nessuna fine perchè siamo eterni

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Manuel era perso, completamente incantanto. Osservava il ragazzo davanti a sé mentre rideva e sentiva il suo cuore farsi piccolo piccolo, finalmente capace di ospitarne un altro.
Manuel sorrideva tranquillo, i sentimenti erano ancora tutti lí.
Un po' come quella canzone strappa lacrime che salviamo ma non abbiamo mai il coraggio di cliccare e rimane lí, alla fine della nostra playlist preferita.
Peró sappiamo che esiste, che non svanirá, e va bene cosí.
Manuel però quella volta la canzone decise di ascoltarla, pronto ad esserne travolto anche senza conoscerne le esatte conseguenze.

«Non mi basta, Simó»
«Ma cosa?»
«Questo, non mi basta piú»
«Ma questo cosa? Parla, Manuel»
«Questo, essere amici e tutte le altre stronzate. Non mi basta più. Io e te non possiamo essere solo amici, lo sai meglio di me»

Simone arrossí al solo ricordo di quelle parole.
Ogni tanto gli capitava di rifugiarsi nel passato, nelle prime parole d'amore che il ragazzo più grande aveva da sempre riservato solo a lui. Era come un pizzicotto che gli ricordava che non stava sognando, era tutto vero.
Ovviamente il salto nel passato portava con sè anche le sfumature negative, come le numerose volte in cui le parole di Manuel si erano trasformate in coltelli affilati che Simone non era stato in grado di scansare.
Eppure lo avrebbe rifatto altre mille volte. D'altra parte Manuel era l'unico in grado di guarirlo.
Ritornó alla realtà scuotendo impercettibilmente la testa e si sistemó sullo scomodo sedile, con il braccio adagiato affianco a lui.
Sbuffó leggermente, stanco e annoiato. Era in volo da qualche ora e non ne poteva più, il suo unico desiderio era atterrare e tornare a casa. E finalmente sarebbe tornato a casa, da Manuel.

La scelta di trasferirsi a Glasgow per tre mesi non era stata per nulla semplice, ma la posta in gioco era troppo alta per rifiutare: avrebbe frequentato un corso legato al suo percorso di studi universitario e passato un po' di tempo con sua madre.
Inoltre la relazione con Manuel proseguiva a gonfie vele e il trasferimento temporaneo del più piccolo non aveva provocato nessuna crisi. Al contrario il fidanzato, che giá lavorava da qualche anno, era riuscito ad accordarsi con il suo capo per avere le ferie e i permessi che gli sarebbero serviti per raggiungere Simone almeno due volte al mese.

L'aereo atterró e Simone si ritrovó a dover aiutare un vecchietto sordo e cieco a trovare il proprio bagaglio.
«Che brava giovincella! Sono sicuro che il Signore le terrá un posto nel Paradiso!» aveva urlato l'anziano signore.
«Guardi, in realtá sono un ragazz-»
«Non se ne vergogni mia cara! Questi capelli biondi le donano!» è così si era congedato.

Dopo poco Simone si trovava finalmente in taxi, diretto verso il piccolo appartamento che condivideva con Manuel.
Aveva calcolato ogni singolo particolare e sapeva che il ragazzo era in casa in quell'esatto momento e non rischiava di doverlo attendere. Non ce l'avrebbe fatta, aveva bisogno di lui.
Trascinó la valigia per le scale e si maledí per averla riempita così tanto e, una volta arrivato alla porta, estrasse le chiavi dalla tasca.

Dal canto suo, Manuel stava spazzando il pavimento tra le note di una canzone reggaeton e una di Taylor Swift, impegnandosi quasi di più a creare coreografie che pulire per terra.

«Boooys only want love if it's tort-»
Il rumore di un paio di chiavi nella serrature destó la sua attenzione e lo portó a interrompere la sua esibizione.
Taylor non abbiamo finito, io e te.
Pensó, mentre si avvicinava con passo felpato alla porta sollevando la scopa come se fosse una mazza da baseball.
Nel momento in cui la porta si aprí, Manuel si avventó sul malcapitato strillando e agitando la scopa, davanti alla quale Simone si abbassó chiudendo gli occhi, cercando di proteggersi con le mani e rispondendo al grido del fidanzato con altrettante urla.
Il primo a riacquistare luciditá fu Manuel che si fermó e gettó la temibile arma a terra.
«Ma cosa cazz-»
Simone esitó prima di aprire gli occhi, terrorizzato dall'idea di vedere il proprio cranio aperto in due.
I due si fissarono per qualche secondo, con i rispettivi sguardi che percorrevano la figura davanti a sè con estremo stupore.
Entrambi avevano immaginato il loro ricongiungimento decisamente diverso, perché in realtà bastarono poche parole.

«Simò»
«Mh?»
«Scusa eh, ma che cazzo te dice il cervello?»

                                             ***

«Guarda, te me dovresti solo ringrazia. Se entrasse un ladro in casa probabilmente te gli chiederesti se nel caffè ci vuole il latte oppure no» canzonó Manuel aiutando Simone a sistemare i vestiti che erano in valigia.

Quest'ultimo era in casa da ormai qualche ora ed era la quinta volta che tornavano sull'argomento tentato omicidio di Simone Balestra da parte di Manuel Ferro.

«Manuel un ladro al mio posto poteva essere armato. Non avresti risolto nulla, cosa vuoi che gli faccia una scopa in testa?» ribadí Simone offeso
«Non lo so, se vuoi provo su di te. Poi mi dici come stai e se dopo c'avresti voglia de rapinarmi» lo provocó il fidanzato piegando un'altra maglietta.
«Simpatico» borbottó Simone.

Manuel gli dava le spalle ma sorrise comunque.
La casa era incredibilmente vuota senza il suo ragazzo e, anche se non lo avrebbe mai espresso a parole, era estremamente grato che fosse tornato da lui. Certo, aveva avuto modo di vedere Simone nel corso dei tre mesi, ma nulla poteva essere paragonato alla possibilità di vivere la propria quoditianità con lui, avendo modo di condividere anche il momento più banale, come la colazione della mattina o la doccia della sera.

Aveva passato giorni a contare i minuti che mancavano al ritorno di Simone e ora, che era davvero tornato, non gli sembrava vero ed era stato travolto da un senso di pace che non credeva fosse possibile sperimentare, come se tutto fosse tornato al posto giusto.

«Posso tornare via, se ti da fastidio che stia qui»
questa volta a provocarlo fu Simone, sogghignando senza essere visto dall'altro.
Manuel si bloccó di colpo e lasció cadere i calzini che aveva in mano, per poi girarsi verso il fidanzato mentre quest'ultimo rimase di spalle, convinto di aver pronunciato la frase più innocente del mondo.
Si incamminò in direzione del fidanzato e si sedette affianco a lui, senza fiatare.

«Ehi» lo salutò Simone con un sorriso e un tono così dolce che fecero sciogliere Manuel.
Il più grande non rispose e Simone s'incupí, preoccupato.
«Che hai? È successo qualcosa?» lo interrogò senza rinunciare al suo caratteristico tono dolce e rassicurante.
«Non lo devi di manco pe scherzo Simò» lo aggredí Manuel.
«Tu, qui, in mezzo a tutto sto casino, sei l'ultima cosa che mi da fastidio. Non mi dai fastidio mai, nemmeno quando ce provi.»
Simone ridacchiò ricordando tutte le volte in cui invano aveva tentato di infastidire il più grande.
«Non voglio che te ne vai» ammise e concluse in un sospiro Manuel, che aveva inconsciamente afferrato la mano di Simone e stava giocando con uno dei suoi anelli.

Simone strinse la mano di Manuel, paradossalmente più piccola, nella sua e con l'altra lo prese dolcemente per il mento costringendolo a voltarsi.
«Non vado da nessuna parte se mi tieni la mano, Manuel»

Manuel sorrise come mai aveva fatto, prima di far scontrare le loro labbra in un bacio che sapeva di tutti i kilometri che li avevano separati e tutti i baci che non si erano potuti dare.

«Ah Simó, na cosa importante»
«Dimmi»
«Non è che ce potemo tenere per noi il concerto de Taylor Swift che stavo a fa prima?»


Buon pomeriggio! Ho scritto questa cosa super banale e anche bruttina solo per comunicarvi che in realtà ultimamente ho zero ispirazione e sono disperata.
se avete qualche idea che vi piacerebbe vedere sviluppata in una storiella fatemi sapere!

alla prossima! <3

it's always been you. [os Simuel]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora