Una cosa che apprezzo del prof di mate è che, nonostante faccia schifo a spiegare, ci prova a far piacere la matematica a noi del classico a cui, almeno per la maggior parte, la matematica non interessa proprio per niente (il non interesse è il minimo), ed è anche un grande fan di Dante.
Dante non era mica scemo e, come probabilmente saprete ma dettagli, inseriva diverse cose matematiche nei suoi scritti (soprattutto nel Paradiso), tra cui un teorema che abbiamo guardato ieri col prof.
Praticamente quando prendi un semicerchio e disegni un triangolo che ha come vertici gli estremi del diametro e un punto qualsiasi del semicerchio, il triangolo che verrà furi sarà sicuramente rettangolo.
Ma, per introdurci questo problema (che il mio prof chiama teorema di Dante ma che in realtà ha un nome ben più lungo e noioso che ora non ricordo), ci ha letto come Dante ha messo in poesia questo teorema nel canto XIII del Paradiso:
"o se del mezzo cerchio far si puote
trïangol sì ch'un retto non avesse."
All'inizio aveva paura che questa cosa ci annoiasse, ma è sempre meglio di fare matematica in maniera più noiosa, almeno così la colleghiamo ad altre discipline!
Il prof ci ha anche raccontato che alla maturità scientifica (la sua?), una delle domande d'esame era, a partire dalle terzine di Dante, di enunciare e dimostrare questo teorema.
ha detto: "Immaginate se invece della versione alla maturità vi dessero delle terzine di Dante da analizzare"
Farei i salti di gioia e mi metterei a sclerare, perché analizzare le terzine non sarà una passeggiata, ma è sempre meglio della versione.
Ma questo non succederà e quindi dovrò fare la versione. Non so se due anni sono abbastanza per preparami psicologicamente.
E niente, detto questo vi saluto e vado a fare il lavoro sulla lettera VII di Platone cercando di riprendermi dal finale di Anfibia. Adios!