Capitolo 17

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L'eremo apparve come una piccola cittadella, cinta da un basso muro perimetrale e sbiadita da una nebbiolina leggera. Torreggiavano i due campanili della chiesa di San Salvatore, con i loro profili di pietra grigia e gli orologi circolari. L'unica entrata era rappresentata da un pesante portone di legno ad arco, sormontato da una larga tettoia. Lasciarono l'auto sul ciglio della strada e varcarono l'ingresso mentre iniziava a calare l'oscurità e le costruzioni assumevano sempre più una connotazione spettrale. L'interno dell'eremo era costituito da un cortile sul quale si affacciavano la chiesa, la foresteria e la biblioteca. Quest'ultima inglobava l'antica cella di Romualdo. Le casette degli eremiti erano in totale venti, disposte in quattro file dall'altra parte di una cancellata che divideva la parte turistica da quella dedicata esclusivamente ai frati.

Un fantasma. Questa fu l'impressione che diede a Sabrina la vista di un frate che camminava oltre il cancello, con la caratteristica lunga tunica bianca. Erano rimaste ormai poche persone intente a scattare fotografie e il silenzio aggiungeva un'aura d'impressionante misticismo all'intero complesso. Adel imboccò l'ingresso della foresteria dove un monaco, dietro a un bancone, era intento a compilare un registro. Aveva una folta barba scura e un grosso naso su cui poggiavano degli occhiali rettangolari.

"Buonasera" disse il ragazzo.

"Benvenuti" rispose il monaco, "come posso esservi utile?"

Adel si avvicinò all'uomo, in modo da poter pronunciare a bassa voce le parole successive.

"Noi stiamo cercando un medico dell'Università di Pisa, che pensiamo si trovi qui. Il suo nome è Saverio Quarta..."

I due si sarebbero aspettati, a quel punto, una reazione di qualche tipo, ma il frate non sembrò per nulla turbato da ciò che aveva udito.

"Mi dispiace" rispose "non conosco nessuno qui con quel nome. Avete già provato al monastero?"

"È certo che non si trovi qui da voi?"

"Sono sicurissimo. Qui ci sono solo monaci, figliolo, nessun medico."

Sabrina strinse l'avambraccio di Adel spingendolo a non insistere. Il ragazzo si sentiva deluso, ma per nulla arrendevole.

"Le posso lasciare un messaggio nel caso un medico con quel nome passi un giorno da queste parti?"

"Va bene, non c'è problema, mi appunterò il nome di quest'uomo e gli darò il tuo biglietto se mai lo incontrerò."

"Grazie" esclamò sorridente Adel, prendendo un foglio di carta dallo zaino e scrivendoci sopra frettolosamente. "Arrivederci e mi raccomando... è una questione di vita o di morte" disse piegando il biglietto e consegnandolo al frate.

"Arrivederci" annuì il monaco.

I due ragazzi uscirono nuovamente nel cortile. Ormai era buio.

"Che cosa hai scritto su quel biglietto?" chiese Sabrina.

"Quello che ho scritto non conta. L'importante è che funzioni. Vieni con me."

Adel s'incamminò verso il portone e tornò sulla strada, ma anziché dirigersi verso la macchina rimase qualche minuto fermo in quella posizione. Augusto Lais gli passò davanti proprio in quel momento e proseguì parcheggiando a una decina di metri di distanza.

"Seguimi" ripeté Adel, iniziando a camminare a passo veloce nella direzione opposta, costeggiando il muro esterno di sassi, fino all'estremità, dove questo piegava inoltrandosi nel bosco.

"Cosa vuoi fare?" incalzò la ragazza.

Adel non rispose, la prese per mano e iniziò a salire nella vegetazione, sempre costeggiando il perimetro dell'eremo, fino a quando il terreno non fu abbastanza alto da offrire una buona visuale sul villaggio.

Apologia dei miscredentiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora