Capitolo 17

1 1 0
                                    


Bark ha perso del tutto la capacità di percepire il reale. Quando dorme, il tocco mefitico di Krovakal plasma i suoi sogni, tentandolo con l'obbedienza, mostrandogli il valore dell'essere mansueto e disciplinato. Soltanto in quella dimensione onirica gli è concesso mangiare, anche se a terra come fosse un cane, vestirsi e lavarsi, persino parlare con altri schiavi e giacere con altre donne.

Il risveglio è traumatico, lascia dietro di sé il sapore dell'indignità e di un pasto caldo, di amore subdolo e di riposo tranquillo.

Nostalgia di momenti più facili assalgono il capitano, il ricordo di quando la lotta era più facile e meno stancante, una danza a fil di spada e fucile che lo riempiva di angoscia e adrenalina. Eppure, in quei momenti, era libero di lottare per la sua vita o per la sua morte.

Il mondo da sveglio è il riflesso del suo incubo. Quando è vigile, i suoi torturatori lo costringono alle umiliazioni più raccapriccianti e dolorose, facendogli sperare che la fatica lo colga e possa tornare nel morbido mondo illusorio intessuto da Krovakal.
Bark maledice quel pensiero e la parte di lui che trova conforto nella finzione, ma fa sempre più fatica a tenere a bada la disperazione.

Ormai da giorni, il ritmo della vita di Bark è scandito dai tentativi dei suoi addestratori di piegarlo. Il disgraziato prigioniero confonde la veglia col sonno, perché persino quando dorme la tortura prosegue e Krovakal appare per tormentarlo.

Benché la volontà sia forte, il suo corpo è devastato. Senza nutrimento, la carne fatica a riprendersi dalle scottature, dai tagli, dalle ragadi e dalle mille ferite che lo affliggono, alcune di queste stanno persino marcendo. Per Bark quell'agonia gli da speranza: la sua occasione per fuggire lo sta consumando lentamente e se non potrà lasciare quel luogo fisicamente almeno lo farà spiritualmente.

Soltanto apparentemente l'orgoglio dell'umano non da cenni di resa. Fino a quel momento il capitano non ha mai concesso nemmeno la più piccola vittoria: non li chiama padroni, non abbassa lo sguardo quando entrano, non supplica per il cibo o l'acqua, non prega loro di smettere quando gli infliggono dolore. Il costo della resistenza però si fa salato ogni giorno che passa.

Krovakal ha costretto Bark ad affrontare un paradosso apparentemente inestricabile: se obbedisce ai comandi dei suoi torturatori sarà la sua fine, mentre se resiste il Re-Patriarca otterrà ciò che vuole...

In ogni caso, il capitano perderà e l'unica cosa che potrà fare sarà scegliere tra i due mali minori.

Quella frattura nella stoica resistenza dell'umano è l'occasione che Krovakal aspettava e sa che quello è il momento di tendergli una mano per accompagnarlo verso la rovina.

Bark non sa che ora è quando una luce calda e abbagliante dirada le tenebre ed il gelo della cella. Di solito, i bagliori che portano i Goltachi sono gelidi come il ghiaccio stesso.

Ecco che Krovakal entra nella piccola stanzetta, portando un braciere dalla fiamma guizzante ed una scodella fumante.

«Cucciolo mio.» Lo saluta dolcemente.

Bark pianta lo sguardo sul fuoco, indeciso se sfidare lo sguardo del mostro oppure non dargli la soddisfazione di considerarlo.

«Sempre indeciso su come ribellarti.» Prosegue il Goltachi, posando il pasto ed il braciere davanti all'umano in catene. «Mi hai reso orgoglioso, Bark. Non hai mai ceduto agli addestratori, non hai mai disobbedito al mio ordine. Non ti sei mai ribellato a me.»

L'umano tenta di ignorare quelle parole, ma una parte di lui realizza che non ha via di scampo alcuna da quella trappola mentale. Qualsiasi cosa faccia Bark, Krovakal avrà sempre un vantaggio schiacciante.

«Te l'ho detto, non è vero?» Il Goltachi allunga la mano e afferra il collo dell'umano. «Non hai mai avuto il controllo di nulla.» Dal palmo squamoso un calore taumaturgico viene irrorato copioso e ben presto, le ferite marcescenti di Bark guariscono, le ossa si ripristinano, le scottature e bruciature svaniscono. «Obbedirmi è la tua natura. È il tuo destino. È la tua unica via per sfuggire alla prigione che è stata la tua intera esistenza. Queste catene...» La mano abbandona la gola dell'uomo e salgono ad afferrare i polsi bloccati. «Possono svanire per tua scelta.»

È l'istinto di Bark a spingerlo a parlare, la fame a farlo cedere. Dopo giorni di sbobba fredda, i morsi allo stomaco hanno eroso la sua volontà e lucidità, tanto che non si rende conto di quanto la sua domanda lo renda vulnerabile.

«Come?» Biascica l'umano con difficoltà.

Il Goltachi cela appena il sorriso trionfante.

«Come è possibile che una fottuta lucertola sopporti questo freddo?» Prosegue Bark, lasciandosi scappare una risata gorgogliante che sconvolge il suo corpo con fitte di dolore quasi insopportabili. L'umano accoglie quel dolore a braccia aperte e lancia uno sguardo di sfida al suo carceriere.

Krovakal sente l'ira crescere, ma allo stesso tempo è emozionato da quella sfida magnifica che gli si presenta con tanta arroganza.

«Meraviglioso folle.» Sussurra soltanto posando poi una mano sulla sua testa. La magia scorre nelle vene del Goltachi, fuoriesce dal suo palmo e cola sul corpo martoriato di Bark, ricucendo le ferite e aggiustando le ossa rotte. «Non smettere di lottare. Questo tuo odio... è stupendo. Ti tiene in vita, da energia alla tua battaglia... Io sono un padrone riconoscente. È tempo che tu riceva la tua ricompensa...»

Pochi istanti dopo, il capitano è di nuovo costretto al buio e al silenzio, ma la sua risata di scherno rimbomba contro la roccia così come nella testa del Re-Patriarca.

***

Laikion non si aspettava il ritorno di suo fratello tanto presto.

Appare furioso e allo stesso tempo estasiato, uno stato d'animo che in molti hanno imparato a riconoscere e temere, sapendo a cosa conduce di solito.

Con rapide falcate, si dirige verso l'alcova dove Laikion è seduto, una nicchia graziosa incorniciata da un motivo lezioso che fa sembrare chiunque vi sieda all'interno parte di un ritratto.

Il Goltachi segue i movimenti di suo fratello maggiore con trepidazione e paura, sperando in cuor suo che decida infine di tornare a punire il suo nuovo acquisto. Si stringe ancora di più all'interno di quella nicchia, vi scivola al suo interno nella speranza che lo inghiotta e lo faccia sparire da qualche parte, non importa dove.

Purtroppo, la marcia del Re-Patriarca è implacabile e pochi istanti dopo, la sua presenza schiacciante incombe su Laikion che deglutisce a fatica e accenna uno sguardo innocente verso l'alto.

La mano di Krovakal scatta al collo di suo fratello minore e lo costringe ad uscire dall'alcova, trascinandolo al centro della stanza, dove lo attende un giaciglio incastonato nel pavimento.

Laikion getta uno sguardo attorno a sé, in una stanza tonda affollata da altrettante nicchie, alcune vuote e altre occupate da figure in parte celate dalle tenebre.

Ti prego fa che non abbia anche fame... Supplica mentalmente il Goltachi più giovane, mentre si abbandona alla tracotanza di suo fratello. Resistergli in qualsiasi modo lo farebbe soltanto infuriare ancora di più e il tempo delle ribellioni è ormai passato.

Laikion viene sollevato e lanciato sul materasso tondo e candido al centro della sala, dove rimane per qualche istante immobile come morto, in attesa dell'assalto che pensa ci sarebbe stato da lì a poco. È sorpreso quando sente i passi pesanti del fratello farsi più distanti e quando si volta, vede il Re-Patriarca accompagnare due addestratori verso di lui.

«Il vostro premio.» Krovakal presenta con un gesto plateale suo fratello minore ai due Goltachi che non nascondono i loro sorrisi trionfanti e i loro sguardi lussuriosi.

Non vi è alcuna resistenza quando il duo lo afferra, lo morde, lo bacia e lo tocca ovunque. Più volte Laikion non si era concesso a loro, negandogli il piacere della sua compagnia e ora si godono la loro rivincita.

Ma mentre il trio si consuma in una danza libidinosa, il Re-Patriarca è all'opera. Afferrato uno schiavo, lo sgozza frettolosamente e lo usa per tracciare un pentagramma intorno al talamo, trascinando la vittima gorgogliante. Terminato il suo disegno, Krovakal inizia ad intessere il suo incanto, accompagnato dai gemiti e dai lamenti dei Goltachi al centro della sala e dai singulti e gorgoglii della vittima morente.

Terra Nera, Terra RossaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora