Capitolo 15

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Rossana Caleo allungò il braccio sinistro sotto le lenzuola, distrattamente. Trovò quel lato del letto vuoto e freddo. Nulla di diverso da ciò che viveva ogni mattina al risveglio, ma questa volta non si trovava nella sua camera di Pisa, non aveva dormito sola e quella sensazione le sembrò, per la prima volta da molto tempo, anomala.

"Renzo..."

Dischiuse una palpebra mentre l'altra era strozzata dallo zigomo premuto sul guanciale e con la mano scostò i lunghi riccioli che le coprivano gli occhi, fino a mettere a fuoco i tratti luminosi che scandivano l'ora della sveglia. Erano già le nove. Si voltò mollemente e la sagoma del ragazzo le apparve tatuata dalle lame di luce che filtravano attraverso la tapparella chiusa male. Renzo era seduto sul lato del letto, in canottiera e in silenzio. Rossana si sollevò facendo leva sugli avambracci.

"Amore, cos'hai?" gli chiese.

"Piccola... ti sei svegliata" si voltò con un sorriso palesemente forzato.

"Torna sotto alle coperte con me."

"Scusa, ma non riesco a dormire..."

"Non dobbiamo necessariamente dormire..." disse nel raggiungerlo. Gli cinse le spalle e gli spalmò il seno sulla schiena, quasi a volerlo scaldare. La sera precedente lui era andato a prenderla all'aeroporto e l'aveva portata direttamente a Boston in un romantico ristorante di classe. Era una consuetudine. S'incontravano così di rado che ogni volta sentivano la necessità di festeggiare l'evento come fosse un anniversario. Grazie ai computer muniti di webcam esistevano le video chiamate, ma guardare il proprio partner rimpicciolito in una finestrella di pixel colorati, con la sensazione di stringere la sua mano sul mouse, non era la stessa cosa che poterne accarezzare il volto o sentirne l'odore. I rapporti a distanza sono duri da far sopravvivere e, come le forme biologiche più elementari, vanno alimentati quotidianamente. Loro erano riusciti a far funzionare quella storia e la cosa andava avanti già da qualche anno. In fondo avevano molte più cose in comune di quanto davano a vedere le apparenze. Lei tra i suoi cadaveri, lui tra i suoi computer. Lei a scavare nelle viscere di uomini e donne trasformati in pura materia dall'irreversibilità della morte, lui a smontare e rimontare la materia morta per dare anima e movimento a ciò che non sarebbe mai stato vivo. Lei un medico legale, lui un informatico. Lei in un obitorio, lui in un seminterrato. Entrambi, ad ogni modo, chiusi in freddi laboratori, costretti a un lavoro muto che eseguivano con passione e dedizione, nonostante allontanasse l'amore e la felicità oltre l'oceano.

Quella notte si erano amati con una foga da crisi d'astinenza e poi erano crollati abbracciati e sudati tra le pieghe delle lenzuola.

"Sei preoccupato per l'esperimento di domani?" chiese Rossana.

"Già... mi sento come un calciatore negli spogliatoi prima di una finale di coppa del mondo."

"Se vuoi raggiungere i tuoi colleghi e dare un'occhiata a come procedono i preparativi, vai pure, non preoccuparti per me..."

"Non è solo per te che non vado. Il mio capo me l'ha vietato categoricamente. Ha detto che mi dovevo riposare un po' per poter dare il massimo domattina. E forse ha ragione, ultimamente ho lavorato troppo."

"Tu lavori sempre troppo e io devo ancora capire a che cosa perché ogni volta che te lo chiedo sei evasivo come si trattasse di un segreto di stato!"

"Non è un segreto, è solo che servono determinate conoscenze per capire certi argomenti. Se provassi a spiegartelo finirei solo per annoiarti, o peggio per sembrare uno di quegli sfigati che passano tutto il loro tempo davanti ai computer esaltandosi per qualche riga di codice."

"In pratica mi stai dicendo che sono troppo stupida per capirlo..."

"Certo che no... probabilmente sono io a non essere capace di spiegarlo con parole semplici, comprensibili a chi non è del mestiere."

Apologia dei miscredentiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora