Capitolo 12

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Saran cerca di dormire, ma la sua mente è agitata da mille domande a cui non riesce dare risposta.

Il dormitorio della caserma è avvolto dalla tenebra e non fosse per il russare dei suoi commilitoni, sarebbe completamente silenzioso. Non è il ronfare dei suoi colleghi a disturbare la ragazza, vi è abituata e solitamente non appena la testa tocca il cuscino il sonno la coglie, ma quella notte l'angoscia le impedisce di chiudere occhio.

Barclain è svanito senza condividere nulla con nessuno e l'unico che potrebbe saperne qualcosa al riguardo si è suicidato. Tutta quella vicenda la inquieta profondamente ed il suo istinto le suggerisce che c'è qualcosa che non è affatto come appare.

Lei stessa vorrebbe darsi da fare, indagare e capire che diavolo è successo al capitano, ma ha le mani legate. Per ora, può solo sperare che Ussard sappia il fatto suo e sia in grado di ottenere qualche risposta.

Un tramestio in corridoio attrae la sua attenzione, la porta del dormitorio si apre e due ricognitori in armatura completa entrano svelti, lasciando che una lanterna illumini i loro passi.

Puntano alla branda di Saran, che fa finta di dormire, ma è pronta a scattare e dare l'allarme, se necessario. Visto quel che è successo, la paranoia che la anima è più che giustificata, secondo lei.

«Bel-Vomar, alzati.» Le ordina il soldato, senza preoccuparsi che la sua voce possa svegliare gli altri.

Lei spalanca gli occhi, balza in piedi e si mette sull'attenti.

Le tre parole che il ricognitore pronuncia subito dopo incendiano l'animo già tormentato della ragazza. «Sei stata chiamata. È tempo per la tua prova.»

Rimane per un'istante imbambolata, ma non appena la consapevolezza di cosa stesse per accedere la travolge, balza sull'attenti, afferra la giacca accanto alla testata del letto, lo zaino sempre pronto accanto al baule e per poco si scorda le scarpe. Ha già fatto un paio di passi prima di notare i piedi scalzi e rapida infila gli scarponi, li allaccia con gesti forsennati e si precipita fuori.

***

Saran marcia verso il Tempio della Memoria, dove incontrerà il suo Confessore. Come tutte le altre volte precedenti, le verranno rimosse tutte le memorie che potrebbero condurre i Goltachi alla città: colori, coordinate, mappe, nomi di luoghi... Molto sarà rimosso dalla sua mente e quando avrà finito resteranno solo i ricordi di impressioni, istanti e avvenimenti a cui mancheranno dei pezzi. Le riotterrà una volta tornata a casa, ma nonostante sappia che sarà un vuoto temporaneo, la sensazione che le lascia è sempre negativa.

Avvolto nel suo mantello bluastro, la maschera argentata che gli copre il viso e la tenuta elegante adornata da arabeschi scuri, il Confessore attende presso la sedia dove avverrà la rimozione.

La saletta in cui è attesa Saran è illuminata appena da un unico candelabro, che getta la sua luce spettrale su drappi color porpora che coprono le pareti, nascondono le finestre e rendono impossibile capire dove mai sia quel luogo. Quando la ragazza aprirà gli occhi, infatti, non ricorderà affatto il percorso che avrà fatto per arrivare fino a lì e spaesata, dovrà accedere ad uno dei camminamenti sotterranei che poi raggiungono i porti.

Un'unica ampolla è collocata su un piedistallo accanto alla sedia imbottita, il ricettacolo dove saranno riversate le sue memorie, in modo che al ritorno la ragazza possa riottenerle.

I due soldati che sono venuti a svegliarla sono stati allontanati dai Confessori che l'hanno accolta nel tempio, senza nemmeno salutarla o augurarle buona fortuna. Non che si aspettasse chissà quale dimostrazione di affetto...
Una cosa però le è sembrato alquanto strana. La reazione dei due quando dinnanzi alle porte del tempio furono fatti passare per una degli accessi secondari l'aveva messa a disagio. Infatti, non protestarono affatto, anzi sembravano aspettarsi quell'ordine da parte del cultista.

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