Capitolo 1 - Giovedì 15 Dicembre

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Gli esseri umani sono creature senzienti. Dispongono di una notevole quantità di organi che si sono evoluti fino a percepire vari aspetti del mondo, dalla lunghezza d’onda di un raggio di luce alla frequenza di vibrazione di una corda, dalla rugosità di una superficie alle proprietà delle molecole disperse nell'aria. Tra questi apparati lo stomaco ha un ruolo peculiare, arrivando a cogliere la vita nella sua interezza, riuscendo a fare una sintesi veloce e spietata dei suoi numerosi dettagli.

Questo pensava Adel mentre vomitava nel gabinetto dell’università, che la vita si sente anzitutto nelle viscere, che tutte le esperienze sono intime e che si accumulano nelle interiora, aggrovigliandosi. Immaginava che il ventre fosse la parte del corpo più arcaica, la sola a essersi formata già miliardi d’anni prima, quando nel mondo era comparsa all'improvviso una moltitudine di voraci e primordiali stomaci in cerca di cibo. L’evoluzione era stata solo una complessa crescita attorno a quell'unico organo, a quell'unico concetto di pasto: un’appropriazione indebita di vita altrui, un crimine per il quale occorreva pur pagare, di tanto in tanto.

Quella mattina la natura era venuta a presentargli il conto e stava bussando nel suo addome. Adel si contorceva in spasmi esasperati, mentre il cuore gli batteva nelle tempie e la camicia sudata aderiva, a ogni respiro, alla schiena gelata. Si reggeva con un braccio alla parete, in cui lucide piastrelle blu, incastonandosi, tracciavano una geometrica gabbia intorno a lui, come nelle peggiori visioni di Escher. Con l’altra mano si reggeva da solo la fronte e il gesto rievocava quello di sua madre in certe notti di molti anni prima, in mare aperto.

A tratti alzava lo sguardo e si osservava riflesso nei tubi logori dello sciacquone che lo ritraevano allungato, strizzato, distorto, proprio come si sentiva dentro.

Era sempre la solita storia, a ogni maledetto esame.

Prima la notte in dormiveglia, passata a ripetere a mente ipnotiche nozioni e scalzata da un’inesorabile mattina. Poi una colazione frugale nella speranza che qualche grammo di zucchero in più nel sangue avrebbe aiutato la memoria. Infine il bagno dell’università, dove il rito si sarebbe concluso e l’ansia accumulata da giorni avrebbe trovato una valvola di sfogo.

Walter aspettava fischiettando, con la pazienza che solo i veri amici sanno avere, aggiustandosi allo specchio i capelli pieni di gel. Adel si chiedeva come diavolo riuscisse, lui, ad affrontare gli esami con quella tranquillità, mentre i soliti interrogativi lo martellavano, quasi fossero parte del rito anche quelli. Perché non si era trovato subito un lavoro? Perché aveva deciso di affrontare l’incubo dell’università? Era un modo come un altro per tenere la mente impegnata, per distrarla dalle sensazioni del momento. Adel conosceva bene il motivo che lo spingeva a studiare per diventare neurochirurgo. Un motivo che non l’avrebbe fatto desistere nemmeno di fronte alla crisi d’ansia più nera.

Era invece un mistero la ragione che aveva spinto Walter a scegliere la stessa facoltà di medicina. Adel amava immaginare che il compagno l’avesse seguito per non rischiare di perdere un’amicizia che durava dagli anni della scuola elementare. Del resto Walter non era mai sembrato interessato a una materia in particolare e dava piuttosto l’idea di voler continuare a studiare all’infinito per non essere costretto a crescere. Restava il fatto che nei momenti peggiori era sempre stato presente, anche se, come tutte le cose della vita, pure la pazienza di un amico ha un termine.

“Adel, sbrigati, sono quasi le nove!” e Adel, o ciò che ne rimaneva, aprì la porta, si trascinò verso il lavello e prese a sciacquarsi la bocca.

Walter sospirò.

“Sarai stato chiuso là dentro almeno un quarto d’ora… e a quanto pare non sei l’unico ad avere problemi.”

Con un cenno del capo indicò la porta dell’altro gabinetto, che era già chiusa quando loro erano entrati. Adel serrò forte il rubinetto, si asciugò il mento e si chinò per controllare se ci fosse davvero qualcuno all'interno: nei dieci centimetri che separavano la porta dal pavimento s’intravedevano due scarpe da ginnastica nere.

Apologia dei miscredentiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora