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Guardo l'orologio non so quante volte, sicuramente più di quanti sguardi rivolga alla palla, e ciò non è affatto un bene.
Mi ripeto che manca poco, che posso farcela, che devo concentrarmi solo sul gioco che tra poco sarà finito.
Ma appena mi convinco di ciò e mi sforzo di credermi, tento di saltare verso una palla schiacciata dall'altro lato del campo, ma nello stesso momento in cui Tanaka fa lo stesso verso di me.
Indietreggia senza accorgersi della mia presenza alle sue spalle, finendo per colpirmi col gomito proprio sul petto.
Subito dopo l'impatto, appena torno a terra, faccio qualche passo indietro cercando di tenermi in equilibrio, ma comincio a tossire e la nausea aumenta, così mi concentro solo sul non far cedere le gambe e crollare al suolo.
Tsukki si volta subito verso di me, ma stavolta non è l'unico, e mi sento avvampare più per l'attenzione catturata che per il dolore.
Chiudo gli occhi e cerco di respirare, tenendo la mano sulla bocca col terrore di rimettere.
«Oddio scusami, stai bene?» chiede subito Tanaka, col panico nella voce che non riesco a vedergli in viso.
Mi aggrappo al braccio di Kei che sento e intravedo accanto a me, mentre sento qualcun altro chiedere lo stesso, ma seppur non ne distinguo la provenienza, annuisco debolmente per entrambi.
Non so come uscirne, ma fortunatamente ci pensa lui al mio posto.
«Lo porto di là» comunica cingendomi le spalle con un braccio, tenendo il mio con l'altra mano. E anche in questa situazione, mi viene da sorridere nell'accorgermi che ricorda sempre dove toccarmi per non darmi fastidio.
Socchiudo gli occhi all'entrata dello spogliatoio, abbandonandomi su una panca appena ci avviciniamo, accompagnato da lui nonostante il movimento repentino.
Mi stringo l'addome, la testa verso l'alto e gli occhi chiusi, il viso coperto dalla mano non occupata a stringermi il fianco.
«Che succede?» domanda Tsukki sedendosi accanto a me e non so come faccia a rimanere calmo; è vero che sa tutto, ma stavolta nemmeno lui è a conoscenza di ogni particolare.
«D-devo vomitare» balbetto in risposta, facendo già per alzarmi nonostante la debolezza che mi pervade tutto il corpo e soffoca ogni muscolo.
Lui mi prende di nuovo con prontezza, camminando ancora con me e tenendomi per tutto il tempo in cui il mio stomaco richiede il bagno e ringrazio di avere una persona così al mio fianco: se rimane con te anche mentre vomiti, è un vero amico.
Impiego le ultime energie per premere lo sciacquone e poi mi butto con la schiena contro il muro, rabbrividendo per il freddo improvviso, con la certezza di avere in un secondo assunto il colorito di un lenzuolo.
Riesco a sollevare leggermente le palpebre verso di lui e scorgo il suo volto preoccupato verso il mio; lo vedo cercare le parole per capire la situazione, ma gli risparmio la fatica e il disagio, nonostante lo prenda io del tutto nell'ammettere cosa mi succeda.
«Stai tranquillo, ho... ho solo lo schifo mensile»

«the Weight on my Chest»Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora