Capitolo 6

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Sull'altra sponda dell'Oceano Atlantico, dove il Charles River tiene a debita distanza Boston da Cambridge, era ancora l'alba.

L'intero campus del Massachusetts Institute of Technology si stava svegliando, mettendo in moto le migliaia di squisiti cervelli che lo popolavano. Saman Basinghe costeggiava a piedi il letto del fiume, ammirando i disegni luminosi che un sole ancora pallido tracciava sulle pieghe dell'acqua. Alcuni studenti facevano footing, per nulla disturbati dal freddo glaciale.

Saman, dalle evidenti origini indiane, si stava dirigendo verso gli edifici dell'ala ovest, allontanandosi dai dormitori e pensando al duro lavoro che l'attendeva. In altri posti del pianeta lavorare durante il fine settimana è considerata una terribile sventura. Al MIT è un enorme privilegio: rappresenta la possibilità di dedicarsi senza interruzioni alla propria passione, di mettere in pratica costantemente quello che per alcune persone è un pensiero fisso, una missione, da cui non ci si vuole liberare neppure durante il tempo libero.

Saman percorse il viale che affiancava la libreria, gettò un rapido sguardo sull'imponente cupola e svoltò a sinistra verso la sua destinazione finale. Giunto di fronte allo Stata Center non poté evitare di fermarsi estasiato, come gli capitava di fare ogni mattina.

Il MIT è celebre per essere stato la culla culturale di personalità di spicco del panorama scientifico mondiale. Ne hanno fatto parte diversi premi Nobel, astronauti e fondatori di aziende di successo. Altrettanto celebre è la sua architettura, curata dagli artisti più illustri. Da questo punto di vista lo Stata Center rappresenta certamente il fiore all'occhiello, con il suo complesso di edifici accartocciati in linee geometriche quanto mai originali. Saman rimaneva ogni giorno incantato seguendo il contorno spezzato dei profili, l'alternarsi delle mura bianche e rosse, l'incastonarsi delle finestre quadrate. Era come se un dio giapponese avesse piegato la legge di gravità per realizzare un gigantesco origami. Quella era anche la sede del Computer Science and Artificial Intelligence Laboratory o CSAIL, il laboratorio per le scienze informatiche, il più grande e prestigioso dell'istituto e Basinghe andava fiero di farne parte.

Un sibilo accolse il tesserino di Saman mentre la porta automatica si apriva. Mortificando il sole, che lentamente cominciava a illuminare i giardini intorno, entrò a rintanarsi nuovamente nell'oscurità di un seminterrato. Scese le scale fischiettando, nella totale convinzione di essere il primo, quel sabato, a varcare la soglia e si infilò nell'ampio locale in cui aveva lavorato senza sosta negli ultimi due anni.

Con sommo stupore si accorse che Renzo era già lì a picchiare le dita sulla tastiera di uno dei numerosi computer.

"Renzo, ma a che ora sei arrivato?" chiese.

L'amico girò lentamente la testa verso di lui rivelando due profondissime occhiaie e dando l'impressione di continuare a pensare a quello a cui stava lavorando.

"Ciao Saman... cosa ti sei dimenticato?"

"...dimenticato? Ma che dici?"

A quel punto Saman realizzò: "Non mi dire che sei rimasto qui tutta la notte?"

Renzo lo fissò di nuovo, con la bocca leggermente spalancata in un mezzo sbadiglio.

"Perché, che ore sono?" chiese.

"Renzo... è mattina!"

"È già mattina?! Cazzo! Non mi sono accorto del tempo che passava!"

Si spinse indietro sulla sedia girevole e si stiracchiò portando entrambe le mani dietro la nuca. Aveva la pelle bianchissima, due occhi di un azzurro brillante e delle sopracciglia arcuate che gli avevano fatto guadagnare il soprannome di "Jack Nicholson".

"Saman, non ce la faremo mai per lunedì..."

Basinghe emise una delle sue fortissime risate, capaci di dare la sveglia all'intero palazzo. Quando ebbe finito i suoi lunghi baffi neri ancora oscillavano.

