Circa tre minuti più tardi sto piangendo in mezzo alla Centosedicesima strada.
«Mi dispiace», mormoro ad Yoongi mentre lui spazza via la neve dalle scale d'ingresso di un palazzo e mi fa segno di sedermi. Si lascia cadere accanto a me e mi stringe la mano. È da quando eravamo sul balcone che non me la lascia neanche un momento.
«Va tutto bene, davvero», sussurra.
Senza pensarci gli appoggio la testa sulla spalla, e il conforto che mi dà questo gesto basta a rilassarmi quel tanto sufficiente da smettere di piangergli sul giubbotto. Errore si contorce fra le mie braccia uggiolando e arrampicandosi disperatamente sul mio petto, perché secondo lei, a quanto pare, ho un gran bisogno di essere leccata in faccia.
In realtà così mi sento un po' meglio davvero.
«È preoccupata per te». Nella voce di Yoongi avverto la presenza di un sorriso. Lo percepisco muoversi leggermente, la sua testa si volta verso la mia, il suo naso mi sfiora i capelli.
Il suo braccio si irrigidisce contro il mio e lui si ridà un tono. Allontana la testa e sussurra: «E lo sono anch'io».
Le mie guance si arrossano, ma penso che dipenda solo dal pianto. Alzo una mano per asciugarmi il naso con il dorso, ma poi mi blocco. Mi sento davvero così a mio agio con un ragazzo che ho incontrato meno di sei ore fa?
«Che c'è?», chiede Yoongi.
Scelgo di rispondergli sinceramente.
«Mi sto solo rendendo conto di quanto sia stata imbecille».
Racconto tutta la storia: io e Jimin alla fontana del Lincoln Center, una sera limpida e non troppo fredda, la nostra corsa mano nella mano fra i turisti, io che gli confessavo i miei sentimenti... che lo amavo.
Sento la testa di Yoongi che si muove in senso affermativo accanto alla mia.
«Ma lui non te l'ha detto».
<<Pensavo di sì... pensavo che, dato che io l'amavo, lui dovesse ricambiarmi per forza. Capisci?». Al diavolo. Mi passo una mano sulla faccia. Tiro su con il naso rumorosamente, in maniera grossolana. Piango un altro po'. «Ma evidentemente avevi ragione all'aeroporto... Forse non capisco niente di amore. Forse non ho mai c-c-c...».
Mi zittisco, perché altrimenti scoppierei in singhiozzi. Digrigno i denti, emetto quel tipo di sospiro flebile, sommesso di quando si soffoca un gemito. Se non fosse stato per Yoongi , che mi lascia la mano e stringe un braccio attorno alle mie spalle in una morsa serrata, penso che mi lascerei andare sul serio e inizierei a piangere con tutti i crismi, le spalle scosse dai singhiozzi eccetera eccetera. Sono quasi fiera di me per essermi limitata a qualche lacrimuccia e a tirare su con il naso: un modo dignitoso di piangere. Errore sprofonda fra le mie braccia e io mi aggrappo a lei come per trarne conforto.
Probabilmente questo è il più bizzarro abbraccio di gruppo mai visto nell'Upper West Side."
Yoongi– che il cielo lo benedica – mi lascia un lungo minuto di tempo per ricompormi. Quando mi sono calmata dice: «Ascolta, qualunque cosa sia... qualsiasi cosa tu stia cercando di... non so, tenerti dentro... non farlo. Hai diciassette anni. Se c'è un motivo per piangere, puoi farlo tranquillamente».
Vorrei non l'avesse mai detto: la sua concessione mi fa aprire i rubinetti un po' di più, e mi copro la faccia con la mano libera mentre lacrime e muco mi scorrono rapidi lungo il polso. Yoongi mi stringe a sé, più forte. Ho ancora il cuore a pezzi, ma allo stesso tempo su di me scende una calma così rilassante che riesco ad ammettere una cosa.
«A quanto pare non avrei dovuto scrivere in anticipo la mia storia newyorkese».
«In che senso?», domanda lui con la bocca fra i miei capelli.
Sniff. Sniff. Sigh. «Cioè, sono venuta qui con una storia già scritta nella testa. Sarei stata alla grande perché avrei potuto essere me stessa... o una me che non posso essere a casa. E così facendo avrei...», ho la sensazione di poter soffocare sul serio mentre pronuncio le parole successive, «attirato qualcuno. Per tutta la durata della scuola non ci sono mai riuscita, però mi ero convinta che il problema non fossi io, ma il fatto di non essere nel posto giusto. Mi sarebbe bastato semplicemente trovarne uno adatto a me, e allora qualcuno mi avrebbe capita sul serio. Ora mi sento un'idiota, perché se non fossi stata tutta presa da quello che immaginavo sarebbe successo, forse avrei fatto più attenzione a quello che stava succedendo. Ma credo di essere fatta così... Non ho mai vissuto alla giornata, mai agito d'impulso».
<<Ed è per questo che oggi vuoi essere impulsiva?».
Mi metto a ridere sperando che lui non si accorga degli sputi che gli sono schizzati sul giubbotto.
«È abbastanza sciocco, no? Riesco a essere impulsiva solo quando non c'è praticamente nessuna conseguenza».
Le sue dita si stringono attorno alla mia spalla due volte, rapidamente; un gesto incoraggiante, di conforto.
«Non sottovalutarti. La decisione impulsiva di non andare in albergo ti ha portata a vagare per Manhattan di sera inoltrata, e stando seduta immobile così a lungo stai rischiando l'ipotermia. Direi che questa è una conseguenza notevole».
«Immagino di sì...».
Sprofondiamo nel silenzio per qualche secondo, poi Yoongi mi chiede: «Davvero senti di non essere nel posto giusto a casa tua?»
«Non lo so», confesso. «Inizio a pensare che non è tanto il fatto di non sentirmi a mio agio a casa, ma più che altro...». Mi stringo nelle spalle per fargli capire che, me ne rendo conto, quello che sto per dire potrebbe sembrare sciocco, e anche egoista in maniera infantile. «Credo che una parte di me voglia qualcosa di più».
«Non devi sentirti in colpa per questo».
Mi stacco da lui in modo da poterlo guardare in faccia. Lui continua a tenermi la mano sulla spalla.
«Allora, cosa facciamo adesso?», domando. «Passiamo allo step successivo?»
«Sai, stavo pensando che potremmo prenderci una pausa dal libro. In effetti...». Si allontana un pochino continuando a circondarmi le spalle con il braccio. Mi squadra dalla testa ai piedi. «Non penso che abbiamo bisogno di una pausa, ma di tornare all'inizio. Cioè, sei fantastica con questi vestiti, ma...».
Distoglie lo sguardo e si mordicchia il labbro inferiore. Vederlo così impacciato, dopo che solo poco fa ha intimidito il mio ex ragazzo fino a farlo diventare un nervoso imbecille dalla voce stridula, è un po' sconcertante. Mi chino in avanti e mi maledico perché sto ancora tirando su con il naso.
«Cosa?».
Lui curva le labbra in un sorriso triste. Scuote la testa, come se non credesse a ciò che sta per dire.
«Stavo solo per dire che, in realtà, mi piaceva di più il tuo look originale. Ora che ti conosco un po' meglio mi sembra più... da te, ecco».
Abbasso lo sguardo sui miei vestiti e annuisco.
«Già. Suppongo di non aver reso giustizia a questo look da ragazza tosta. Okay... resettiamo tutto, allora».
Faccio scorrere lo sguardo sulla Centosedicesima strada. Sono le nove passate della vigilia di Natale. Sono tutti chiusi, vero? Dove possiamo andare a cambiarci?»
«In un bar, probabilmente. Sono praticamente gli unici negozi aperti».
Alzo le sopracciglia con aria di disapprovazione.
«Io sono minorenne, persino in Inghilterra. E anche tu».
Ritira il braccio per frugarsi nella tasca interna del giubbotto. Ne estrae una patente e me la mostra. Sopra c'è una sua fotografia recente, ma secondo il documento è vecchia di almeno due anni e Yoongi ha ventitré, quasi ventiquattro anni.
Sono molto colpita.
«Sembra di gran lunga più convincente di quelle che ho visto al Sacred Heart».
«Conosco un tizio», è la sua unica spiegazione.
«Be', per te funzionerà alla grande, ma io ho solo il passaporto, e lì sopra c'è la mia vera data di nascita».
«Il posto che ho in mente non chiede i documenti alle belle ragazze». Si rimette in tasca la patente, il suo braccio non torna a stringermi. Ne percepisco l'assenza attorno alle mie spalle più di quanto dovrei.
«Possiamo andare in un bar», ribatto, «ma non credo che l'alcol sia la soluzione migliore per me, adesso. Non dopo...». Lascio cadere la frase perché, accidenti, non voglio rovinare lo step numero sei più di quanto abbia fatto già.
«Certo». Si alza in piedi scuotendosi di dosso un po' di neve. «Voglio solo mettermi al caldo. Possiamo bere una cosa, ricomporci e poi rimetterci in cammino». Mi porge la mano.
Sposto Errore da un braccio all'altro in modo da non afferrare Yoongi con la mano che ho usato per pulirmi il naso.
«Dove andiamo?»
«Nel mio postaccio preferito».6. Non nominate il vostro ex per ventiquattro ore.✅
(Più o meno).
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Kiss me in New York |M.Yg [Traduzione Italiana]
FanfictionE la vigilia di Natale all'aeroporto di New York. Minhee è una studentessa inglese, in attesa del suo volo verso casa. Ha passato il peggior semestre della sua vita e non vede l'ora di lasciare a terra il malumore. Yoongi è un newyorkese DOC e sta...