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È finita, finalmente.
Siamo a casa, nemmeno il tempo di entrare in camera che mi lascio cadere sul letto, con la stanchezza che sovrasta l'imbarazzo di non aver neppure aspettato che Tsukki mi invitasse a farlo. Lui è risceso giù, mi ha dato il tempo di cambiarmi e lavarmi mentre inizia a preparare la cena, però non riesco a muovermi da qui.
Mi stendo quasi completamente, lasciando i piedi a terra e poggiando le spalle contro il muro, coprendomi il viso con un sospiro.
Riprendo subito a pensare... se mai io abbia smesso.
Ripercorro a tutta la giornata, quella di ieri e le precedenti, il messaggio di mia madre, la conversazione con l'allenatore e il professore... entrambe le conversazioni.
Alla fine infatti, mentre eravamo seduti, il mio timore si è avverato; ci hanno visti e raggiunti, ma io ho finto di dormire.
Me ne vergogno, ma non sarei riuscito a sostenere un altro dialogo.
Però li ho sentiti parlare con Tsukki, che ha raccontato l'accaduto credendo anche lui dormissi davvero.
<<Tutto bene ragazzi?>> aveva chiesto Takeda dopo aver percepito i loro passi arrestarsi, poi Kei annuire.
<<Non si sentiva bene, abbiamo aspettato un attimo>>
Una parte di me era sollevata che non fosse andato troppo oltre nella spiegazione, ma allo stesso tempo avrei voluto che spiegasse tutto per non doverlo fare io.
E così è stato, facendomi sentire talmente sollevato da capire quanto in realtà volessi che ne parlasse.
Li ha informati del gesto di mia madre, del mio crollo... che forse era meglio non nominare, ma ormai sono fin troppo esposto, sarebbe inutile; Tsukki ha ribadito che ci avrebbe pensato lui a me e ho resistito dal sorridere per non farmi scoprire, poi loro hanno commentato la situazione con dispiacere e ripetuto il bisogno di un'imminente soluzione.
<<Ho già in mente come procedere>> aveva concluso il professore e continuo a riflettere su cosa intendesse.
Ma a me sembra già questa, una soluzione: stare lontano da lei.
E con lui.
Però sì, mi sento in colpa ad invadere così tanto i suoi spazi e di certo non posso stare qui per sempre, nonostante vorrei... basta che ci sia lui e va bene tutto. Ma ho bisogno comunque di quella soluzione, anche per lui.
<<Tutto okay?>> lo sento improvvisamente chiedere e sussulto spostando le mani dal viso, non essendomi nemmeno accorto che fosse entrato. Strano data la mia abitudine ad udire i passi a piani di distanza, sviluppata per colpa di mia madre in modo da prepararmi psicologicamente ad ogni sua entrata, o fingendo di dormire ogni volta che potevo.
<<Sì, scusa... ora vado>> rispondo tirandomi su, rimanendo per un attimo seduto prima di alzarmi in piedi, barcollando leggermente.
<<Fai con calma, non c'è fretta>> mi rassicura tenendomi per le spalle al mio cedimento. Annuisco piano, rilasciando un lieve sospiro mentre porto le mani sui suoi fianchi. Lui fa scorrere le sue fino a prendermi con attenzione il viso, sporgendosi a baciarmi sulla fronte.
Mi godo il gesto chiudendo gli occhi, avvicinandomi di più per poggiarmi sulla sua spalla e circondargli la vita con le braccia, mentre lui allunga le sue fino ad avvolgermi la testa per tenermi più stretto a sé.
<<Kei...>> lo chiamo piano, optando per il suo nome poiché più corto e meno faticoso.
<<Dimmi>> sussurra accarezzandomi i capelli e prendo un piccolo respiro, terminando con timore.
<<Cosa pensi potrebbe fare Takeda?>>
Lui si blocca per un attimo, dando subito voce al probabile motivo di quella reazione.
<<Credevo dormissi prima, che ti avessi svegliato per alzarci>>
Scuoto timidamente la testa sulla sua spalla, vergognandomi della bugia.
<<Scusa... non mi andava di affrontarli ancora>> ammetto con una lieve risata, tanto ormai sono uscito allo scoperto.
<<Hai fatto bene se non te la sentivi, non preoccuparti>> mi rassicura dolcemente, sospirando nel cambiare espressione prima di rispondermi.
<<Non lo so... sicuramente vuole portarti in un posto sicuro dove potrai stare bene. Spero che qui sia già così e sai che puoi stare quanto vuoi, ma è giusto che tu riceva ciò di cui hai bisogno>>
Rimango in silenzio, non so cosa pensare o provare, annuisco soltanto.
<<Ho bisogno solo di te, del resto non mi importa>> sussurro dopo un attimo, arrossendo per quella confessione.
Lui mi stringe di più, prendendomi poi il viso per potermi guardare.
<<Lo stesso è per me... ma così starai bene, mh?>> sorride accarezzandomi delicatamente le guance e non riesco a non sorridere anch'io, annuendo.
Ogni volta mi basta la sua sola presenza per far passare tutto.
Mi basta guardarlo e sto bene.

La mattina dopo mi sento ancora incredibilmente stanco, nonostante ci siamo messi a letto presto e io sia crollato praticamente immediatamente.
Spesso quando mi alzo vengo subito soffocato dalla sensazione della mancanza di motivo per farlo e della conseguente inutilità dell'azione... ma oggi, appena mi sveglio, questa brutta sensazione viene subito sostituita da una speranza ora concretizzata: lui.
C'è sempre stato e ammetto che tante volte ho pensato a lui per superare i momenti peggiori, anche se la certezza che non potessimo essere di più a volte alimentava la voglia di mollare.
Probabilmente ho sempre desiderato altro con lui, ma non ho mai avuto il coraggio di ammetterlo, non mi concedevo di immergermi nell'idea.
Ora invece è qui, accanto a me.
Alzo lo sguardo verso il suo viso ancora addormentato e sorrido, di quella felicità incontenibile che mi riempie il cuore. Mi sollevo silenziosamente sui gomiti e lo osservo... e la vita è improvvisamente meravigliosa.
Faccio per portare una mano verso il suo viso, intenzionato a percorrergli il viso con un dito, ma sono talmente incantato che non mi accorgo nemmeno che si sia svegliato, infatti sussulto e arrossisco quando incontra il mio sguardo scoprendolo già su di sé.
<<Buongiorno...>> mormoro abbassando gli occhi e ritraendo il braccio, trattenendo un sorriso.
<<Buongiorno... tutto bene?>> chiede ricambiando la mia espressione, sottolineando così il mio gesto.
<<Mmh>> rispondo annuendo <<tu?>>
Lui si sporge verso di me, baciandomi sulle labbra. <<Ora sì>> commenta fiero. Io arrossisco di colpo e mi chino per nascondere il viso sul suo petto, mentre lui ride.
Mi imbarazzerei infinite volte pur di sentirlo ridere così.

A scuola scorre tutto in modo abbastanza tranquillo e mi sembra che le lezioni passino quasi rapidamente, ma mi pento di aver abbassato la guardia nel momento in cui bussano alla porta.
<<Può uscire Yamaguchi? Lo cerca il professor Takeda>> comunica l'inserviente che è appena sbucato dall'entrata dell'aula.
Sento il cuore fermarsi per un attimo, per poi riprendere a battere più veloce.
Mi alzo al consenso dell'insegnante, convincendomi ad andare verso il mio destino. Ora scoprirò la risposta a quella domanda.

«the Weight on my Chest»Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora