io vedo noi distesi sopra un prato

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Un silenzio assordante regnava nel vasto prato fiorito, mentre i due ragazzi si guardavano con un'intensità tale da riuscire quasi a scalfire il viso dell'altro. Le loro gambe si toccavano in maniera quasi impercettibile e la mano del più piccolo si avvicinava al volto di Manuel per lasciare una dolce carezza.
«Scusa, ancora non mi sembra vero» scosse la testa sorridendo.
«E invece lo è. Sono qui. Con te.»
Ben presto le loro labbra si toccarono e le braccia di Manuel circondarono Simone per stringerlo a sè il più possibile. Non poteva permettere che scappasse. Non questa volta che tutto sembrava andare per il verso giusto.

Improvvisamente la scena venne interrotta dal suono fastidioso di una sveglia che obbligó Manuel ad aprire gli occhi.
«No te prego, non di nuovo» mormoró a se stesso per autoconvincersi di non aver sognato il migliore amico per la quarta volta nel giro di una settimana.

Si sollevò e rimase a contemplare la parete per un tempo quasi interminabile, per poi strofinarsi gli occhi, sbuffare e alzarsi finalmente dal letto.
Si trascinó a passi pesanti verso il bagno, dove si bloccó per qualche minuto davanti allo specchio.
«Eddai Manuel, ma che c'hai ultimamente» si schiaffeggió mentalmente e sbuffó nuovamente, consapevole di sapere perfettamente cosa c'avesse
ultimamente. Te piace Simone, ecco che c'hai.

Dopo la famosa festa di compleanno e l'avventura nel cantiere, i due avevano cercato di non parlarle di ciò che era successo. Simone per paura di allontanare la persona per lui più importante e quest'ultimo per non ammettere la verità a se stesso.

«Manuel va tutto bene? Dai muoviti che me serve il bagno» urlò Anita dalla stanza affianco avanzando verso la porta chiusa.

«Si mà scusa, vai pure. Io mi vesto e corro a scuola che so pure in ritardo. Ci vediamo dopo» rispose Manuel spostandosi in camera alla ricerca di qualcosa da indossare.
Voleva stare comodo, quindi dopo aver infilato una tuta, afferrò le chiavi della moto e arrivò a scuola.

La giornata fu particolarmente tranquilla ma il cuore di Manuel ebbe una reazione insolta nel momento in cui Simone si avvicinò, posò una mano sulla sua spalla e lo guardò.

«Senti ma studiamo assieme oggi pomeriggio?» domandò con uno sguardo dolce che fece dimenticare a Manuel persino il suo nome. Si autoimpose di ricomporsi e rispose a Simone, che stava attendendo un riscontro.
«Certo Simò. Lo sai che sennò mi bocciano»

-

«Non è difficile Manuel, è questa la formula» lo rimproverò per l'ennesima volta Simone. Quel giorno Manuel stava pensando a tutt'altro, era chiaro. Il più piccolo doveva assicurarsi che stesse bene.
«Che succede? È successo qualcosa a casa?»
«No, non è successo niente. C'ho solo un po' di pensieri per la testa. Non ce capisco più un cazzo Simò.» ammise il riccio sperando di non esporsi troppo.
«Puoi parlarmene, lo sai. Magari posso aiutarti a distrarti.»
Il volto di Simone aveva assunto un'espressione apprensiva, non riusciva a sopportare l'idea che il ragazzo per cui era perso stesse male.

Distrarsi. Forse era ciò di cui aveva bisogno.

Ma ovviamente Manuel lo conosciamo un po' tutti, e sbagliò completamente. Nel momento in cui afferò Simone per la maglietta e si buttò sulle sue labbra, il più piccolo lo spinse violentemente lontano da sè.

«Che c'hai adesso?» proprio non lo capiva. Non gli stava dimostrando di tenerci?
«Vaffanculo, Manuel. Te e il tuo essere cosí bipolare. Non sono un oggetto che puoi usare quando sei confuso e stai male. Vattene, esci di qui»
Simone si alzò velocemente dalla scrivania e cercò di distanzarsi il più possibile da Manuel. Questa volta sarebbe andato avanti e lo avrebbe fatto per se stesso, per essere finalmente felice.
Manuel non se lo fece ripetere due volte, si alzò e uscí dalla porta, maledicendosi. Aveva rovinato tutto, un'altra volta.
Perchè era cosí dannatamente difficile per lui dimostrare a Simone che lo voleva?
Simò io c'ho bisogno di te. Che ce facciamo ancora separati?

I giorni successivi parvero interminabili, caratterizzati da una totale assenza di interazione tra i due ragazzi.
Nessuno aveva il coraggio di domandare cosa fosse successo, ma tutti avevano compreso che sicuramente le cose tra i due non stavano andando nel migliore dei modi.

«Ma sempre co sta faccia stai? Eddai me pari mezzo morto Manuel.» lo provocò una mattina Chicca che era stufa di vedere una persona a lei cara turbata in quel modo.
«Chicca, lasciame in pace va.»
«Simone vero?» azzardò la ragazza dai capelli colorati.
Manuel si lasciò sfuggire una risata.
«Quindi se nota»
«Che ce credi scemi Manuel? Pure a bidella chiede de voi e non sappiamo più che dobbiamo dirle»
Entrambi si lasciarono andare in una fragorosa risata e per un attimo il nodo alla gola di Manuel sembrò scogliersi.

«Devo sistemare le cose ma ho paura di averlo perso per sempre»
«Ma chi, quel sottone de Simone? Ma te prego Manuel che tra vent'anni te lo ritrovi ancora tra le palle, fidati. Te gravita attorno da due anni e secondo te smette ora?» scherzò Chicca alludendo alla pazienza di Simone, capace di personare al più grande anche gli errori più evidenti.

«Vai da lui però. Il prima possibile» concluse dolcemente l'amica prima di congedarsi e avviarsi verso la classe.

Manuel prese alla lettera le parole di Chicca e il pomeriggio stesso parcheggiò il motorino nel giardino della famiglia Balestra.
Suonò il campanello e fu Dante ad aprire la porta.
«Manuel, ciao. Hai bisogno?»
«Sí, devo parlare con Simone. Assolutamente»
Assolutamente. Ma come parli ao'.

Dante gli riservò un tenero sorriso e si fece da parte per farlo entrare. Aspettava con ansia questo momento.
Dopo averlo ringraziato si avvicinò alle scale, prese un profondo respiro e si decise a salire.
Si bloccò davanti alla porta della camera di Simone e si torturò le mani per qualche secondo, prima di bussare finalmente.

«Che vuoi papà? Sto studiando» esclamò Simone in tono scocciato.
«So io Simò. Te volevo parla» precisò Manuel rispondendo in maniera quasi interrogativa.
«Vattene, non abbiamo nulla da dirci»

Nessunò dei due fiatò per una buona manciata di minuti. Anche con un muro a separarli, la tensione era percepibile a metri di distanza.

«Quattro volte» esordí improvvisamente il Manuel
«Cosa?»
«Quattro volte» ripetè per poi sentire Simone che si stava avvicinando alla porta per aprirla.
Presto si trovarono faccia a faccia.
«Sono le volte che ti ho sognato questa settimana» ammise senza interrompere il contatto visivo. Era stanco di avere paura.
Simone non riuscí a trattenere una lieve risata.
Manuel lo aveva sognato. Più di una volta.
«Vabbè mo non è che te la devi tira. Non sei a Regina Elisabetta Simò.» si affrettò ad aggiungere Manuel, incoraggiato dalla reazione di Simone che sembrava aver dimenticato il loro litigio.
«Guarda che ammettere che provi sentimenti pure tu può farti solo bene eh. Se ti elencassi le volte che ti ho sognato io ti spaventeresti» lo rassicurò Simone. Sapeva che il più grande odiava mostrarsi vulnerabile ma il fatto che si stesse sforzando gli scaldò il cuore.
E in realtà il cuore di Manuel esplose al solo pensiero che il suo Simone lo avesse sognato.
«Che ce facevo nei sogni tuoi Simò mh?» lo canzonò compiaciuto.
L'imbarazzo si impossessò di Simone che subito abbassò lo sguardo continuando a sorridere.

«Sei te il casino che c'ho in testa Simò. Sei te che non me fai capi più un cazzo. Mi dispiace di aver sbagliato ma non sapevo come dimostrartelo.»
«Sei proprio un coglione»
«Vabbe mo me sembra esagerato» si difese il riccio avanzando verso il più alto.
E avrebbe voluto aggiungere qualcosa, se solo Simone non lo avesse letteralmente tirato per un braccio e finalmente baciato, mentre Manuel non potè fare a meno di sorridere in quel bacio tanto atteso quanto speciale.


Eilá! Spero che anche questa storia vi sia piaciuta. Se vi va lasciatemi un commento e fatemi sapere cosa ne pensate.

Alla prossima <3

it's always been you. [os Simuel]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora