Minhee e io ci scambiamo una smorfia. Ho la sensazione che entrambi sappiamo cosa sta passando. Poi le chiedo cosa vuole fare adesso. Una volta usciti da qui vuole tornare all'aeroporto?
Lei mi lancia uno sguardo corrucciato da sopra il suo drink.
«E gli step? Ne abbiamo superati solo...». Alza lo sguardo al soffitto per ricapitolarli. Cerco di non fissare quelle fossette e mi chiedo perché mai attirano tanto la mia attenzione. «Cinque. Siamo solo a metà».
«Be', pensavo che avessi chiuso con il libro. L'ultimo step ci si è praticamente ritorto contro».
Per poco non mi spruzza il mojito addosso.
«Tu dici?». Posa il cocktail e cerca un tovagliolo con lo sguardo. Non lo trova. Si stringe nelle spalle e si asciuga la bocca con il dorso della mano. "
Una cosa che Maya non farebbe mai... o almeno non in mia presenza. «Prima della festa mi stavo quasi divertendo a seguirli passo passo, però. Tra l'altro ho ancora un sacco di tempo da ammazzare prima della partenza. Preferisco trascorrerlo visitando la città per quanto possibile piuttosto che deprimermi all'aeroporto, pensando a un certo couglione».
Scoppio a ridere.
«Ti prego, non smettere di dire parolacce! Con il tuo accento non riesco quasi a capirle, ma le adoro».
Lei si china in avanti con un sorriso.
<<Couglione, mevda, cazzoune, segaiuolo, minchioune, teshta di cazzou, strounzo».
«Okay, stai emettendo dei suoni senza senso».
«No. Ma comunque, 'fanculo le parolacce, andiamo. Che c'è?».
Si riferisce al motivo per cui la guardo con un gran sorriso stampato in faccia, ma mi limito a scuotere la testa ed evito di dirle quanto mi colpisca il fatto che lei, una ragazza messa impietosamente al tappeto due settimane fa – e poi praticamente calpestata nel corso dell'ultima ora – si stia risollevando. È una combattente. Mi piace.
Sobbalziamo entrambi al rumore di un pugno che sbatte sul bancone e fa tintinnare i bicchieri.
Il barista – un tipo alto e superpalestrato con le spalle larghe e un'evidente predilezione per la solita maglietta nera e anonima da barman che offre a tutti un'idea approssimativa di quanti chili riesca a sollevare – si avvicina al tipo che piange. Ormai il suo whiskey deve essere composto da muco al trenta per cento.
«Andiamo, Doug», dice il barista. «Lo so che stai male, ma così dai fastidio agli altri clienti».
Guardo Minhee per suggerirle di andare via, ma lei ha preso Dieci semplici step e lo sta sfogliando.
«Fai sul serio?Un attimo solo», risponde lei continuando a scorrere le pagine. Poi: «Ah! Sapevo di averlo letto... mi ricordava una cosa che mi ha detto mamma prima...». Gira il libro nella mia direzione per mostrarmi lo step che abbiamo saltato: "Aiutate qualcuno che sta peggio di voi".
Sposto lo sguardo da Minhee al disperato Doug, che sta fissando il suo whiskey come se sperasse di ritrovare qualcosa che ci ha fatto cadere dentro.
«Non lo so», mormoro. «Forse è troppo ubriaco per ascoltare qualcuno».
«Tentar non nuoce», bisbiglia lei rimettendo il libro nel borsone.
Poi mi spinge dall'altro capo del bancone verso il tizio in lacrime – perché devo andare io per primo? – e quando gli sono a un palmo di naso e vedo la sua faccia gonfia e i denti che stringe fra un respiro affannoso e l'altro, so che sto per rivolgergli una domanda inutile. Di sicuro la sua risposta sarà "No", ma non c'è un altro modo per attaccare bottone.
«Tutto bene?».
Doug tira su con il naso e mi guarda. Si pulisce di nuovo la faccia con la mano.
«Sì, sì». Si risiede sullo sgabello e solleva il bicchiere contemplando il whiskey. «Sto solo cercando di affogare i miei dispiaceri senza riuscirci». Si scola il drink e rimette giù il bicchiere con delicatezza, evidentemente per garantirsi la disponibilità del barista a versargliene un altro.Evito di guardare Minhee per paura che anche lei stia per mettersi a ridere. Ci vuole un certo non so che per parlare di se stessi in terza persona senza essere ridicoli.
Il barista versa a Doug un altro whiskey.
«Ormai è una settimana che cerchi di affogare i tuoi dispiaceri, Doug».
«Sette anni, Craig», ribatte Doug prendendo il bicchiere appena riempito e rimettendolo subito giù. «Sette anni che il Doug ha regalato a quella donna. Il venti per cento della sua vita. Il venti per cento del suo tempo su questa terra è stato dedicato a lei, e quella lo lascia per "trovare se stessa"? Che cazzo significa?».
Scocco a Minhee un'occhiata del tipo guarda in che situazione ci hai cacciati, ma lei non mi sta guardando. Prende posto sullo sgabello accanto a Doug, che riattacca con la sua invettiva: «Te lo dico io, quella svampita troverà se stessa ma si dimenticherà di darle la sua e-mail. Capite cosa voglio dire?». Sospira. «Il Doug non dice sul serio. Si sta solo sfogando un po'».
«Ehi», dice Minhee posandogli una mano sulla spalla, «riuscirai a dimenticarla».
Praticamente è una versione di "Andrà tutto bene" con un po' più di sostanza, ma non è niente male. Ma Doug è poco convinto. Sposta lo sguardo da me a Minhee.
<<Cosa ne sapete voi due? Sembrate una coppia perfetta, scommetto che non avete mai litigato in vita vostra».
«Veramente siamo...».
Con la mia voce sovrasto quella di Minhee, non so perché.
«Oh, noi litighiamo eccome, Doug, credimi. Ma sai una cosa? Quando ci siamo incontrati eravamo stati scaricati entrambi nel peggior modo possibile». Alle spalle di Doug, io e Minhee abbiamo una breve discussione a suon di sguardi.
Lei: Cosa ti è saltato in testa?
Io: Assecondami e basta.
Lei: Vuoi mentite a Doug?
Io: Fidati, in questo momento il Doug non potrebbe chiedere di meglio.
Lei: Se lo dici tu...
Cerco di concludere.
«Non riuscivo a credere che l'avrei superata. Pensavo che fosse tutto finito, e poi... boom! Una bella ragazza inglese getta un libro per terra ed eccoci qui». Evito di proposito lo sguardo di Minhee. Forse avrei dovuto inventarlo, il nostro primo incontro da commedia romantica. «Non sai mai quello che può succedere».
«È vero». Minhee gli dà una pacca sulla spalla. «Non sai mai cosa ti aspetta dietro l'angolo».
Gli occhi di Doug si illuminano di speranza... solo per un secondo, poi lui scuote la testa.
<<Il Doug trova un vicolo cieco dietro qualsiasi angolo. Una marea di vicoli ciechi».
Adesso sono io a battergli la mano sulla spalla.
«E allora cerca una porta. C'è sempre una via d'uscita. C'è sempre una nuova strada. Ma non la troverai se resti immobile, capisci?».
Guardo di nuovo Minhee da sopra la spalla di Doug. Mi aspetto che i suoi occhi mi dicano che sto blaterando un mucchio di sciocchezze, invece mi fa un breve cenno con la testa. È d'accordo con me.
Stasera per la prima volta penso che entrambi staremo meglio... prima o poi. Il Doug fa roteare il bicchiere mentre riflette sulle mie parole, poi lo mette giù senza bere neanche un sorso.
«Il Doug deve pisciare».
Si alza, si avvia lentamente verso il bagno. Minhee mi guarda con una smorfia.
«Detesto quel termine».
«Ha parlato la ragazza che ama le parolacce».
Lei sorride mentre scivola giù dallo sgabello.
«Non ho detto che amo le parolacce. Mi piace... Errore!».
Proprio mentre mi domando come faccia quella a essere una parolaccia in inglese britannico, Minhee si fionda verso gli sgabelli su cui eravamo seduti prima e si accovaccia per impedire al "nostro" cane di sgusciare fuori dal borsone.
<<Torna dentro», bisbiglia. «Finiremo nei pasticci». Ma Errore non ne vuole sapere; Minhee si guarda intorno nel bar vuoto e pare concludere che tanto vale lasciarla libera. Che importa se ci buttano fuori? Avevamo comunque intenzione di andarcene a breve. Prende Errore in braccio e la porta da me.
«Pensi che lo stiamo aiutando?», chiede Minhee, mentre Errore cerca di recuperare il tempo perduto a non leccarci la faccia. Al barista superpalestrato sembra non importare proprio nulla. Tuttavia il tizio pare molto concentrato sul suo cellulare e mi dà quasi l'impressione che si stia auto-chiamando su FaceTime.
«Non lo so», rispondo. «È piuttosto sbronzo, quindi non so quanto stia recependo di quello che gli abbiamo detto. Forse se l'avessimo incontrato due o tre whiskey fa...».
«È stato buffo fargli credere che stiamo insieme». Mi sta fissando immobile, e non capisco se è arrabbiata oppure offesa o chissà che altro. È decisamente incuriosita, forse anche un po' confusa.
«L'ho fatto solo per il Doug», ribatto, sperando che l'imbarazzo non mi faccia arrossire. Evito di chiedermi se dal tono della sua voce debba evincere che mi consideri assurdo come fidanzato. Cioè, se quello che ho detto a Doug non era soltanto fuori luogo ma anche poco credibile. «Sei una scrittrice, sai come funziona... aggiungere un altro elemento a una storia già grandiosa, darle un significato ancora maggiore. Una cosa è sapere che stiamo superando le nostre storie finite male, ma se lui pensasse che è andata ancora meglio di così...».
«Sta tornando».
Doug cammina a passo così spedito che quasi scivola per terra. Sembra animato da una nuova energia, e mi viene voglia di lanciare a Minhee un'occhiata del tipo "Te l'avevo detto io" perché la mia bugia ha funzionato alla grande. Oppure...
«Lo sai, il Doug ha ripensato a quello che hai detto e pensa che sì, hai ragione, bello, deve provare ad andare avanti». Parla come una mitraglia mentre si fruga in tasca per prendere il cellulare. «Il Doug deve rimettersi in gioco, e guarda cosa gli hanno mandato!». Gira il cellulare e ci mostra l'e-mail che ha ricevuto, una locandina sgargiante con una valanga di coppie dei cartoni animati che si sbaciucchiano, e sopra la scritta: "BACIATEVI SOTTO IL VISCHIO – Questo Natale trovate l'anima gemella!". La sagra del bacio con gli sconosciuti? No, grazie. «A Doug mandano quest'e-mail da settimane, ma fino a stasera non ci aveva fatto caso davvero. E pensare che stava quasi per segnalarla come spam». Poi ci guarda e formula la domanda che non sapevo neppure di temere: «Vogliamo andarci?».
Fortunatamente, Minhee ha la risposta pronta.
<<Ma è una serata per persone single, Doug». Per ribadire il concetto mi prende la mano. Per un secondo cerchiamo di intrecciare le nostre dita come si deve, ma senza riuscirci. L'indice e il medio di Minhee finiscono rannicchiati contro il mio pollice.
A quanto pare Doug non se ne accorge o se ne infischia.
«Dai, per favore. Non credo di avere il coraggio di andare da solo. Sono un pochino timido...».
Caspita, sta parlando in prima persona... ora sì che è sincero. Però non voglio andare a una serata per single. Sto per dirgli che le donne amano i tipi timidi, ma Minhee mi precede dicendo che ci andremo sicuramente.
A quanto pare, "non vediamo l'ora di andarci".
«Oh, è fantastico, ragazzi, è fantastico. Vi sono debitore».
Torna al bancone per dedicarsi all'ultimo whiskey, mentre io mi volto verso Minhee e le faccio segno di spostarci dove stavamo prima. La mia voce è appena un mormorio.
«Sei sicura di volerlo fare?».
Lei accenna al libro che spunta fuori dal borsone.
«Dai un'occhiata allo step numero sette».
Mi accovaccio per recuperare il libro, scorro le pagine fino al settimo capitolo e scopro che stiamo per alzare l'asticella: "Frequentate un'altra persona".
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Kiss me in New York |M.Yg [Traduzione Italiana]
FanfictionE la vigilia di Natale all'aeroporto di New York. Minhee è una studentessa inglese, in attesa del suo volo verso casa. Ha passato il peggior semestre della sua vita e non vede l'ora di lasciare a terra il malumore. Yoongi è un newyorkese DOC e sta...