La Brutta Stagione

Oltre l'orizzonte

Come un miscredente

al fato bugiardo

volgo lo sguardo

verso occidente,

ove con occhi sognanti

un tempo planavo sui monti.

Confine della pianura,

macchie viola su teli bianchi:

le Alpi son massicce mura

di una vasta prigione.

Languono gli alberi stanchi

nella brutta stagione

e i deserti campi.

Al di là di quel ponte

attende la libertà,

oltre l'orizzonte,

la sospirata felicità:

promessa tradita,

progetti brillanti

e sogni infranti

scivolati tra le dita.

Ciò che resta di me

si trova a camminare

lungo un viale

dopo un amaro caffè

in un vuoto locale.

In fondo non è

poi così male

la mia miseria:

per esprimere il reale,

isomorfa all'energia

e alla materia,

di spazio e lancetta

quantitativa filosofia

che mi entusiasma,

l'algebra mi aspetta

in compagnia

di qualche fantasma

tra le mura di casa mia.

Ma durante il tragitto

nella mia antica dimora,

ora vuota, mi imbatto:

nostalgico mi specchio

trovandomi più vecchio.

Dal lunedì al venerdì

il gioco e le attività,

ma "prima di tutto la scuola!".

Poi nel fine settimana lo sci

fin da bambino:

con il cuore in gola

e respirando aghi di pino,

aria in faccia tagliente

come aquila che vola

giù per il nevoso monte.

Rimane poco o niente

di tutto questo:

immagini in memoria,

frammenti di una storia

finita troppo presto.

Un film in bianco e nero

sembra il mondo ora,

mentre rimembro allora

pareva più vero del vero.

Più nitido il colore,

acute e fresche le fragranze,

tutto possedeva un altro sapore:

il pianeta ha mutato sembianze,

ma più di tutto l'osservatore.

Non più scoperta e meraviglia

ad illuminare gli occhi,

ma tetri rintocchi

in un cimitero di sbagli.

Scorre inesorabile il tempo;

il Re, il Monviso,

la più alta cima contemplo.

Sul mio viso

un'altra ruga,

mancata fuga

dal perpetuo inverno

che sento dentro:

nessun tepore al rientro.

Sul malconcio quaderno

che la notte insonne culla,

un'ultima rima:

nulla

sarà mai più come prima.