Simone non rivolge la parola a Manuel da sei giorni.
Manuel sta contando anche le ore, può giurare di avvertire un male fisico, non solo un'infinita tristezza accompagnata da un senso di vuoto.
Quando apre gli occhi, il sesto giorno di silenzio, percepisce una stretta allo stomaco, forse dovuta al fatto che la quantità di cibo che nel corso di questi giorni ha ingerito è estremamente ridotta, o forse dovuta alla quantità di ibuprofene che sta assumendo a causa del mal di testa che lo affligge.
Ha mal di testa perché piange troppo e troppo spesso, per i suoi standard.Piange perché è riuscito ad allontanare Simone. L'ha allontanato perché non ha saputo essere felice per lui, non è riuscito ad ignorare il rumore del suo cuore che si infrangeva in mille pezzi per gioire della sua felicità.
***
Sei giorni prima, Simone l'aveva chiamato, chiedendogli di correre da lui, e Manuel non aveva mai sentito un tono di voce più entusiasta di quello che l'amico aveva quel pomeriggio.
Giunto alla villa, davanti a sé aveva trovato un Simone con occhi brillanti, felice come forse non l'aveva mai visto, e istintivamente aveva sorriso per quella visione.
«Oh Simò, che succede?» aveva chiesto, senza smettere per un momento di sorridere. Era impossibile, di fronte a quegli occhi brillanti e a quelle fossette.
«Mi hanno scelto Manu, mi hanno preso!» aveva risposto Simone e gli si era fiondato addosso, catturandolo in un abbraccio dal quale Manuel non si sarebbe mai voluto allontanare.
In quel momento però, il sorriso sul suo volto scomparve, gli era praticamente crollato il mondo addosso.
L'aveva dimenticato, l'aveva rimosso, forse per proteggersi - perché si tende a dimenticare quello che fa star male.Aveva dimenticato che Simone aveva presentato la richiesta di iscrizione all'università più prestigiosa di Glasgow, nonostante fossero ancora al quarto anno.
Avrebbe studiato matematica a livello avanzato e avrebbe vissuto nella stessa città della madre, praticamente non avrebbe potuto chiedere di meglio, e se lui fosse stato realmente suo amico, sarebbe stato in grado di condividere la sua felicità, di sentirla propria.Il problema era che Manuel aveva smesso di essere amico di Simone circa dieci minuti dopo averlo recuperato, tutto insanguinato, dall'asfalto sotto casa sua.
Vederlo in quelle condizioni, temere di averlo perso per sempre era stato come premere il tasto play per far iniziare la proiezione di una pellicola che racchiudeva tutti i loro momenti migliori, e in quel film, che continuava a scorrergli davanti agli occhi ogni volta che tentava di chiuderli - come se le sue palpebre fossero improvvisamente divenute lo schermo di un cinema - lui riusciva a vedere solo amore.Ogni momento felice trascorso con Simone era più felice, ogni momento triste, meno triste.
È per questo che non era riuscito nemmeno a fingere di essere felice per lui.
Era rimasto impassibile tra quelle braccia, sull'orlo di un pianto disperato perché già immaginava che non l'avrebbe mai più sentito quell'abbraccio.In retrospettiva si era anche dato del melodrammatico, ma in quel momento non aveva saputo comportarsi diversamente.
«Manuel ma che c'è? Non sei felice per me?» gli aveva infatti chiesto Simone, allontanandosi, una volta resosi conto della sua rigidità.
E Manuel, che non era mai stato bravo con le parole quando si trattava di sentimenti, di certo non poteva imparare quel giorno, soprattutto vista la portata dell'amore da cui era stato travolto qualche mese prima, e con il quale stava ancora scendendo a patti.
Aveva fatto l'unica cosa che sempre gli riusciva: lo stronzo.
«Si sò contento Simò, ma non me pare niente de che no?» aveva detto.
Come se Simone non avesse perso il sonno solo a trovare il coraggio di inviare quella domanda, come se non fosse stato necessario avere una certa media scolastica e un certo livello di inglese certificato.
Come se per Simone fosse facile lasciarsi alle spalle casa, famiglia, Roma, Manuel.
![](https://img.wattpad.com/cover/308865559-288-k322679.jpg)