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"Mi auguro che questo sia uno scherzo..." - sussurrai senza fiato mentre mio padre continuava a sventolare davanti ai miei occhi la mia condanna a morte.

"Non posso crederci Mimì! Sei l'unica in tutto il paese ad aver ricevuto una simile opportunità! Ti rendi conto della tua enorme fortuna?!" - esclamò mia madre quasi piangendo dalla felicità.

Entrambi i mie genitori sembrarono essersi persi nel Paradiso terrestre: avevano gli occhi animati da una luce che non avevo mai visto prima di allora, il viso adornato da enormi sorrisi e il corpo in preda ad una danza ondeggiante che se non fosse per la tragicità della situazione, troverei sicuramente divertente.

Li osservai in silenzio, cercando di assimilare la notizia.

'Un matrimonio combinato con un nobile e ricco rampollo'

"No...Non può essere vero"

Ancora incredula, affondai le mie mani nei capelli cercando di mandare indietro le lacrime che lentamente si stavano facendo strada verso le mie guance.

Ovviamente fallii perché molteplici singhiozzi, sospiri profondi e lamenti lasciarono le mie labbra.

Non pensavo fosse possibile provare un dolore così grande, la frustrazione di non riuscire a decidere per me stessa, per il futuro che avrei voluto costruire.

"Come avete potuto farmi questo!" - urlai non riuscendo più a trattenere e controllare le mie emozioni.

Solo dopo realizzai ciò che avevo fatto: avevo alzato la voce ai miei genitori.

Mio padre, come risvegliato dal suo stato di trance, si alzò e con indignazione cercò di tirarmi uno schiaffo ma nonostante la rabbia, non mi sfiorò neanche con un dito.

"Non ho mai alzato le mani con voi perché siete la cosa più preziosa che possiedo, ma non esagerare Mimì, trattaci con rispetto. Non dimenticarti chi siamo." - disse con una calma gelida che mi fece quasi venire i brividi.

"Hai diciassette anni, non puoi continuare a stare in casa senza fare nulla e non mi rispondere con quella sciocchezza della scuola perché sono stufo! Questo matrimonio sarà la tua e la nostra salvezza, quando un giorno avrai figli capirai anche tu queste mie parole."

Continuò successivamente afferrandomi per le spalle, cercando di farmi cambiare idea.

'Quel giorno non arriverà mai' - pensai ma non ebbi il coraggio di dirlo ad alta voce.

Codarda.

*

"No zia, non credo di aver capito"

"Jimin pensavo di aver scandito sufficientemente bene le parole: tu. Ti. sposerai. Noto che oggi sei particolarmente stanco, ti sei nuovamente dilettato con quelle tue...'discutibili compagnie'?"

Il ragazzo rimase attonito, un po' perché non era ancora riuscito a smaltire la sbronza e un po' per l'assurda notizia che sua zia, la Contessa, gli aveva appena comunicato.

Dopo qualche altro secondo di silenzio, Jimin prese la lettera appoggiata sul tavolino di legno intarsiato e decorato con filamenti dorati.

'Milena D'Onorio'

"Zia, non mi sembra di ricordare nessun membro di questa famiglia. Non frequentano il circolo?"

La Contessa sembrò irrigidirsi ma nonostante ciò non si scompose e schiarendosi la voce, mi confessò:

"Mio caro, vedi, effettivamente no, non sono nemmeno di Milano..."

"Questo mi sembra chiaro, il loro cognome non mi ricorda proprio nessuno, il che mi preoccupa visto che ho conoscenze anche all'estero..." - rispose scettico e impaziente di ricevere una risposta.

Odiava aspettare, soprattuto quando si trattava di questioni importanti come il suo futuro.

"Zia, ho sempre lodato la tua capacità oratoria e la tua onestà, cosa c'è? Mi devo ricredere?"

Jimin stava per perdere la pazienza, inarcò un sopracciglio e iniziò a picchiettare nervosamente sula superficie del tavolino.

"No mio caro, pensavo che tu mi conoscessi abbastanza bene da sapere che tutto quello che faccio non è casuale..." - disse la contessa abbassando il tono della voce.

"Il motivo per il quale 'D'Onorio' non riporti nulla nella tua mente è perché sono il nulla, almeno fino al matrimonio" - continuò successivamente con quella che agli occhi del giovane sembrò essere una naturalezza insensata.

Il giovane uomo aggrottò le sopracciglia e portò la testa indietro ridendo sarcasticamente.

"Zia, spiegati meglio. Cosa significa che sono 'il nulla'?" - chiese nuovamente scandendo ogni singola parola.

"Semplicemente che non hanno origini nobili, vivono nelle lontane campagne romane."

Jimin non ci vide più.

Nonostante il suo ferreo autocontrollo, si alzò in piedi e stappò in mille pezzi la lettera che poco prima stringeva tra le mani.

"Non esiste, zia non sapevo amassi questo genere di scherzi"

Il giovane cercò in tutti i modi di convincersi che quello non era altro che uno scherzo di cattivo gusto organizzato dall'amata zia, ma la sua espressione severa sgretolò completamente le sue speranze.

"Park Jimin, mi sembra che questa non sia l'educazione che io stessa ti ho impartito ma cercherò di sorvolare perché capisco il tuo stato d'animo d'altronde neanche io sono d'accordo con questa indecente unione."

Il giovane si abbassò per arrivare alla stessa altezza della contessa, la quale stava elegantemente seduta sulla sua pregiata e preziosa poltrona color blu cobalto.

"Tu mi hai sempre detto che il sangue blu non si deve mai mischiare con l'acqua sporca, allora spiegami perché stai accettando tutto questo." - sussurrò a denti stretti il ragazzo a cui ormai non importavano più le buone maniere.

"Infatti non la accetto minimamente, ma allo stesso tempo non possiamo neanche rifiutare, ne va del nostro ono-"

"È a causa di nonno, vero? Non mi ha mai perdonato, non è così? È per questo che ha organizzato questo teatrino, sbaglio?"

La contessa fece finta di nulla e Jimin capì: aveva colto nel segno.

Sorrise con amarezza e, dopo aver salutato la donna, si diresse con rapidità verso l'uscita della villa, aveva bisogno di respirare.

"Se n'è andato. No, non l'ha capito..."

ANGOLO AUTRICE

Ho tantissime idee che non vedo l'ora di sviluppare per poi condividerle con voi. <3
-A

60's  - PJMDove le storie prendono vita. Scoprilo ora