extra/iii ━━ 𝘗𝘭𝘦𝘢𝘴𝘦 𝘭𝘦𝘵 𝘮𝘦 𝘭𝘰𝘷𝘦 𝘺𝘰𝘶

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Attenzione: rating rosso
Contenuto non canonico nella fanfiction, solo ipotetico: come sarebbero andate le cose, se Manami non fosse stata portata via dal gigante carro?

Attenzione: rating rossoContenuto non canonico nella fanfiction, solo ipotetico: come sarebbero andate le cose, se Manami non fosse stata portata via dal gigante carro?

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«Uhm... chissà dove sono finiti...» borbottò fra sé e sé Hanji, mentre stringeva meglio le cinghie della sella del proprio cavallo. Diede un'occhiata all'orologio che portava al polso. Ammesso che segnasse l'ora giusta, e che si fosse ricordata di ricaricarlo, be', Levi e Manami erano in ritardo in un buon quarto d'ora rispetto a lei. Si erano accordati per partire dopo pranzo per andare a supervisionare l'andamento dei lavori alla ferrovia. Hanji stessa aveva ritardato di venti minuti, perciò in totale i due si erano assentati per più di mezz'ora. Svaniti nel nulla. La donna fece un'espressione un po' amareggiata, con il labbro inferiore sporgente, e si diresse a grandi passi verso i dormitori dei Capisquadra. Le era sorta in mente una peculiare intuizione, qualcosa di mistico, fuori dal normale, di spaventoso a dir poco. Lei di solito non pensava a queste cose, si trattava di argomenti che le creavano un certo disagio interiore, attività di coppia di cui non voleva assolutamente sapere nulla... ma i segnali c'erano tutti. Dopo la spedizione di Shiganshina, Manami e Levi si erano avvicinati a un livello quasi morboso: dove c'era uno, trovavi sempre l'altra e viceversa. Si tenevano sempre a distanza ridotta, dove non c'era possibilità di perdersi di vista; non appena uno dei due si feriva, o aveva un atteggiamento anomalo, l'altro si preoccupava sempre in maniera ossessiva nei suoi confronti. Manami aveva rifiutato la promozione a Caposquadra pur di poter rimanere a combattere al fianco del corvino durante le missioni, quelle per la liberazione del Wall Maria dai giganti rimasti. In più, spesso, mentre le si parlava, la rossa non prestava attenzione, sembrava disinteressata, con la testa da un'altra parte. Ovviamente tale comportamento era diffuso in tutti gli animi dei pochi ragazzi sopravvissuti alla spedizione, per motivi ovvi. Però Hanji non aveva potuto far a meno di notare come l'attaccamento del Capitano verso Manami si fosse accentuato. In più, come stava accadendo in quel momento, a volte sparivano senza lasciar traccia dei loro spostamenti. Come se non volessero venir trovati da nessuno. La Comandante aveva provato a cercarli in ogni luogo, fino ad allora, tralasciando però il più scontato: le camere da letto. Aveva escluso a prescindere che uno come Levi - andiamo, era di Levi che si stava parlando! - potesse plasmarsi a fare cose del genere, solo perché stava con una ragazzina dall'animo ardente. La verità, tuttavia, era ben diversa.

Difatti, benché Levi fosse pronto in anticipo, come suo solito, era inavvertitamente stato colto alla sprovvista dall'ingerenza di Manami. Ella lo stava attendendo fuori dalla porta della sua stanza, posata di schiena al muro, dondolandosi sui talloni, vestita della sua bella divisa militare, i boccoli scarlatti ricadenti sulle spalle. Non appena il Capitano spalancò l'uscio sul corridoio deserto e mise un passo avanti, venne bloccato all'istante da lei. Gli posò le mani sulle spalle, pressando forte fra le dita i muscoli che le componevano. Lo squadrò, percorrendo il fisico dal basso in alto, e di nuovo dall'alto in basso. Fissò le basette perfettamente rasate, la compostezza del torace nascosto dietro il cotone turchino della camicia, il modo in cui la cintura gli cingeva la vita fine e il bacino era stretto dal tessuto scuro dei pantaloni aderenti. Non indossava neppure il fazzoletto al collo, per via del troppo calore, e i primi bottoni della camicia erano slacciati. Le saltarono immediatamente all'occhio i dettagli dei muscoli che si intravedevano dovunque, i solchi che risaltavano tramite il vestiario. E Manami decise che Levi non poteva assolutamente andare in giro così, se prima lei non vi avesse posto un marchio ben visibile agli altri, e ben percepibile al corvino stesso. Perciò lo spinse indietro ed entrò nella camera, serrandosi la porta alle spalle.
«Si può sapere che-»
Lo sbatté contro la superficie in legno della soglia, e l'impatto provocò un vigoroso tonfo: lui si sentì mancare il respiro. Una scossa di lieve dolore gli aveva percorso la schiena, mentre ora un ginocchio della giovane era infilato fra le sue gambe, e le mani di lei gli fermavano i polsi contro il muro dietro di sé. Manami prese a baciargli il collo, stuzzicando la pelle tenera con la lingua e assaporandola fra i denti. Levi imprecò, impossibilitato a smuoversi. Gli facevano male i polsi e sentiva il sangue affluire poderoso nei punti in cui le labbra della ragazza si posavano: percepiva gli occhi pizzicare di lacrime.
«Cazzo-» emise in un singulto, a voce spezzata, abbandonando la testa all'indietro. Manami gli disfece rapidamente la fibbia della cintura, facendogli spalancare le palpebre dalla sorpresa, e si inginocchiò di fronte a lui, tenendogli i fianchi fermi; ricevette nell'antro umido e tiepido della bocca l'intimità fervente dell'uomo.

Lui si abbandonò a breve lungo la parete - le gambe gli cedevano - in un caos di sudore, lacrime e lamenti. Il fisico fremeva, si scuoteva dalla lussuria, ma proprio nel momento in cui stava per sfiorare il cielo con le dita, Manami si fermò. Si tirò di nuovo su in piedi, intersecò le dita di una mano alle sue e lo condusse verso il letto.
Oh, Hanji avrebbe atteso invano.

Quando la Comandante giunse a bussare alla porta di Levi, non la sfiorò neppure con le nocche, poiché udì un lieve cigolio provenire dall'interno. Allorché, si piegò sulle ginocchia per tentare di spiare dalla fessura della chiave, ma l'oggetto di metallo era inserito e non riuscì a scorgere nulla. Sbuffò sonoramente e fece dietro-front, rassegnata a visitare i propri sottoposti da sola.

Giunse la sera.
Levi era disteso fra le lenzuola candide. La luce lunare penetrava dalla vetrata posta all'angolo opposto della camera e si posava lieve sul corpo di Manami. Lei era immobile da qualche tempo, lo cingeva affettuosamente fra le proprie braccia, premuto contro il proprio seno nudo come si fa con i bambini piccoli. Gli sospirava fra i capelli e le iridi oscure fissavano il vuoto. In esse si riflettevano i raggi pallidi della Luna. Levi sonnecchiava, recuperando il riposo perso nelle nottate antecedenti, le accarezzava i capelli, arricciandosi attorno le dita le ciocche ondeggiate e soffici.
Allungò il collo per posarle un leggero bacio sul mento. La sentì sospirare e avvolgerlo ancor di più. Lo teneva forte, terrorizzata che la morte potesse portarglielo via da un momento all'altro, che il suo calore potesse smaterializzarsi nell'aria e non apparire mai più. Era accaduto troppo spesso. Il massacro avvenuto quel giorno a Shiganshina l'aveva cambiata irrimediabilmente. Il suo carattere, se prima conservava ancora qualcosa di solare e fresco come le primule che sbocciano in primavera, dai petali bagnati di rugiada, adesso era sprofondato nell'abisso. Succedeva ogni volta che facevano l'amore. Si aggrappavano l'uno all'altra come due piante rampicanti, in cerca di riparo dalla tempesta, nel tentativo di rimanere solidi per quanto percossi dal vento gelido, e poi si accasciavano inermi, immersi nel tepore dell'atto violento che avevano compiuto. Non vi era nulla di romantico o gentile, in tutto ciò: si trattava soltanto di sfogare le sensazioni negative, di richiedere a gran voce "AIUTO!" E si sostentavano a vicenda. Solo in seguito, spogli da ogni corazza, da ogni protezione che non fosse la loro bolla di amore, si permettevano di dedicarsi alle coccole, alle carezze, ai baci. E rimanevano così per intere ore, intere nottate, svegli nell'oblio ad auscultare i respiri e i battiti del compagno, i loro corpi nudi e appiccicosi di sudore avvinghiati insieme, mentre le menti viaggiavano lontano nel ricordare eventi brutti, orribili, a cui avevano assistito, e cui erano sopravvissuti. Si chiedevano cosa riservasse il futuro per loro.

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komeroshi • waitingforaotDove le storie prendono vita. Scoprilo ora