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il sapore del rimorso


Quando aprì la porta di casa, dopo un paio di passi trovò Minho seduto sul divano. Gli diede il bentornato con un sorriso sul viso, ovviamente felice di vederlo, ma il suo volto si fece più scuro quando notò le espressioni dei tre ragazzi.

–Cos'è successo?– chiese, alzandosi in piedi.

–Non preoccuparti.– disse Jisung. –Nulla di grave.

Minho aggrottò le sue sopracciglia, i suoi occhi si abbassarono sul fianco di Jisung quando il ragazzo tolse la giacca. La sua maglia, che era stata coperta fino a quel momento, era macchiata del suo sangue.

–Cos'è successo?– chiese di nuovo Minho, questa volta ancora più urgente.

–Hey, ti ho detto che non è nulla di grave.– mormorò Jisung, alzando la maglia e mostrandogli il suo fianco fasciato. –Sono a posto ora, devo solo riposare per qualche giorno. Ti spiegherò tutto subito, siediti.

Minho rimase immobile per qualche secondo, poi decise di dare ascolto a Jisung, attendendolo sul divano.

–Posso fumare?– chiese Changbin.

–Dovresti smetterla anche con l'erba.– mormorò Jisung. –Non siamo a Los Angeles.

–Hai paura che ti becchino?

Jisung gli lanciò un'occhiataccia. –Bin, questo è il mio appartamento. Se qualcuno entra e sente la puzza, sono io a pagare. Se vuoi fumare non sono cazzi miei, ma non farlo qui. Vai a casa tua.– disse, sedendosi vicino a Minho e prendendo una delle sue mani.

–Se non mi spieghi in tre secondi cos'è successo giuro che–

–Sono stato accoltellato.– sputò fuori Jisung. –Eravamo nella casa e il proprietario era ancora dentro. Pensavamo che fosse andato ma quando siamo entrati in una stanza mi ha attaccato. Changbin è riuscito a spostarmi giusto in tempo, quindi la ferita è solo superficiale. Non è successo nulla. Avevamo i volti coperti. Nessuno ci ha visti. E siamo tornati qua in taxi.

–Dovresti andare all'ospedale.– disse Minho, il suo sguardo serio fisso sugli occhi di Jisung.

–No, non serve. È stato Seungmin a fare questo.– disse, indicando il suo fianco, poi decidendo di togliersi la maglia del tutto perché era sporca comunque.

–Seungmin?– ripeté Minho.

Jisung annuì. –Ho deciso io di chiamarlo.

–Sa che voi siete dei ladri?

–Sì, sa che eravamo dei ladri. Non ha intenzione di dire nulla, finché noi smettiamo di derubare gente.– spiegò Jisung.

–Okay.– sussurrò Minho. –Sei sicuro di stare bene?

Jisung annuì, sorridendogli lievemente. –Scusa.– disse poi. –Mi sento un idiota. Non sarei dovuto andare. Sarei dovuto restare qui e basta.

–Non importa.– mormorò Minho. –Non è colpa tua. Non potevi immaginare che sarebbe finita così.

–È ora di dire addio a tutto, no?– domandò Chan, seduto su una sedia intorno al tavolo, dopo qualche istante di silenzio.

–Sì. Direi di sì.– rispose Jisung.

–Perché suona quasi triste?– chiese Changbin.

–Perché non potrai più comprare cocaina se intendi vivere come una persona normale.– disse Jisung, alzandosi in piedi. –Vado a prendere una maglia.– annunciò, uscendo dalla stanza.

grafite e diamanti | minsungDove le storie prendono vita. Scoprilo ora