conseguenze che vuoi nascondere
Il ritorno verso uno dei luoghi in cui viveva fu totalmente soffocante, tra il caldo premuto sul suo viso dal casco che era obbligato ad indossare, al peso di quello che aveva deciso di fare. O meglio, che aveva fatto. Non era quasi neppure stata una vera e propria decisione.
Una volta arrivato sotto ad un grattacielo a cui era ben abituato, nel distretto di Yangcheon, trovò il suo solito posticino in cui lasciare la sua moto e si diresse senza esitare verso l'entrata, con il solo desiderio di farsi una doccia, buttarsi nel letto e non uscire mai più di casa.
Jisung aveva comprato un appartamento in cima a quel grattacielo, uno dei più alti nella zona. Gli era costato un occhio alla testa, forse leggermente meno di quanto avrebbe pagato per un luogo simile a Gangnam, ma nulla di troppo considerevole. Era stato lui a sceglierlo, volendo possedere il luogo più distante possibile dal resto delle persone al di sotto, forse per sentirsi come una sorta di dio. Pretenzioso? Jisung non lo era mai stato. Aveva solo grande stima di sé.
Aveva una voglia estrema di chiamare Jeongin e urlargli contro, lamentandosi di come gli aveva rovinato la giornata con il suo hackeraggio mal riuscito, ma se lo avesse fatto avrebbe dovuto parlargli anche di tutto quello che era successo.
Era ancora relativamente presto, ma voleva solo andare a dormire, dimenticare tutti gli avvenimenti della giornata, trasformare i suoi pensieri in nuvole su cui delle bianche pecorelle avrebbero saltato, facendolo salire sempre più su, verso il mondo dei sogni.
Le uniche nuvole che trovò, però, furono quelle di fumo che uno dei suoi amici aveva lasciato come ricordino dopo essersi infiltrato nel suo appartamento. Jisung sbuffò, inalando il forte odore di marijuana nell'aria e chiedendosi se quello era il modo in cui la sua notte avrebbe avuto termine.
–Oh, sei tornato?– gli chiese Changbin, accorgendosi di lui solo quando lo vide passargli davanti.
–Si può sapere perché dovete sempre scassare le palle? Avete i vostri posti in cui stare.– lo accusò, togliendosi la giacca e fissando i suoi occhi su quelli rossi del suo amico.
–Chan mi ha detto che sei andato da solo...pensavo volessi fumare.– disse, la voce smussata dal fumo.
Jisung fece una smorfia, sospirando. Non era particolarmente contro fumare quella roba, la sua illegalità non lo aveva mai fermato dal farlo, comunque. Forse, tra i suoi amici, era anche stato il primo a comprarla e a fumarla, ma quella era una storia di anni prima. L'ultima volta che aveva fumato erba era esattamente perché era nervoso e ansioso per qualcosa che era successo poco prima, e benché inizialmente avesse avuto l'effetto rilassante desiderato, qualche minuto più tardi si era trasformato nell'opposto.
–Non ora.– rispose. –Da quanto è che stai fumando?
Changbin ridacchiò, cercando l'orologio con gli occhi, ma arrendendosi prima di trovarlo. –Non lo so.– rispose. –Ho fame.
Jisung alzò gli occhi al cielo. –Ovvio che hai fame.– borbottò. –Vado a dormire, se ci riesco. Se vuoi rimanere, prenditi la camera degli ospiti. Capito?
Changbin annuì, continuando a ridacchiare. Non c'era modo per Jisung di sapere se l'amico avesse effettivamente afferrato le sue parole.
L'acqua scorreva in rivoli lungo il suo corpo, scivolando verso il basso.
Probabilmente era un modo migliore per togliersi un po' d'ansia di dosso, se solo avesse funzionato. Era stato sotto la doccia per una mezz'ora buona, anziché andare a dormire come aveva preannunciato, non una vera e propria scelta consapevole, più una conseguenza della sua debole mente.
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grafite e diamanti | minsung
Fanfiction"Non so chi sei, o perché io sia con te ora." mormorò, la sua testa premuta contro il petto di Jisung. "Ma grazie di non star facendo tutto questo solo per distrarmi." un ladro incontra un ragazzo con poca voglia di vivere [minsung (principale, *b...