"Tu sei un matto, Renzo. Vattene a dormire!"

"Come faccio ad andarmene, Saman? Ti rendi conto della quantità di canali che dobbiamo ancora controllare?"

"Non ci provare, i patti sono chiari, per te questo weekend è di assoluto riposo. L'ha detto il boss. Lunedì è il grande giorno ed è fondamentale che tu sia in buona forma. Ci saranno anche i giornalisti..."

"Faremo una figuraccia terribile, già lo so!"

"No che non la faremo, ci saremo io e gli altri questo fine settimana a lavorare per te. Completeremo tutta la diagnostica e se ci saranno dei problemi li risolveremo anche senza il tuo aiuto. E poi non viene la tua fidanzata dall'Italia, oggi?"

"Già, Rossana arriva stasera e, in effetti, è il caso di farmi trovare in condizioni più decenti..."

Saman sorrise e si avvicinò alla vetrata che divideva la sala di controllo dal laboratorio sottostante. La luce nell'altro locale era spenta, ma la presenza di una miriade di led luminosi dava l'impressione di affacciarsi su di un paesaggio natalizio.

"È come una galassia in miniatura... " mormorò, avvicinandosi al quadro di comando. Ne aprì lo sportello e azionò un interruttore. Centinaia di tubi al neon lampeggiarono nell'oscurità. Una volta stabilizzatisi illuminarono l'intero locale a giorno. Davanti a Saman si sviluppava una distesa di armadi metallici rossi a perdita d'occhio, in un intreccio chilometrico di cavi elettrici e condotte per il liquido di raffreddamento. Erano disposti ordinatamente in diciotto file, ognuna delle quali costituita da un'unità di testa e due blocchi consecutivi da diciotto elementi ciascuno.

Da togliere il fiato.

Tutte intorno, delle pedane rialzate permettevano l'accesso ai tecnici per i controlli sulle singole unità.

"Renzo, ci pensi a quanti microprocessori ci sono qua dentro?"

"No, Saman, riesco solo a pensare al botto che faranno lunedì quando li accenderemo tutti insieme!"

Un'altra fragorosa risata di Basinghe squarciò il silenzio. Poi Saman tornò improvvisamente serio e si voltò verso il collega.

"Renzo, io sono sicuro che funzionerà. Me lo sento. Lunedì faremo ruggire questo grosso animale!"

"Speriamo. Intanto dovrete completare tutta la diagnostica in due giorni..."

"Ce la faremo, vedrai, ti stupiremo."

Renzo strinse gli occhi in un'espressione di sfida.

"Mi stupirete? Va bene..."

Cliccò un paio di volte con il mouse, batté ancora alcuni tasti e infine premette invio.

"Salutami gli altri, Saman" disse alzandosi e infilandosi il cappotto.

"A lunedì, Renzo. Non ti fare strapazzare troppo dalla tua bella... e mi raccomando: precauzioni!"

"Fanculo Saman..."

Renzo uscì inseguito da un'ultima, acutissima risata. Arrivato all'aperto gli parve di essere un vampiro uscito per sbaglio in pieno giorno. Renzo Nardi era un brillante informatico italiano che, dopo la laurea conseguita a Pisa, era riuscito a farsi assumere negli Stati Uniti come ricercatore. Ma in quel momento era solo un ragazzo stanco morto.

All'interno del laboratorio, Saman Basinghe rimase ancora qualche minuto ad ammirare l'opera del loro lavoro e a chiedersi come fosse riuscito quel giovane italiano a concepire un'idea tanto innovativa. Raggiunse la scrivania alla quale Renzo aveva lavorato tutta la notte. Sul monitor si era attivato il salvaschermo e una scritta scorrevole trascinava alcune parole luminose da destra a sinistra:

ASTONISH ME, SAMAN!

"Stupiscimi, Saman!" lesse scuotendo la testa, con un sorriso scolpito sul volto. "Sei proprio un matto, Renzo."

Apologia dei miscredentiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora