extra/v ━━ 𝘊𝘰𝘱𝘪𝘯𝘨 𝘸𝘪𝘵𝘩 𝘵𝘳𝘢𝘶𝘮𝘢.

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Dopo la fine della guerra, Manami aveva provato soltanto una volta ad approcciare la sfera dell'erotismo, con Levi, e senza ottenere grandi risultati.

Si trovavano ancora sul continente Marleano, in una di quelle piccole tende tutte ammucchiate sul terreno scavato dalle impronte dei colossali, poco dopo la marcia; era sera e si erano tutti ritirati per riposare. Il giorno successivo, come quello precedente e quello appena concluso, sarebbe stato colmo di lavori per la riorganizzazione e la ricostruzione di un minimo di civiltà. Era estate, quasi autunno, e tra le malleabili pareti di tela verde scuro i due giacevano uno vicino all'altro - per l'esattezza, sarebbe più corretto dire che Manami era stesa sul corvino, prestando attenzione a non pesargli troppo sul fisico affaticato. Portava ancora i rimasugli delle ferite della lancia fulmine, benché ormai fosse un ricordo che pareva lontano epoche intere. I seni di lei, coperti dalla canotta, gli premevano contro il petto abbassato, i muscoli nudi che assorbivano simili a oro la flebile luce di una lanterna posta lì vicino. I riccioli della giovane donna ricadevano ai lati della sua testa, se ne attorcigliava una ciocca fra le dita della mano sinistra; la destra, con qualche elemento mancante, era impegnata a carezzare docilmente la guancia di lei, mentre le loro labbra erano in contatto. Manami gli cingeva il mento, e a un tratto lo spinse di poco verso il basso per far scivolare la lingua nella sua bocca calda che sapeva di tè; Levi la lasciò fare tranquillamente, anzi, alzò il capo dal cuscino improvvisato per andarle in contro. Trovava soddisfacente come non mai il percepire la saliva di lei miscelarsi alla propria, quei due muscoli massaggiarsi e intrecciarsi, gli toglieva dalla gola una sete che non sapeva di avere in quanto uomo. Percepiva il cuore contrarsi forte nel petto, battergli vigorosamente contro la cassa toracica, si sentiva infiammato. Malgrado ciò, non appena sentì gli sfioramenti di Manami farsi sempre più verso il basso, dai fianchi all'addome scoperto sotto l'ombelico, e quando il palmo di lei si posò sul cavallo dei pantaloni, ebbe un fremito ghiacciato. Si raffreddò all'istante, scosso da un fulmine di terrore nell'occhio. E fissò il soffitto tinto dalla fiammella aranciata, bloccando prontamente il polso della ragazza. Glielo strinse fino a farle male, quasi, lo sapeva: era l'unico modo che conosceva per farla fermare. Di sicuro non intendeva fare una cosa del genere nella tenda sudicia in cui si ritrovavano, e poi non era ancora pronto. Rimase inerme, finché lei non si scostò, accasciandosi al suo fianco. Gli circondò il torace con un braccio, l'altro sotto la sua testa, e incastrò il capo del corvino nell'incavo del proprio collo. Gli schioccò un bacio sulla tempia sinistra e si lasciò andare al sonno. Poco dopo, i suoi respiri erano cadenzati e regolari. Levi continuava a guardare fisso in alto, incapacitato a riposare.

Dopo quel primo, fallimentare tentativo, Manami non tentò più di toccare Levi. Aveva recepito chiaro e forte il messaggio, e comunque non avevano molto tempo libero da impiegare in dilettevoli attività. Si baciavano, dormivano stretti uno all'altra, si lavavano la schiena a vicenda, ma mai nessuno dei due osava accennare a quanto accaduto quella sera.
Questo andò avanti finché, quasi mezzo anno dopo la fine della guerra, non andarono a vivere insieme in un paese ai margini del mondo, sulle coste settentrionali di Hizuru. Lì avevano la loro piccola e accogliente casa in stile orientale, composta di un cucinotto con tavolo da pranzo, un salone con camino all'occidentale, sofá e librerie, e una stanza da letto al piano superiore, con tanto di toilette con vasca da bagno. Intorno alla dimora, un bel giardino verde interamente da adornare di fiori e piante.
La vita non era mai stata tanto florida prima d'allora, per i due. Fu proprio trascorrendo giornate solo in compagnia della giovane dama, svegliandosi al suo fianco e assopendosi allo stesso modo; alternandosi per le pulizie della casa e la preparazione dei pasti; organizzandosi per la decorazione del giardino e i bagni serali - che Levi sentiva il tempo scorrere. Tic tac, tic tac. L'ora del giudizio si avvicinava man mano di più, e lui non aveva idea di quando sarebbe arrivata. Ma era certo che sarebbe successo, era inevitabile: dopotutto Manami pretendeva determinate cose da lui, in quanto l'aveva scelto come suo compagno. Si trattava di avvenimenti normali fra coniugi che condividono lo stesso tetto con tanta intimità, e Levi non riusciva proprio a capire cosa pensasse Manami di tutto ciò. Stava forse aspettando? Credeva che dovesse essere lui a fare la prima mossa? Ogni volta che ci pensava e stavano abbracciati in silenzio sul divano, davanti al camino, Levi non poteva fare a meno di sentirsi nauseato. Aveva un masso enorme sulle spalle, un greve peso che gli impediva di deglutire un sorso di tè con facilità; in quell'ultimo periodo, oramai, guardava gli occhi della rossa il meno possibile, la sfiorava poco, impaurito che i propri gesti potessero alludere ad altro. Era terrorizzato. Prima o poi sarebbe dovuto succedere - continuava a ripetersi. E si preparava mentalmente all'infausta eventualità. Se era ciò che Manami voleva, gliel'avrebbe dato, l'avrebbe resa felice anche al costo di soffrire un pochino. Non poteva essere così terribile fare l'amore con la propria donna, no? Era certo di aver passato cose ben peggiori, nella vita, che quello non sarebbe stato nulla. E poi Manami era bella, bellissima, pulita, profumata, calda...

komeroshi • waitingforaotDove le storie prendono vita. Scoprilo ora