul foglio, lasciandosi dietro un'armoniosa linea calligrafica. Il sole illuminava la capigliatura bionda, gli scaldava la nuca. Era piena primavera, e nelle campagne nei pressi del distretto i prati ricominciavano a fiorire. I rami degli alberi a rivestirsi di gemme verdi. Gli uccellini svolazzavano e cinguettavano allegri nell'aria che odorava di erba appena tagliata.
Le lancette dell'orologio scorrevano a una velocità normale. Lenta, ma piacevole. Erano pochi i momenti in cui Erwin, facendo parte dell'Armata Ricognitiva, poteva godere di tali attimi. L'indomani era programmata una missione fuori dalle mura, dato il bel tempo.

A un certo punto, qualcuno bussò alla porta del suo ufficio. Tra la sua scrivania ed essa c'erano un paio di divanetti con al centro un tavolino. Le pareti laterali erano rivestite di librerie, colme di libri e vecchi registri.
«Avanti.»
Alzò la testa dai fogli e vide un individuo dalla capigliatura rossiccia fare capolino dai battenti in legno. L'espressione seria del biondo si ammorbidì all'istante, non appena vide una piccola creatura fra le braccia dell'uomo. Egli sorrise, schiudendo gli occhi, e lo salutò con la mano libera. Con l'altra teneva stretta a sé una bambina. Entrambi i nuovi arrivati indossavano vestiti civili - lui, una leggera camicia azzurra con dei pantaloni beige, lei un vestitino del colore dei fiori di ciliegio che le lasciava scoperti i teneri polpacci e le braccine sottili. Una cascata di boccoli rossi le ricadeva lungo la schiena. Due occhioni blu come gemme si puntarono subito sulla figura di Erwin, scrutandolo incuriositi.
«Caposquadra Erwin Smith.» salutò Akio, con il tono ironico di un padre orgoglioso. Serrò dietro di sé la porta e s'avvicinò alla scrivania dell'amico. Il sorriso di quell'uomo era qualcosa di contagioso. Ogni aspetto del suo corpo, i suoi gesti e modi di fare, emanavano un'aura di gentilezza assoluta. Era capace di far sentire leggere come nuvole anche le persone che custodivano, in realtà, i peggiori peccati.
«Siediti,» disse Erwin, balzando in piedi per afferrare una sedia e metterla innanzi al tavolo «Dimmi un po' come vanno le cose. Posso offrirti del tè?»
L'altro scosse il capo, si massaggiò la nuca «Oh, no, ti ringrazio. Siamo appena stati a prenderlo in quel locale all'angolo. Vero, Mani
Con l'indice picchiettò la punta del naso della bimba. Lei stringeva forte tra le dita il tessuto della sua camicia. Alzò il capo e annuì piano.
Erwin sogghignò «Sai, non so quanto sia salutare, dare del tè a bambini così piccoli.»
«Ehy!» esclamò imbarazzato Akio, alzando una mano come per giustificarsi «Ormai ha più di un anno, e poi sembra piacerle molto...»
La dondolò un po' tra le proprie braccia, avvolgendola come fosse stata il fulcro della sua vita. Erwin sorrise istintivamente nel vedere quei semplici, piccoli gesti. Akio aveva fatto una scelta, e sapeva che non se ne sarebbe pentito. Era nato per fare del bene ad altre persone.
«Oggi Komachi è andata a trovare dei suoi parenti, che abitano lontano da qui... quindi sono passato a farti visita. Tu che mi dici, piuttosto, Caposquadra?» mise un accento sull'ultima parola «Hai anche un ufficio tutto tuo, adesso, per confabulare le tue teorie senza che altri ti diano noia. Quasi non mi facevano passare, le guardie! Come se io e questa piccoletta fossimo una minaccia.»
Erwin sospirò divertito, abbassò lo sguardo «Già. È accaduto di recente, perciò non ho potuto dirti nulla prima. Mi dispiace.»
Akio scosse il capo «Non importa. Piuttosto, a cosa stai lavorando? Sembrano piani interessanti...» disse, scrutando fra i vari ammassi di fogli che colmavano la scrivania dell'ex compagno d'armi.
Il tono di Erwin si rifece serio «È quella formazione ad ampio raggio di cui ti accennai tempo fa.»
«Oh, quella!»
«Sì. Sto cercando di metterla a verbale, però...»
«Il maltempo è un problema non sottovalutabile, con i fumogeni, eh
«Già.»
«Sono sicuro che troverai una soluzione.»
«Ti ringrazio.»
I due si guardarono. Erano trascorsi alcuni anni da quando le strade delle loro vite si erano separate, eppure... eppure riuscivano sempre a intendersi come se non fosse passato un solo giorno.
«Hanji dov'è?» domandò il rosso. Erwin sospirò e fece spallucce con fare drammatico.
«A fare delle ricerche, suppongo.»
Akio accennò a un sorriso «Come suo solito. Di recente avete scoperto nulla di nuovo?»
Erwin negò con la testa. Lo sguardo dell'amico si rabbuiò.
«Capisco.»

«E lei, come se la passa?»
Erwin accennò alla creaturina angelica arrampicata tra le braccia dell'amico. Ella guardava il padre dal basso in alto, con una sorta di ammirazione. Gli occhi le brillavano, lo scrutava come incantata. Era follemente innamorata del proprio padre. Ma in realtà era difficile non esserlo, per chiunque lo conoscesse.
L'espressione di Akio si sciolse, abbassò lo sguardo sulla bambina e le carezzò la testa con una mano «Oh, lei? Lei se la passa benissimo. Ha una passione per i fiori. Starebbe intere giornate a raccoglierli. Ma è ancora piuttosto timidina... eh?» le diede un lieve pizzico sulla guancia e lei arrossì, arricciò il naso. A un tratto, Manami si staccò dalla presa del padre e balzò giù. Lui tentò di acciuffarla, senza smuoversi dalla propria seduta, ma lei... si era già avviata. Quella testardaggine l'aveva di sicuro ereditata dalla madre.
«Ei, Mani... sta' attenta.» l'avvisò gentilmente, quando vide che lei stava raggirando la scrivania, e aveva raggiunto la sedia di Erwin. Quest'ultimo aveva gli occhi leggermente sgranati «Oh, non mi avevi detto che aveva imparato a camminare. Sta davvero diventando grande...»
La bambina, come consapevole che stavano parlando di lei, arrotondò gli occhi e alzò le braccine in alto, verso l'uomo. Erwin storse di lato la testa e si chinò. La sollevò, mettendosela in grembo. La cingeva in maniera incerta - era forse la prima volta che teneva in braccio un bambino in tutta la sua vita - ma lei fece tutto da sola. Allungò le mani verso il medaglione che Erwin portava al collo e lo accarezzò delicatamente con le dita. Si sistemò meglio su di lui, così da poter guardare la pietra verde smeraldo da vicino vicino.
Akio tirò un sospiro di sollievo. Probabilmente quel medaglione le ricordava gli occhi di Komachi.
«Già, è successo qualche mese fa. Quando ha nevicato, sai... si è tirata in piedi per prendere i fiocchi di neve, e poi quando ha ricominciato a fare bel tempo... si è data alla rincorsa delle farfalle.» ridacchiò, accarezzandosi la testa con una mano. Erwin non poté non imitare il suo sorriso: «I bambini sono gli esseri più puri di questo mondo in cui viviamo... e tra i più curiosi. Mi domando da chi abbia preso Manami.»
Gli rivolse un'occhiata d'intesa e Akio arrossì visibilmente, scosse il capo, alzò le mani «O-oh io n-non ne so assolutamente nulla, te l'assicuro!»
La piccola voltò il capo per guardare il padre ed Erwin si ritrovò solleticato da quella massa di boccoli color cannella. Quella bambina era lo stampo di Akio, anche se alcuni comportamenti ricordavano vagamente quelli della madre. Era ancora troppo presto per decretarlo con certezza. Akio si mise in piedi lentamente, le labbra piegate all'insù.
«Faremmo meglio ad andare. Ti lascio ai tuoi piani.» disse. Manami colse subito il messaggio e discese dalle gambe del biondo; lui l'aiutò, tenendole le mani. Erano così piccole e candide. Ella, allora, balzellò verso la figura del padre e gli strinse teneramente due dita fra cinque delle proprie.
«Ci vediamo.» disse Akio, avvicinandosi alla porta.
Erwin sospirò, abbassò gli occhi. «Me lo dici sempre, eppure... non puoi sapere se ci rivedremo o meno.» constatò, la voce un po' abbattuta. L'altro, tuttavia, mostrò uno di quei sorrisi che sono capaci di cancellare ogni male dalla faccia della terra.
«Ma che dici? Sei troppo risoluto a realizzare il tuo sogno per farti divorare vivo da un gigante.»
«Allora perché vieni a trovarmi ogni volta prima di una missione?»
Akio ci mise un attimo a rispondere, ma ritrovò una scintilla di provocazione.
«Per farti i miei auguri, Caposquadra
Le spalle di Erwin si rilassarono, lui fissò il vuoto innanzi ai propri occhi. Si schiarì la gola con fare autoritario.
«In tal caso, ti ringrazio.» rispose, il tono greve. Akio sogghignò e aprì la porta. Strinse la mano della figlia e indicò Erwin.
«Saluta... ciao ciao, Erwin
Mani lo salutò con un gesto della mano. Il biondo lo ricambiò, sentendosi inondato di un'improvvisa vampata di tepore.

Quando si ritrovò di nuovo solo nella propria stanza, il cuore batteva un po' più vivacemente di prima.

━━

komeroshi • waitingforaotDove le storie prendono vita. Scoprilo ora