• Felicità

1K 59 11
                                    

Simone


È una settimana che Manuel non mi rivolge parola. Capisco che sia arrabbiato per essere sparito nel nulla per un giorno intero, ma tenermi il muso per una settimana intera mi sembra davvero eccessivo.
Dopotutto non ero solo, c'era Edo con me, e sono tornato a casa sano e salvo.
Come se non bastasse anche mio padre ci si è messo con la solita predica su quanto io sia incosciente, irresponsabile, bla bla bla..
Eppure, nonostante tutto, io sono davvero felice. Sto bene con Edo, mi fa sentire speciale, amato. Quando sono con lui dimentico ogni cosa brutta e riscopro cosa significa sorridere.

All'uscita da scuola ci baciamo fregandocene degli sguardi curiosi, inteneriti o infastiditi degli altri.
Ci teniamo stretti incuranti delle malelingue.
Io sono pronto a mostrare a tutti ciò che sono, non ho paura di essere deriso e schernito. Questa è la mia natura, e ormai nasconderla è davvero inutile.

«Ci vediamo stasera?» domanda Edo, dopo essersi staccato a fatica dai miei baci.
«Certo. Hai qualche programma?»
«Forse. Vestiti bene, ti porto in un posto carino»
«Ti aspetto a casa allora»
Ci scambiamo l'ultimo bacio a stampo prima di salutarci ma, voltandomi, mi ritrovo lo sguardo infuocato di Manuel che un attimo dopo subito distoglie dal mio.
Mi avvicino a lui visto che i nostri motorini sono parcheggiati uno accanto all'altro.
«Hai deciso di tenermi il muso per sempre?» domando dopo un attimo di esitazione, non so come dovrei comportarmi con lui. Non capisco nemmeno per quale motivo serba tanto rancore nei miei confronti.
Mantiene gli occhi ben lontani da un possibile contatto con i miei che invece li cercano per provare a leggerci dentro. Ma forse lui non vuole che veda ciò che questi nascondono.

«Può darsi. Che te frega?»
«Mi frega Manuel, smettila di comportarti come un bambino. Non so nemmeno perché tu ce l'abbia tanto con me»
«Da quando stai con quello lì sei cambiato. E non te ne rendi nemmeno conto»
«Sono semplicemente felice. Non puoi esserlo per me?»
Mi rivolge uno sguardo severo e una smorfia contrariata, quasi come se la cosa lo disturbasse particolarmente. Ma che problemi ha?
«Non capisco come fai a stare con lui. Non lo vedi quanto è strano?»
«Veramente qui l'unico strano sei tu» rispondo piccato, pronto a mettere in moto il motore per andarmene il più lontano possibile da lui.
«Aspé, dove vai? Stiamo parlando» mi trattiene per un braccio facendo pressione più del dovuto, come se non avesse intenzione di lasciarmi andare, ma io prontamente me ne libero con uno strattone.

«Che cazzo vuoi, Manuel? Ho capito che non riesci a essere felice per me, e mi sta bene. Ma non cercare di rovinare la mia, di felicità. Lo hai già fatto abbastanza» vomito parole sgradevoli senza nemmeno rendermene conto e, incurante, accelero con il motorino per fuggire via da lì e dai suoi maledetti occhi che mi osservano dispiaciuti e feriti.

Perché mi comporto così? Non avrei dovuto dirgli quelle cose.
Sfreccio ad alta velocità per le strade, con il vento che sferza il mio viso e calma il mio battito cardiaco impazzito.
Lo sguardo mi cade inevitabilmente sul braccio che Manuel ha stretto intorno alle sue dita, ed è come se sentissi ancora quella pressione, quel misero tocco che è bastato per mandarmi in tilt il cuore e il cervello. Non mi abituerò mai alle sue mani che mi sfiorano la pelle, avranno sempre un effetto elettrizzante su di me.
Credevo di riuscire a superarlo, di poter andare avanti senza lui al mio fianco, ma quell'idiota riesce sempre a mandare all'aria i miei piani quando mi fissa in "quel" modo tutto suo, scorrendo lo sguardo dalle mie labbra al resto del corpo, quando mi sorride, quando mi scompiglia i capelli con la mano.
È per questi suoi gesti che non riesco a farne a meno, che non posso vivere senza lui.
Perché non mi lascia in pace? Perché continua a tormentarmi se io gli faccio tanto schifo, se non esisto nemmeno?
Io voglio essere felice, e insieme a Edo lo sono, anche se lui non è Manuel.

Giungo al vialetto di casa, parcheggio Paperella e saluto mio padre seduto in cucina mentre corregge delle verifiche.

«Che c'è da mangiare?»
«La nonna ha fatto il gateau di patate che ti piace tanto»
«Quello con prosciutto e mozzarella?» domando entusiasta e affamato.
«Filante!» precisa papà e sento già l'acquolina in bocca e lo stomaco borbottare.
«Fantastico...ho una fame!»
Mi metto a rovistare all'interno del frigo alla ricerca del piatto delizioso preparato dalla nonna per poi scaldarlo nel fornetto a microonde.

EclissiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora