"Nipote adorato, quanto tempo è passato dall'ultima visita?"
Eravamo nella storica villa dei Park, seduti a tavola con tutti i parenti di Jimin, ad eccezione di suo nonno che fino a quel momento non aveva ancora fatto la sua comparsa.
Erano passate un paio di ore dalla provocazione subita in macchina, tuttavia la mia mente era completamente assorbita da quel ricordo così vivido e ardente: le sue dita che si muovevano esperte sulla mia intimità e il ghigno compiaciuto quando mi negò la più grande forma di piacere che io avessi potuto provare fino a quel momento.
Era terribilmente frustrata e vederlo chiacchierare con nonchalance, mentre io ero lì seduta con le gambe serrate, a calmare un mare impietoso di emozioni e voglie, mi faceva andare su tutte le furie.
Me la pagherà.
Sarebbe stato interessante provocarlo lì, in quel preciso momento, davanti a tutta la sua famiglia così da poterlo mettere in difficoltà.
Tuttavia una situazione del genere avrebbe solo creato imbarazzo e io non avevo il coraggio di mancare di rispetto a quelli che erano diventati anche membri della mia famiglia.
Oltretutto, non sapevo nulla della sfera sessuale, l'unica esperienza che potevo vantare di aver vissuto, è stata la notte di nozze.
Come sarei riuscita a sedurlo, a provocarlo se io stessa non ero a conoscenza di quel mondo e del mio stesso corpo..?
Sin da bambina ero stata educata a preservare un'estrema purezza, mentale e fisica. Dovevo mantenere illibato il mio corpo e la mia mente, tutto ciò che riguardava il rapporto di coppia, non mi venne mai spiegato da nessuno.
Io ero la donna di casa in cerca disperata di un marito, dovevo conservare la mia dote fino al momento opportuno e per questo non dovevo mai restare sola con gli uomini - queste erano le parole che mia madre mi rivolgeva ogni volta."Milena, ti disturbiamo per caso? O sei venuta fin qui solo per fissare la parete?"
Sobbalzai al sentire il rimprovero della Contessa e come risposta riuscii a sforzare un sorriso e a mormorare qualche giustificazione.
"Suvvia zia, perché tanta asprezza nei confronti di mia moglie...lo sai benissimo come sono i primi mesi di un matrimonio, no? È solo molto stanca, non riesce a dormire molto la notte" - disse Jimin facendosi scappare un mezzo sorriso e scatenando una serie di risatine provenire dagli uomini della tavolata, mentre le donne mi riservarono un'occhiata scandalizzata e disgustata.
Fulminai mio marito con lo sguardo e colpii la sua gamba con la mia ma la sua reazione non mi regalò alcuna soddisfazione: si lasciò scappare una risatina e cercò di placare la situazione dicendo che si trattava di uno scherzo.Per tutto il viaggio non aprii bocca e una volta tornati a casa, mi fiondai in camera sbattendo forte la porta.
Mi aveva messo in imbarazzo davanti a tutti, condividendo apertamente i nostri affari coniugali, esagerando come suo solito. E alla fine di tutto, colei che si è dovuta subire le reazioni peggiori ero stata io.
Mi buttai sul letto e soffocai sul cuscino un grido che riuscii a trattenere sin dal mattino.
Proprio in quel momento, udii Jimin bussare timidamente alla porta.
"Milena, che hai? Ti senti bene?"
Non può fare sul serio. Possibile che non se ne renda conto da solo?
All'inizio non risposi e ciò lo fece diventare ancora più insistente.
"Lasciami stare! È meglio se questa sera non vedo la tua faccia"
"Ma di cosa stai parlando? Sei impazzita per caso?" - notai come il suo tono fosse cambiato da preoccupato a infastidito e quella fu la goccia che fece traboccare il vaso.
Mi precipitai da lui con fare fulmineo e gli rivolsi uno sguardo glaciale.
"Qui il problema non sono io, sei tu! Era necessario quell'intervento a tavola? Era necessario mettermi a disagio davanti a tutta la tua famiglia, farmi diventare la vittima sacrificale? È questo che merito, Jimin? È questo ciò che dovrò sopportare da adesso in poi? Di essere continuamente giudicata per ogni singola parola sussurrata o per ogni minimo gesto fatto, anche quando questo si dimostra essere frutto dell'immaginazione di mio marito?"
Lui era immobile, ascoltava le mie parole con lo sguardo abbassato.
"Di' qualcosa almeno, sarebbe preferibile che ti scusassi almeno"
Lui alzò lentamente il viso e i suoi occhi cercarono disperatamente i miei.
"Perdonami, non avevo realizzato il mio errore prima di adesso, non avrei mai voluto metterti in una posizione scomoda. Volevo proteggerti dall'Aspromonte temperamento di mia zia e allo stesso tempo, desideravo stuzzicarti...però ho capito che quello non è né il modo e né il momento giusto per farlo. Ti chiedo perdono, Mimì, non era davvero mia intenzione. Provvederò a rimediare il più presto possibile; il tuo onore va rispettato esattamente quanto il mio."
Rimasi sorpresa dalla facilità con cui lui riuscì a comprendere gli errori commessi e ad ammetterli così apertamente, di solito mi ritrovavo a dover litigare per ore con mio padre e mio fratello per convincerli a darmi ragione, ma con Jimin non era così. Lui era diverso.
"Scuse accettate, però promettimi che non si verificherà mai più una situazione simile"
"Te lo prometto"
Sorridemmo entrambi.
E in quel momento qualcosa in me sbocciò: era una sensazione calda, avvolgente e incredibilmente confortante.
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60's - PJM
FanfictionSono gli anni Sessanta e al contrario dallo scenario abituale di quel tempo, Mimì non pensava minimamente al matrimonio, aveva ben altri progetti ma il destino non sembra essere dalla sua parte. Park Jimin era il rampollo di una delle famiglie più...