6. Inconciliabili

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Venti si era dimostrata molto brava a stare di guardia. Cinque un po' invidiava la sua esuberanza giovanile, il suo entusiasmo verso qualsiasi cosa. Non sapeva nulla, però. Appena nate le ninfe erano perse nella meraviglia verso il mondo e da anni ormai erano Quattro e Dieci a occuparsi di loro, a insegnare la lingua di Madre e a svelare i migliori modi per vivere a Casa e nella foresta.

Cinque era stata una delle prime, quindi si era occupata di tutto Madre in persona, però non era più così e quell'incarico era il primo vero lavoro per Venti, definita ormai pronta dalle sorelle maggiori.

Così, visto anche che era appena uscita da un periodo di convalescenza, Uno decise che Cinque sarebbe rimasta accanto all'albero di Ventitré assieme a Otto e Tredici; Venti sarebbe stata al limitare del sentiero e Uno avrebbe fatto avanti e indietro per controllare che fosse tutto a posto.

A Cinque andava bene perché in quel modo poteva stare più rilassata e ascoltare i discorsi delle sorelle un poco alleviava le paure che ancora non avevano abbandonato i suoi pensieri. Erano passati quattro giorni e non aveva più rivisto Garrett; lei si aggrappava alla speranza che se ne fosse andato per sempre, però la razionalità le diceva che non era possibile, che lui era ancora in giro per la foresta a cercare tracce di una bestia che non c'era. Quello che c'era erano loro, quello che c'era era la rosa incisa sull'armatura di cuoio a etichettarlo come soldato, come nemico, come qualcuno da uccidere a vista.

Notti piene di sogni insanguinati l'avevano portata a essere davvero nervosa: scattava per ogni rumore insolito, si perdeva a rimuginare e più di una volta le sorelle l'avevano riportata alla realtà, perplesse.

Uno aveva cominciato a guardarla male. Spiegare la fantastica cicatrizzazione della sua ferita non era stato semplice e Tre le era parsa davvero incuriosita dal fenomeno; forse la terza figlia aveva intuito che era successo qualcosa di singolare, però non aveva detto nulla a nessuno.

Fruscii molesti fecero alzare di colpo lo sguardo di Cinque, perso a fissare le grandi foglie del bozzolo della sorella ancora non nata. Otto e Tredici si erano già messe in piedi ed entrambe guardavano a est, lì da dove sbucò Venti, col fiatone e l'agitazione a farle tremare le corde vocali. «Sono qui! I-io ho visto... sono orribili!»

Cinque restò ferma cercando di assimilare quelle parole e fu Otto a farsi avanti per prendere le mani della sorella minore. «Calmati! Cos'hai visto?»

Venti pareva fuori di sé; gli occhi di resina erano lucidi e parecchie gocce trasparenti le bagnavano le guance. «Gli uomini metallici non sono soli e si muovono veloci. Con loro ci sono altri uomini e loro non... non corrispondono alle vostre descrizioni.»

Cinque spalancò gli occhi, la bocca perse ogni traccia di saliva. Le altre spronarono Venti a continuare e la più piccola si fece coraggio, parlando concitata. «Indossano abiti diversi anche se tutti hanno la rosa sul petto. Quello che sta davanti ha una lunga tunica simile a quelle che porta Madre e l'ho sentito parlare in modo strano... però le sue parole distruggono tutto! Ha abbattuto le piante e gli alberi sul loro passaggio con dei semplici gesti delle mani, creando una via dritta. Ha fatto così male... è st-»

Da est giunse il netto suono di qualcosa di molto grosso che crollava ed era vicino, troppo vicino. Le ninfe s'irrigidirono tutte, Otto e Tredici parlarono poi una sull'altra.

«Ti hanno vista? Li hai portati da noi?»

«Dov'è Uno?»

Cinque sentì il sapore della linfa in bocca e quasi non si accorse che era perché si era morsa il labbro inferiore tanto forte da ferirlo. Venti passò lo sguardo terrorizzato tra tutte e biascicò parole incoerenti. Un secondo tonfo le zittì e Tredici si portò le dita tra i capelli, incapace di trattenere i tremori che avevano già invaso il suo corpo. «Cosa facciamo? Non c'è Uno, noi non siamo pronte.»

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