• Minaccia

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Simone


Addento un croissant caldo appena fatto in casa dalla nonna, mentre mi preparo mentalmente per la giornata che mi aspetterà. Probabilmente non vedrò più il volto sorridente di nonna Virginia mentre prepara il caffè la mattina canticchiando gioiosamente, non sentirò il rumoroso sbadigliare di mio padre mentre si trascina goffamente in cucina posando un bacio delicato sulla guancia di sua madre e arruffando i miei capelli già elettrici da sé.
Probabilmente, l'unica cosa che da ora in poi sarò costretto a osservare sarà il muro ingiallito e crepato di una cella, le sbarre alla porta e un materasso appoggiato su una rete cigolante, che rimarrà la mia dimora per chissà quanto tempo.
Ma la cosa che più di tutte ferisce il mio cuore è l'idea di non poter più ammirare l'espressione concentrata di Manuel mentre cerca di impegnarsi a svolgere un esercizio di matematica, o quando si appassiona mentre sistema qualche motore, o semplicemente quando lo sorprendo mentre mi osserva. Quel suo sguardo profondo è la cosa che mi mancherà più di tutto.

Quel suo sguardo è un oasi nel mio deserto.

«Papà devo dirti una cosa» esordisco con il cuore in gola, sperando di non deluderlo troppo, ma è proprio quello che farò.
Lui alza gli occhi dal suo caffè per posarli su di me, incrociando le gambe sotto al tavolo.

«Simone stai bene? Hai una cera bianca»
«Ecco...io...»
«Non farmi spaventare per favore. Hai bisogno di un dottore? Sono giorni che ti vedo fuori forma»
«Papà...»
Perché non riesco a parlare? Perché le parole non vogliono uscire? Entrambi mi fissano allarmati, scambiandosi sguardi apprensivi. E io...proprio non ce la faccio. Non posso arrecargli altro dolore, altri dispiaceri.
Prendo, così, la decisione che mi sembra più sensata in questo momento. Tenerli fuori dai miei guai, io mi ci sono infilato e io ne devo uscire, da vittorioso o perdente non importa, purché non coinvolga nessun altro.

«Più tardi vorrei andare dal medico. Ti dispiace se non vado a scuola per oggi?» mento spudoratamente. Forse sono un vigliacco, un misero codardo, ma non voglio più assistere alla sofferenza di nessuno. Specialmente se per causa mia.
Il suo sguardo accigliato si distende, ora più rilassato.

«Certo, certo, non preoccuparti. La salute prima di tutto»
Ho perso l'occasione di essere sincero e raccontare tutto alla mia famiglia, ho perso l'occasione di spiegare loro le motivazioni delle mie azioni. Ho perso il coraggio di dimostrarmi un uomo.
La verità è che sono ancora un ragazzino, pieno di paure e insicurezze, ma che farebbe di tutto per le persone che ama.

Non appena la casa si svuota e ognuno comincia la propria giornata produttiva, mi preparo anch'io per uscire e recarmi in centrale per autodenunciarmi. Ma prima di lasciare la mia camera afferro il sacchetto di plastica, con le poche pasticche rimaste, appoggiato sul comodino, e me lo infilo nella giacca di pelle. Mando un messaggio a Eduardo chiedendogli di incontrarci dietro scuola, per non farci vedere dai nostri compagni, e mi avvio verso l'edificio.
Devo liberarmi delle cose tossiche nella mia vita prima di finire in carcere. A partire dalla droga, per finire a Eduardo, che è stato l'errore più grande che potessi mai commettere. Per colpa sua ho quasi perso Manuel, e ho trasformato la purezza della mia anima in oscurità.
Non mi perdonerò mai di averlo reso possibile.

Giunto a destinazione, lo trovo ad attendermi con lo zaino in spalla e l'espressione da sbruffone stampata in faccia.
«Ciao Simone»
«Eduardo» ricambio il saluto con un cenno del capo, facendo intendere che non sono qui per chiacchierare amichevolmente con lui.
«Perché hai voluto incontrarmi?»
Frugo nella tasca riconsegnando l'ecstasy al legittimo proprietario.
«Per ridarti queste»
Edo esamina il pacchetto, e se lo infila nello zaino, senza dire nulla riguardo al fatto che ne manchino diverse all'interno.
«É tutto?»
«No. Ci tenevo a informarti che sto andando alla polizia a consegnarmi»
Lui scuote la testa mantenendola bassa e calcia un sassolino con la scarpa.
«Avevamo detto di aspettare mi pare»
«Edo il proprietario del negozio è vivo. In coma, ma vivo. Cosa dovrei aspettare? Che si svegli e racconti tutto? Tu fai come vuoi, io andrò»
Mi volto di spalle deciso ad andarmene, ma qualcosa premuta con forza alla base della mia spina dorsale mi fa desistere dall'intento. È la canna della sua pistola, che a quanto pare ancora porta con sé come qualcosa di prezioso da cui non separarsi mai.
«Forse non ci siamo capiti. Tu non andrai da nessuna parte»
«Mi stai minacciando? Avanti, premi il grilletto. Meglio morto che con questo maledetto peso sulla coscienza»
Ciò che deriva dalla mia dichiarazione è una sua risata, completamente inaspettata, che mi lascia piuttosto interdetto.
Si allontana da me, giocherellando con la pistola e facendola ruotare in tondo.
«Ma io non voglio ucciderti sciocco. Voglio solo avvertirti. Se andrai dalla polizia mi costringerai a prendermela con chi hai più a cuore, capisci?»
«Sei un bastardo! E io che mi ero pure illuso di piacerti. Chi cazzo sei davvero?!» ringhio a denti stretti, avvicinandomi minaccioso a lui.
«Simone, Simone...mi deludi. Sul serio non ti sei chiesto come mai io avessi questa pistola? Mio padre è uno dei pezzi grossi della mafia argentina, sai? Certo, se scoprisse che gli ho "preso in prestito" una delle sue armi sarei nei guai, ma dopotutto, il gioco vale la candela, no?»
«Per tutto questo tempo mi hai solo preso in giro e io ci sono cascato con tutte le scarpe. Come ho fatto a essere così cieco?»
Edo sorride portandosi la canna della pistola alle labbra.
Sono stato proprio un idiota. Aveva ragione Manuel ad avvertirmi di stare attento, di non fidarmi. Ma io ho voluto fare di testa mia e non ascoltarlo.

«Perché sei troppo buono. Tu mi piacevi davvero, ma avevo bisogno di fare quella rapina, e se non avessi ottenuto la tua fiducia non ci sarei mai riuscito. Quindi ti ringrazio»

La rabbia mi sale fin sopra al cervello, annebbiandomi la vista, accelerando il mio battito cardiaco e provocandomi un prurore fastidioso alle mani.
Porto il mio viso così vicino al suo tanto da sfiorare le fronti.
«Viscido verme» sussurro rabbioso contro le sue labbra, che di istinto si incurvano in un ghigno di supponenza.

«Al posto tuo non sarei così indisponente nei miei confronti. Qualcuno potrebbe farsi male, ma chi potrei scegliere? Il paparino professore o la nonnina indifesa?»
Afferro la sua felpa stringendo la stoffa nel mio pugno, talmente forte quasi da strangolarlo, e continuo a fissarlo negli occhi come a volerlo incenerire.
«Non devi neanche nominarli»
«Allora dovrai fare quello che ti dico» mi ordina, senza abbassare un attimo la guardia nonostante gli stia ostacolando il respiro con la mia stretta ferrea.
Lo lascio andare avvertendo il suo respiro regolarizzarsi dopo un paio di colpi di tosse.

«Cosa vuoi da me?»
«Non andrai a costituirti»
«Perché hai così paura di finire dentro? Tuo padre non è un boss della mafia o qualcosa del genere? Non ci metterebbe nulla a tirarti fuori da là»
«Tu non capisci. Lui darebbe la sua vita per i suoi principi di onore e rettitudine, e scoprire ciò che ho fatto li disonorerebbe tutti e probabilmente mi ucciderebbe anche se sono suo figlio»
Non riesco ad avere pena per uno come lui, anche se immagino che avere una famiglia del genere abbia influito sul suo carattere e sulle decisioni che ha preso nella vita.

«Comunque entraremo a scuola insieme e faremo finta di niente. Un passo falso e te ne pentirai» bisbiglia mentre ci avviciniamo all'entrata dell'istituto.
«Non otterrai niente così. Finirai ancora più nella merda»
«Già ci sono dentro. Non mi fa più paura»

Incrocio Manuel in corridoio e mi rivolge uno sguardo perplesso che restituisco con altrettanta riluttanza.
Come spiegargli tutto questo?

La lezione procede tranquilla, ma la tensione tra me Manuel ed Eduardo si può avvertire da lontano. Sento come se non avessi alcuna via d'uscita in questa assurda situazione, la vita delle persone a cui voglio più bene è in mano a un mafioso psicopatico e io non so che fare per rimediare a tutto questo male.

«Se po' sape che stai a combinà? Avevi detto che saresti andato in centrale e invece te ritrovo qua con sto 'nfame! E il tuo "senso di colpa", il tuo "peso sulla coscienza" erano solo parole vuote? Che ce fai co lui dopo tutto quello che è successo?» mi rimprovera Manuel durante la pausa per la ricreazione, a dir poco furioso.

«Ascolta Manuel, non è come pensi. Lasciami spiegare»
«Qualche problema?» Eduardo si intromette, e non mi permette di terminare il discorso.
Manuel gli rivolge lo sguardo più minaccioso che io abbia mai visto sul suo volto.
«Sì. Il mio problema sei tu»
«Simone, tieni a bada il tuo cagnolino» mi avverte l'argentino, ma non si rende conto che provocando così sfacciatamente Manuel, finirà per far scoppiare una rissa.
Il suo sguardo infuocato e la smorfia di ribrezzo sulle sue labbra non fanno presagire nulla di buono. Con una mano stringo la sua cercando un modo per calmarlo e trattenerlo dal cedere alle provocazioni di Eduardo. Sembra aver intuito le mie intenzioni perché mi stringe la mano a sua volta.

«Non vale la pena perde tempo per uno come te»
«Bravo, torna a strisciare nella tua cuccia»
Ciò che ne segue è un pugno in pieno volto, seguito da altri altrettanto forti all'altezza dello stomaco. Mentre Eduardo è a terra, Manuel è sopra di lui che lo stordisce di pugni.
È tutto talmente rapido da non accorgermi nemmeno che le nostre mani non sono più legate, ma le sue si riempiono di sangue e le mie cedono indolenti lungo i fianchi.
Matteo, Aureliano e altri della classe intervengono per dividerli, e io rimango come paralizzato a osservare una scena a cui non avrei mai voluto assistere.
Manuel si allontana da lui dopo essere richiamato urgentemente in presidenza e, senza degnarmi di uno sguardo, si allontana dalla classe.
Nel mentre, Eduardo viene aiutato a rimettersi in piedi pulendosi malamente dal sangue che fuoriesce dal naso e dalle labbra.

«Ho scoperto il tuo punto debole. Adesso so con chi prendermela» mi sussurra all'orecchio e brividi di terrore puro mi percuotono la spina dorsale.

Volevo che nessuno soffrisse a causa mia e, invece, adesso è in pericolo la vita della persona che amo di più.

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