29. Tempo

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Quando Jennie si svegliò, la mattina successiva, si sentiva più sola che mai. Avrebbe voluto che Lisa fosse lì con lei, a preparargli la colazione in pigiama, con l'odore del caffè sparso per la cucina. Si vestì in fretta, si lavò, fece colazione e uscì velocemente, per andare all'università.

Al suo arrivo, le sue amiche tentarono di raccontargli cos'era successo la sera precedente, quando erano andate al cinema con alcuni ragazzi. Lei si sedette accanto a loro sui gradini e cercò di ascoltare, ma si sentiva distante mille miglia da quella vita fatta di feste e popolarità. Per la prima volta in assoluto, si sentì sola anche in mezzo al suo gruppo di amiche.

Forse fu per questo che, quando Lisa arrivò e gli fece un breve cenno in direzione del retro dell'università, lei annuì e si allontanò dalle amiche con una scusa. Mentre le lezioni iniziavano e tutti si dirigevano verso l'entrata, Jennie s'incontrò con Lisa dietro l'edificio.

Lei aveva un'aria preoccupata.

«Che succede?» chiese Jennie.

«Rosé è rimasta a casa oggi. Dice di non sentirsi bene.»

Jennie trattenne il respiro. La paura si fece strada nel suo corpo. «Quanto tempo abbiamo?»

La ragazza si passò una mano fra i capelli. «Non lo so!» rispose frustrata. «Spero che resista altri tre giorni, ma non possiamo perdere tempo. Dobbiamo affrettare il passo, e cercare di arrivare in tempo.»

«Non possiamo evitare di cacciare per due giorni? Non moriremo certo di fame...» propose Jennie, ma Lisa scosse la testa.

«Rosé riuscirà a resistere al veleno solo se continuerà a mangiare e bere regolarmente, e a riposarsi spesso. Non possiamo fare altro che sperare.»

Jennie sentì le lacrime che gli pungevano gli occhi. Cercò di ricacciarle indietro, senza successo. Lisa la abbracciò senza dire nulla, cercando di fargli forza.

«Se Rosé...» sussurrò Jennie, tra le lacrime, «Se Rosé dovesse...»

«Shhh.» la zittì dolcemente la ragazza, accarezzandogli la schiena. «Non lo dire nemmeno. È forte, e noi faremo il possibile. Dobbiamo solo cercare di andare più veloci.»

Jennie si sciolse dall'abbraccio, annuendo e asciugandosi le lacrime.

Ce la faremo, pensò.

Quel giorno, non riuscì a seguire neanche una lezione.

Ora che il tempo stringeva, i giorni sembravano passare più velocemente.

Rosé camminava lenta, tossiva e sudava. Mostrò alle ragazze le venature nere che ormai occupavano tutta la gamba, e sorrise debolmente.

Lisa impiegò un'ora e mezza per catturare tre prede e diede la sua a Rosé, dicendo di non avere fame. Anche Jennie mangiò solo metà della sua, lasciando con noncuranza il resto accanto alla ragazza e dicendo che l'avrebbe buttato via se qualcuno non l'avesse mangiato.

Rosé divorò tutte le porzioni, ma la stanchezza non lasciò mai il suo volto. Insistette per fermarsi almeno tre volte e ogni volta aveva il fiatone. Al tramonto, Lisa le chiese se ce la facesse a camminare un altro po', ma lei scosse la testa e disse che era troppo stanca. Dopo aver cenato, si mise subito a dormire e sparì prima del previsto.

Il giorno successivo, nel mondo reale, Lisa informò Jennie che era andata a trovare Rosé. Si era data malata e i suoi genitori pensavano che avesse preso un'influenza passeggera. Le era salita la febbre, ma continuava a sorridere.

Il sesto giorno di cammino, le venature nere avevano superato l'ombelico di Rosé, che si trascinava lentamente in avanti, aggrappandosi a Jennie. La ragazza cercava di fare battute per tirarla su di morale e darle un po' di forza, ma Rosé continuava a sorridere debolmente e farsi sempre più pesante contro di lei.

L'Altra Metà del Mondo |Jenlisa|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora