Capitolo 13

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Darek ci mise qualche giorno a riprendere le sue mansioni.

Presso il palazzo, l'atmosfera non si era affatto alleggerita, ma non ci furono altri assalti ed ogni servitore ora stava ben lontano dal giovane Goltachi, tranne Simeon ovviamente.

Il capo degli schiavi è una presenza inevitabile e benché ci provasse, il Goltachi non può che affrontarlo ogni mattina quando gli da gli ordini o tutte le volte in cui appare dal nulla per redarguirlo.
Stranamente, l'umano ha cambiato drasticamente atteggiamento nei suoi confronti: ora lo tratta freddamente e sbrigativamente, sgridandolo solo se commette errori notevoli, così come non gli lancia più alcuna stoccatina né lo segue costantemente durante il giorno, preferendo lasciarlo alle sue mansioni.

D'altra parte, Darek è sollevato di non averlo accanto. È convinto che il pestaggio sia stata opera sua, un sistema ingegnoso per metterlo in riga senza causare direttamente l'ira del padrone e allo stesso tempo non rischiare che il sacrificio di alcune pedine. In fondo ha senso: la disobbedienza del rettile, il suo orgoglio tracotante e la sua stizza mai celata gli avevano causato l'antipatia dell'umano e tanta arroganza non poteva restare impunita.

Nonostante sia tornato alle sue normali mansioni, il Goltachi non trova un minimo di pace. Ogni qualvolta è da solo, si guarda intorno in preda alla paura, temendo un altro assalto. È certo di sentire su di sé uno sguardo carico d'odio e ostilità, come se da un momento all'altro quella presenza potesse farsi carne e colpirlo.

L'angoscia lo assale quando deve affrontare il bagno ed è sempre tentato di aspettare le ore notturne così da evitare qualsiasi forma d'incontro. Purtroppo, le regole della casa prevedono che tutti gli schiavi siano nelle loro celle allo scoccare dell'ottava ora dopo mezzo dì e la paura di finire tra le grinfie di qualche guardia solerte non fa che gettarlo ancora di più nel panico. Solitamente, quindi, aspetta l'ultimo istante prima di fiondarsi nei bagni, lavarsi rapido e con l'acqua gelida, per poi filarsela con la coda tra le gambe di nuovo nella sua cella.

Non ricorda tutti i dettagli del pestaggio, benché alcuni più di altri lo torturino ad ogni ora. Gli sovviene che ad un certo punto tentarono non solo di pestarlo, ma di andare oltre... Gli basta chiudere gli occhi per sentire le loro voci, le minacce e le promesse di dolore.
Qualcosa, nella sua memoria, galleggia sotto il velo della coscienza e per quanto cerchi di ignorarlo, quel fatto scava dentro di lui come fosse fame.
Qualcuno avrebbe voluto violentarlo, ne è certo, ricordava persino che glielo avevano detto senza mezzi termini, ma non riesce davvero a ricordare se si erano spinti tanto oltre. Lui, non osa tuffare le mani nel torbido della sua mente e far emergere la risposta depositata nei suoi ricordi. L'idea soltanto gli dà il voltastomaco, così come sente ancora quelle mani, le stesse che lo toccarono dove nessun'altro aveva mai osato, nemmeno al mercato degli schiavi.

Non vorrai davvero scoparti un fottuto mostro? Questo disse uno degli assalitori per deridere l'altro. La risposta non gli sovviene.

E così, riposare diventa parte di quella lotta. Benché sfinito, lasciarsi andare all'oblio del sonno è una prospettiva che lo terrorizza. Resta per ore a fissare la porta della stanzetta che gli è stata assegnata, fremendo ad ogni minimo suono, elaborando nella sua testa piani per difendersi da eventuali attacchi, immaginandosi ogni possibile scenario. Persino fantasticare non lo salva sempre, alcune volte pianifica persino il fallimento e predice metodi per tollerarlo e subirlo al meglio.
Quando si sveglia di soprassalto al suono della campana dell'alba, per nulla riposato, balza in piedi ed in preda alle vertigini si lancia fuori dalla stanza, a prescindere dall'ora, sperando di evitare di incontrare chiunque anche alla mensa degli schiavi.

Per i primi tre giorni dopo essersi ripreso non osò chiudere occhio, presentandosi mezzo addormentato, tormentato dalle vertigini e affaticato, ricevendo sgridate a cui non riusciva a dare peso.

Terra Nera, Terra RossaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora