solo per vincere sta guerra

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Manuel amava la notte, irrazionale, feroce.
Solo il buio gli permetteva di uscire dagli schemi ed essere davvero se stesso, accompagnato dalla pallida luna.
Aveva perso il conto di quante volte la notte gli aveva reso impossibile starsene a letto, quasi come se sentisse di sprecare la parte migliore delle ventiquattro ore che aveva a disposizione. Anche perché la mattina arrivava piuttosto in fretta e Manuel non poteva sopportarlo, non voleva che le ore del giorno lo spogliassero di ogni sua certezza, lasciandolo nudo davanti a tutti.
E quindi afferrava le chiavi di casa e usciva, perchè le stelle in cielo non si sarebbero contate da sole.

Simone amava il giorno, la ragione, l'ordine.
La luce era per lui una necessità, era come se in qualche modo noto solo a lui, mettesse ordine nella sua vita. Al buio non vedeva bene, pensava, come avrebbe potuto tenere tutto sotto controllo?
Non appena il sole smetteva di illuminarlo, Simone si nascondeva e attendeva con impazienza l'arrivo della mattina, capace di placare l'agitazione che le tenebre inevitabilmente causavano.

Per questo motivo, quando, per qualche ragione a lui sconosciuta, aveva smesso di riuscire a dormire, era crollata per lui ogni sicurezza.
Passave le notti a rigirarsi nel letto, nella speranza di addormentarsi prima o poi, ma capitava raramente e, se capitava, succedeva alle cinque o sei di mattina, quando ormai mancava poco al suono della sveglia.

Aveva ascoltato ogni suggerimento possibile, dalla camomilla alla meditazione, ma nulla sembrava funzionare e Simone stava letteralmente impazzendo.
Se n'erano accorti un po' tutti, in primis il padre che lo vedeva da qualche giorno scendere a fare colazione con più occhiaie del solito e il passo di un mammut.

Si era preso la premura di chiedergli se andasse tutto bene, se avesse bisogno di aiuto o anche solo una spalla su cui piangere, ma ció che innervosiva Simone era proprio questo: non sapere cosa stava succedendo.

«Vedrai che è un periodo cosí, Simone. Sei turbato per la scuola?» aveva domandato Dante davanti ad una tazza fumante di caffè.
«No papá, è quello il punto. Va tutto bene»

«E con Manuel?»
E con Manuel cosa?
Simone aveva rigirato un paio di volte il cucchiaino nella tazzina prima di rispondere, per cercare di calmarsi e non urlare in faccia al padre che lo guardava con pura innocenza.

Erano mesi che non si parlava di Manuel con delicatezza. Erano mesi che il suo nome non era più impronunciabile. Erano amici, le cose andavano bene. Non c'era alcun bisogno di considerarlo ancora un argomento tabù.
Eppure Dante lo aveva appena fatto, aveva sospettato che dietro l'inquietudine di Simone potesse esserci il più grande.

Non sentendo alcuna risposta da parte del figlio, Dante aveva tentato di correggere il tiro.
«Guarda che sarebbe normale Simone, pure gli amici litigano.»
Ma io e Manuel non siamo amici.
O meglio, sí, ma a me non basta.

Era passato ormai molto tempo dal loro primo bacio e tutto sembrava essere acqua passata.
La verità è che entrambi avevano scelto la via più facile e indolore, non parlarne e andare avanti.
Indolore un cazzo, si trovava però spesso a pensare Simone, che guardava ancora il più basso con gli occhi dell'amore.
Certe volte giurava di odiarlo ed era certo che, se ne avesse avuto la possibilità, gli avrebbe volentieri tirato un pugno. Poi però Manuel parlava, Manuel lo guardava, Manuel semplicemente esisteva e Simone non ci capiva più nulla.

Erano amici, e andava bene così.
Erano amici, ma non andava bene per un cazzo.
Non c'erano stati più baci, ed era così che doveva essere.
Non si baciavano, ma le loro labbra si erano sfiorate infinite volte.

Simone una risposta al padre non la diede, ma quando si ritrovó a sfrecciare per le strade di Roma per arrivare a scuola, pensó che forse il sonno glielo avesse rubato il più grande.

it's always been you. [os Simuel]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora