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Mi sento così patetico ad ammettere che tutto questo dolore sia provocato solo da quello, mi fa sentire ancora più debole, ma la vergogna più soffocante rimane sempre ricordare la mia natura attraverso un disgustoso processo del mio corpo.
Ma lui sembra cogliere tutto, persino il malessere psicologico che ciò mi infligge, così grande da far risultare il resto completamente insignificante.
«Mi dispiace, immagino quanto faccia male...» mormora dopo un sospiro con un'espressione così afflitta da farmi sentire in colpa per la drammaticità mostrata, tanto che mi riprendo subito.
«Ma no, tranquillo, non è così grave» sorrido leggermente, sentendo il viso tirare per la fatica di quella semplice espressione.
«Vedrai che passerà tutto» mi incoraggia lui mettendomi una mano sulla spalla, facendomi intuire il significato generale della frase nonostante io stesso abbia cercato di tenermi sulle sensazioni fisiche per non appesantire di più la questione.
Ma alla sua ulteriore prova di quanto riesca a comprendermi senza parole, sorrido, e sento la speranza che in momenti simili tende a cedere, rafforzarsi.
«Certo, grazie» confermo, e grazie a lui riesco a crederci davvero.

Quell'attimo di quiete tanto desiderata viene però infranta dalla voce di qualcuno appena entrato nello spogliatoio.
«Siete qui, ragazzi?»
È il professor Takeda, probabilmente mandato dal mister per controllare la situazione.
Cerco di riprendermi rapidamente e mi schiarisco la voce per prepararmi a rispondere, ma Tsukki mi precede affacciandosi dal bagno.
«Sí, eccoci»
Ci raggiunge alla porta e faccio qualche passo verso di loro, scorrendo un palmo contro la parete per tenermi e cercare di mostrarmi più sicuro.
«Come va? Stai bene?» chiede preoccupato inclinando la testa per scrutarmi meglio dalla mia posizione appena poco dietro Tsukishima, più per proteggermi automaticamente che per reggermi al muro.
Annuisco piano, poi con una maggiore convinzione che mi obbligo a mostrare «Sto bene, è solo un po' di mal di stomaco»
Mento, ma non del tutto: in confronto a quanto provo in questo momento, il dolore si riduce ad un lieve fastidio.

«Mmh» mormora l'insegnante con un piccolo cenno della testa e capisco di non averlo convinto, ma non mi sorprende dato che non lo sono nemmeno io di me, «va bene, vi aspetto di là, non preoccuparti dell'allenamento.»
Faccio per ringraziarlo, ma dopo un sorriso è già uscito; la dolcezza paterna di quell'uomo mi conforta ogni volta.
«Possiamo andare» dico a Tsukki quasi immediatamente e lui mi guarda teso.
«Ne sei sicuro? Va meglio?»
Annuisco, «sto bene ora»
«E... la botta? È tutto a posto?» aggiunge titubando un attimo e capisco come l'abbia fatto fino a quel momento, forse non trovando il coraggio o le parole per farlo.
Ma annuisco con la stessa tranquillità delle risposte precedenti per rassicurarlo «a posto, non preoccuparti»
Anche se mi manca ancora il respiro e non vedo l'ora di togliere il binder.

Sul punto di uscire dallo spogliatoio, veniamo intercettati dagli altri che invece entrano, e sospiro sia l'imminente e inevitabile dialogo che per aver perso la fine dell'allenamento già terminato, da cui soprattutto ho sottratto Tsukki.
«Tadashi, stai bene? Mi dispiace tanto, non volevo...» dice subito Tanaka, riprendendo la cascata di scuse di poco prima.
Gli sorrido nonostante la stanchezza e cerco di rassicurarlo come posso, anche se per farlo al meglio dovrei confessare la verità e non posso farlo. Ancora no.
«Stai tranquillo, sto bene, tu non c'entri»
Butto un indizio con l'ultima frase, ma dalla sua reazione mi sembra di aver immerso invece che un amo l'intera canna da pesca.
Vedo il suo viso riaccendersi in un'espressione diversa.
«Perché? Stavi già male?» si affretta a replicare con un misto di preoccupazione e curiosità.
«Ah, no... un po' di nausea, ma non è nulla»
«Sicuro? Puoi dirlo se sono stato io, non mi offendo» mi incalza quasi parlandomi sopra e mi prendo un attimo per prendere un lieve respiro e prepararmi come posso a rispondere con calma alla sua raffica prima che possa farlo Tsukishima, che non ci avrebbe impiegato la stessa pazienza.
Ma veniamo salvati entrambi.
«Ryu, lascialo stare» lo placa Daichi, assistendo con gli altri alla conversazione.
Gli posa una mano sulla spalla e poi mi guarda. «e tu, quando stai male non sforzarti così o è peggio, hai visto?»
Il suo tono, nonostante le parole usate, non è affatto di rimprovero ma premuroso.
Eppure abbasso comunque lo sguardo tra le guance rosse, avvampando per tutta quell'attenzione e i postumi di poco prima.
"Di solito non mi viene così forte", vorrei rispondere, ma di nuovo so di non poterlo fare. Volerlo, forse.
«Certo, tranquillo, sto bene» ripeto guardandolo appena.

Una volta ribadita ripetutamente e anche ad altre persone la mia risposta, con crescente sforzo per convincere tutti, riusciamo finalmente a lasciare lo spogliatoio.
Per quella che è probabilmente la prima occasione, sono io a precedere Tsukki, troppo impaziente di respirare in solitudine.
Penso di non essere mai uscito così velocemente.
«Tutto-»
Sento Kei iniziare una frase alle mie spalle mentre mi raggiunge, ma veniamo interrotti dall'allenatore.
Sono contento che non termini l'ennesima domanda, ma quel sollievo crolla appena viene posta da Ukai.
«Va meglio, Yamaguchi?»
È così gentile e mi impegno ancora di più per apparire tranquillo e scaldato dalla sua preoccupazione, come sinceramente mi sento, al di sotto di dolore e stanchezza.
«Sto bene, grazie»
È andata, è quasi fatta.
Almeno ho creduto.
«A proposito, Tadashi... forse non è il momento adatto, ma ci mancano ancora i tuoi documenti»
Non esiste momento adatto per questo, vorrei dirgli.
Ma respiro e affronto finalmente ciò che ho evitato dall'inizio, anche se per i miei gusti ho affrontato fin troppo in un paio d'ore. Respiro e compio l'ultima fatica, è quasi fatta.
«Le chiedo scusa, porterò tutto la prossima volta»

Come potevo sperare che se ne sarebbero dimenticati?
Sapevo non l'avrebbero fatto, l'ho sempre saputo.
Volevo solo rimandare il più possibile il dolore della confessione... che anche se l'idea mi sfiora non sarà oggi: ho già fin troppo dolore addosso.

«the Weight on my Chest»Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora