vii/viii ━━ 𝘑𝘶𝘴𝘵 𝘢 𝘨𝘳𝘶𝘮𝘱𝘺 𝘰𝘭𝘥 𝘊𝘢𝘱𝘵𝘢𝘪𝘯 𝘥𝘦𝘢𝘭𝘪𝘯𝘨 𝘸𝘪𝘵𝘩 𝘢𝘳𝘵𝘩𝘳𝘪𝘵𝘪𝘴

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SETTIMO PROMPT: "Life is about making consecutive decisions" with hints at "Important things are hard to see

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SETTIMO PROMPT:
"Life is about making consecutive decisions" with hints at "Important things are hard to see."

Chi e cosa: vi siete mai chiest* cosa fa Levi di prima mattina?
Dove e quando: quartier generale del Corpo di Ricerca, Trost, qualche tempo dopo l'incoronazione di Historia.
Avvertenze: nessuna.
Words count: 1200


«Merda.»

Digrignò i denti, massaggiandosi i muscoli indolenziti del collo con una mano. Ecco perché preferiva non dormire. Durante la notte aveva preso sonno sulla sedia della scrivania, e adesso che si era appena risvegliato si sentiva come un vecchietto artritico. Schioccò la lingua sul palato e camminò fino alla finestra. Con un colpo deciso e secco ne spalancò i battenti. Una folata d'aria fresca, odorosa di pioggia, lo colpì in pieno petto. Rabbrividì, rivolse un'occhiata verso il letto. Le coperte erano tutte arrotolate, ma vuote. Manami doveva essersene già andata. A dire il vero, ora che ci pensava, credeva di aver sentito un bacio venirgli posato in fronte, mentre non era cosciente. Quella dannata mocciosa. Perché non l'aveva svegliato?!
Si gettò intorno alle spalle un mantello dell'Armata e sfogliò rapidamente i fogli che aveva compilato la sera prima. Dopo li avrebbe portati da Erwin, per il solito incontro giornaliero. Afferrò la tazzina di tè dal bordo, e la teiera, e ci versò quel poco di liquido che ne rimaneva. Si rimise davanti alla finestra e osservò l'orizzonte. Aveva delle occhiaie vistose che gli circondavano gli occhi, e il volto era tutto corrucciato, la pelle della fronte piena di rughe stressate. La testa incassata fra le spalle, le braccia conserte. Sorseggiò il tè, che gelato gli scorse in gola fino allo stomaco. Perlomeno, l'aroma era ancora accettabile. Delle allegre rondinelle sfrecciarono in volo in direzione della sua finestra, che si trovava al terzo piano e dava sul cortile interno del Quartier Generale. Appena prima di irrompere nella sua stanza, presero un'altra traiettoria e si diressero verso l'alto del cielo. Era ancora di un color indaco, macchiato d'arancione a est. I contorni delle nuvole diradate erano tinti di rosa. Con la mano libera si tastò la mandibola e le guance. Si trattenne dall'imprecare di nuovo: doveva radersi, prima di uscire.
Abbassò lo sguardo sulla pavimentazione del cortile. Le pietre erano bagnate, come se avesse piovuto per tutta la notte, ma non vi era alcuna goccia d'acqua che filtrava dal tetto verso terra. Nonostante si stesse avvicinando la primavera, di mattina presto sembrava essere tornati in autunno. All'improvviso udì un rumore di ruote, e dal cancello comparvero un paio di carri della compagnia Reeves. Vide dei membri appartenenti alla quarta squadra che li svuotavano delle scorte appena fornite.

Roteò la testa a destra e sinistra, sentendo le articolazioni del collo schioccare ogni volta. Emise uno sbuffo irritato, buttò giù l'ultimo sorso di tè e si ritirò nel bagno, per prepararsi. Quando ne uscì, aveva un paio di stracci e una scopa fra le mani. Tempo di pulizie mattutine. Le avrebbe fatte di nuovo la sera, prima che arrivasse Manami per rompergli le palle per tutta la notte. Non che in realtà gli dispiacesse. Voleva farle trovare tutto in ordine, pulito e profumato, però. Compreso sé stesso.
Spolverò meticolosamente ogni superficie della stanza, secondo il programma ormai rassodato che compiva ogni giorno. Prima le superfici più in alto come le mensole o i porta-torce, aiutandosi talvolta con una sedia per raggiungerle, poi la scrivania, il tavolino, e infine il pavimento. Con un secchio lasciò cadere il giusto quantitativo di acqua insaponata e si mise con tutto il proprio impegno a strofinare via ogni micro macchietta presente sulla superficie in legno. Ormai era pure diventato esperto, dopo tanti anni, nel non prendere più le schegge nelle dita. Quelle sì che erano una rottura, soprattutto se si infilavano sotto le unghie. Si fermò un attimo a pensare, proprio mentre era inginocchiato per pulire sotto al letto. Venne preso da una strana sensazione di vuoto nel petto. Cosa stava a fare, lì? Da solo, rinchiuso nella propria camera a sfogare la frustrazione su degli stracci che non avevano fatto nulla di male se non esistere. Avrebbe potuto benissimo canalizzare quel nervosismo e scaricarlo su Hanji, magari sarebbe stata un'attività molto più divertente - ne era sicuro. Oppure su Erwin. Sì, avrebbe fatto proprio così. Allora si alzò in piedi e saltellò per la stanza, agile come un grillo (e pensò, sarcasticamente, che la sua statura vi si avvicinava), attento a non pestare con i piedi scalzi i punti ancora bagnati. Arrivò al tavolino, che si trovava davanti alla finestra, e afferrò i documenti, battendoli sulla superficie per allinearne tutti i bordi. Stava per accostare i battenti della finestra, lasciando giusto uno spiraglio da cui far passare un baffo d'aria per asciugare il pavimento, quando udì le voci dei suoi sottoposti provenire dal cortile. Allora li guardò. Quella che faceva più casino di tutti era... una mocciosa dai riccioli color cremisi. Jean e Armin la tiravano per le mani e lei piantava i piedi a terra, lamentandosi a occhi strizzati come una poppante.
«Non ho vogliaaaaaaaa...»
«Si tratta solo di un paio di giri, Manami...» disse il biondino, tentando di rassicurarla, ma lei storse il naso e mise il broncio. In realtà erano dieci. Jean sogghignò e cominciò a provocarla: «Se non corri, lo dirò al Capitano e vedi che lui ti darà una punizione ben peggiore. Tipo CENTO giri di corsa. Quindi muovi il culo, vice, dovresti essere la nostra superiore e la PRIMA della fila.»
Levi pensò che Jean avesse ragione. Jean sapeva della loro relazione, e trovò abbastanza divertente la battuta sulla "punizione": chissà a cosa stava pensando quel maledetto adolescente pieno di ormoni. La punizione peggiore per Manami sarebbe stata, oltre ai cento giri di corsa, l'astinenza dai dolci. Ma no, in quel caso si sarebbe accollata a lui, dicendo "Se non mi fai mangiare i dolci, allora mangerò te!" e non voleva saperne proprio niente, di quell'evenienza. Non voleva neppure vederla lontana con il binocolo. Anche se, in realtà, scene simili accadevano ugualmente. E lui si lasciava mordicchiare, strizzare le guance, succhiare la pelle... senza neppure una lamentela. Tsk, schioccò la lingua sul palato: si era davvero rammollito. Farsi trattare come un pupazzo da una mocciosa, darle carezze in testa e imboccarla di dolci come fosse stata un cagnolino. Non gli fu difficile immaginarsela con un paio di orecchiette e una coda scodinzolante. Roba da matti.
«Aaaah portami te, Jeaaaaaan...» continuò a lagnarsi lei. Il compagno fece un cenno d'intesa, con il capo, ad Armin, ed entrambi lasciarono andare le sue mani. Manami cadde rovinosamente a terra. Levi sussultò, non si accorse neppure di avere gli occhi sgranati. La ragazza si imbronciò ancor di più e incrociò le braccia. Non intendeva muoversi. Connie e Sasha erano scoppiati a ridere. Mikasa tratteneva un sorriso, ed Eren aveva paura che Manami potesse vendicarsi contro Jean. Ma quest'ultimo, una volta asciugatosi le guance dalle lacrime procurate dalle risate, si chinò e afferrò Manami da dietro le ginocchia e per la schiena, caricandosela in spalla come un sacco di patate. La chioma rossa ondeggiò all'ingiù e lei si lasciò trasportare, inerme. Levi sorrise.


Nota autrice:

Levi versione casalinga incazzata & Manami versione cagnolino are my new kink.

アデル

komeroshi • waitingforaotDove le storie prendono vita. Scoprilo ora